Disastro del Challenger? colpa degli ambientalisti

Disastro del Challenger? colpa degli ambientalistiAbstract: disastro del Challenger? colpa degli  ambientalisti che brigarono per mettere al bando  una sostanza che per gli ambientalisti danneggiava l’ozono ma che fino a quel momento la Nasa aveva utilizzato con successo per il rivestimento  che serviva a per irrorare l’esterno dei serbatoi di carburante. L’ambientalismo è divenuto una religione intoccabile sulla quale nessuna obiezione può essere sollevata, anche se causa disastri.

dal sito ragionpolitica

Uccisi dall’ambientalismo

L‘ambientalismo è divenuto una religione intoccabile sulla quale nessuna obiezione può essere sollevata. Eppure  l’ambientalismo applicato può essere disastroso

dWilliam L. Anderson

William Anderson è adjunct scholar presso il Ludwig von Mises Institute  e insegna economia alla Frostburg State University

(Traduzione di Carlo Stagnaro)

Come coloro che erano già cresciutelli il giorno in cui John F. Kennedy fu assassinato, la maggior parte della gente ricorda i più minuscoli dettagli di quel che stava facendo quando venne a sapere che lo space shuttle Challenger era esploso. A rendere ancor più grave la tragedia, milioni di studenti in tutto il paese guardarono alla cosa con stupore angosciato. Il programma “un insegnante nello spazio”, che secondo le speranze della Nasa sarebbe stato un colpaccio in termini di pubbliche relazioni, scomparve con la navetta: la professoressa Christa McCauliffe del New Hampshire era tra i sette astronauti che persero la vita quando lo shuttle si disintegrò molti chilometri al di sopra della crosta terrestre. La Nasa, in seguito, organizzò molti altri voli nello spazio, ma il programma dovette ancora una volta scontrarsi colla dura realtà quando il Columbia scomparve tra le fiamme appena pochi minuti dopo aver lasciato la Terra, uccidendo tutti i sette astronauti che si trovavano a bordo.

Scrivendo a proposito di questo disastro sul Free Market, avevo sottolineato i problemi e le deprimenti realtà dell’esplorazione socialista dello spazio. Quel che non avevo detto è qualcosa d’ancor più deprimente: le radici d’entrambi i disastri affondavano nelle politiche ambientali del governo. L’ambientalismo non ha solo ucciso 14 astronauti americani, ma li ha uccisi in modo pubblico e davvero terribile. Come recenti aggiornamenti hanno mostrato, il naufragio del Columbia è stato quasi sicuramente causato da un pezzo d’isolante espanso che, allentandosi, ha colpito alcune delle piastrelle protettive termorefrattarie, allontanandole l’una dall’altra e lasciando la navicella spaziale vulnerabile all’intenso calore a cui sarebbe stato esposta durante il rientro nell’atmosfera terrestre.

Questo è tutto ciò che la stampa mainstream e la Nasa hanno voluto riferire. Quel che non hanno detto è che il particolare rivestimento utilizzato in quell’occasione era un sostituto ambientale di una sostanza che fino ad allora aveva funzionato bene. Il rivestimento che prima veniva usato per irrorare l’esterno dei serbatoi di carburante conteneva però freon, un clorofluorocarburo (CFC) che l’Environmental Protection Agency (Epa) vietò a causa dello spauracchio del buco nell’ozono. Come rileva Steven Milloy, la Nasa avrebbe potuto chiedere una deroga. Il freon, dopo tutto, è un gas inerte e non tossico, e il suo legame col buco nell’ozono è tenue a dir tanto. Tuttavia, essendosi scottata con la Epa già una volta (come vedremo tra breve), la Nasa ha ceduto a quello che Milloy definisce “un rivestimento politicamente corretto”. “Il rivestimento politicamente corretto – egli scrive – era un problema immediato.

La prima missione con un rivestimento politicamente corretto ha prodotto danni 11 volte maggiori alle piastrelle termiche del Columbia, rispetto alle precedenti missioni con rivestimenti a base di freon”. (Milloy aggiuge che la Epa, in realtà, aveva già esentato la Nasa dalla riduzione dei CFC nel 2001, ma l’agenzia spaziale aveva insistito a usare la sua rivestimento “compatibile con l’ambiente”). Inoltre, il danno era ovvio – e piuttosto grave. Milloy scrive che seguendo la missione Columbia del 1997, “più di 100 piastrelle erano danneggiate in modo irreparabile, ben oltre la consueta cifra di 40“.

Vado ora a esaminare l’esplosione del Challenger, che si verificò la settimana dopo il Super Bowl nel gennaio 1986. Come sa chiunque abbia qualche familiarità con quella catastrofe, una serie di anelli di gomma (O-rings), che si supponeva avrebbero trattenuto i gas surriscaldati all’interno dei razzi che spingevano lo shuttle, fallì, il carburante fuoriuscì rapidamente e s’infiammò trasformandosi in una palla di fuoco poco dopo il decollo. Era una mattina stranamente fredda a Cape Canaveral, troppo fredda perché gli anelli lavorassero bene. Questo è ben noto.

Quello che la maggior parte della gente non sa è che il materiale impiegato per realizzare gli anelli era un sostituto d’un prodotto che la Epa aveva bandito poiché conteneva dell’asbesto. Gli anelli originari erano fatti di un particolare mastice ch’era stato utilizzato a lungo con risultati sicuri ed efficienti. Tuttavia, nella sua guerra contro l’uso d’asbesto ovunque e in ogni momento, la Epa proibì del tutto alla Nasa di usare quel prodotto, sebbene l’agenzia spaziale avesse chiesto una deroga. La Epa, e non è una sopresa, rifiutò quella richiesta, una decisione che alla fine avrebbe portato al disastro di 17 anni dopo. Il nuovo prodotto, e anche questa non è una sorpresa, fu un fallimento – e sappiamo com’è andata a finire.

In condizioni normali, questo sarebbe uno scandalo di proporzioni epiche. Un’agenzia governativa richiede l’uso di materiali a rischio che porta alla morte in diretta tv di 14 persone. Se un’azienda privata avesse operato in condizioni così poco sicure, la situazione avrebbe sollecitato un’inchiesta del New York Times. Invece, tutto quello che abbiamo sentito è stato il silenzio, interrotto di tanto in tanto con commenti del tipo “bisogna andare avanti” a proposito del futuro del programma degli space shuttle. Anche gli articoli di giornale sul disastro del rivestimento hanno ignorato la ragione per cui la Nasa ha usato un prodotto non sicuro; in realtà, i giornalisti mainstream non hanno neppure posto le domande pertinenti.

Molti autori, su queste pagine e altrove, hanno indicato gli alti costi e i bassi benefici delle leggi e dei regolamenti ambientali. L’ambientalismo è divenuto una religione intoccabile sulla quale nessuna obiezione può essere sollevata. Eppure, qui abbiamo un altro esempio di come l’ambientalismo applicato possa essere disastroso. Certo, stiamo parlando delle vite di “appena” 14 persone, confrontate alle centinaia di migliaia di morti di malaria a causa del bando del Ddt, che un tempo uccideva con efficacia le zanzare portatrici di quella malattia. Che ci riferiamo a 14 astronauti, o a 14.000 cittadini di una remota nazione africana, però, parliamo della stessa cosa: di gente uccisa dall’ambientalismo. Il verdetto è questo: non solo l’ambientalismo è pericoloso per la nostra salute; esso minaccia la nostra stessa vita.

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Il disastro dello shuttle Challenger non è la sola bufala dannosa per gli uomini e l’ambiente dell’ideologia ambientalista. Per approfondire: 

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