Viene dal cardinale Giuseppe Siri in una straordinaria intervista del 1970 dove preconizza la necessità per la Chiesa di guardare agli uomini della Chiesa dell’Est europeo…
di Antonio Socci
Le sue parole suonavano così: “Quanti venti di dottrina abbiamo conosciuto in questi ultimi decenni, quante correnti ideologiche, quante mode del pensiero… La piccola barca del pensiero di molti cristiani è stata non di rado agitata da queste onde – gettata da un estremo all’altro: dal marxismo al liberalismo, fino al libertinismo; dal collettivismo all’individualismo radicale; dall’ateismo ad un vago misticismo religioso; dall’agnosticismo al sincretismo e così via”.
Aggiungeva: “Avere una fede chiara, secondo il Credo della Chiesa, viene spesso etichettato come fondamentalismo. Mentre il relativismo, cioè il lasciarsi portare ‘qua e là da qualsiasi vento di dottrina’, appare come l’unico atteggiamento all’altezza dei tempi odierni. Si va costituendo una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie. Noi, invece, abbiamo un’altra misura: il Figlio di Dio, il vero uomo. É lui la misura del vero umanesimo. ‘Adulta’ non è una fede che segue le onde della moda e l’ultima novità; adulta e matura è una fede profondamente radicata nell’amicizia con Cristo”.
Da lui viene “il criterio per discernere tra vero e falso, tra inganno e verità”. L’espressione “dittatura del relativismo” ha un precedente clamoroso (chissà se Ratzinger lo conosceva e vi si è ispirato): fu coniata infatti dal cardinale Giuseppe Siri, arcivescovo di Genova, uno degli uomini più autorevoli della Chiesa da Pio XII a Giovanni Paolo II (nel 1975 fu l’autore di una memorabile “Nota per il clero” sul “progressismo” che fa letteralmente a pezzi il cattoprogressismo).
Siri – che è stato fra i papabili più quotati in ben quattro conclavi – nel 1970 dette una intervista a “Renovatio”, la rivista che aveva fondato, alla cui direzione aveva chiamato don Gianni Baget Bozzo (da lui stesso ordinato). Sarebbe interessante sapere se proprio don Gianni era l’intervistatore, certamente ha la paternità del titolo di quella straordinaria conversazione che fu “La dittatura dell’opinione” (nel testo del cardinale è chiamata anche dittatura del relativismo).
Va detto, en passant, che testi del genere, insieme ai libri del cardinale, meriterebbero di essere ripubblicati, per la forza profetica e la profondità che hanno (ma l’editoria sembra orientata solo su teologi e cardinali “progressisti”).
Alcune perle da quell’intervista. “Gli uomini si ritengono liberi: è questa loro opinione, di essere liberi perché è scritto nei testi giuridici, il massimo momento e manifestazione della loro servitù. In realtà molti vivono sotto una dittatura: la dittatura dell’opinione”.
Spiega ancora Siri: “La prima e fondamentale dottrina del potere di questo mondo è l’affermazione: non c’è verità… La differenza principale tra ‘civitas mundi’ e ‘civitas Dei’ non sta sul contenuto, ma sull’esistenza della verità. Se non c’è nulla di vero, allora l’unico principio che conta è l’utile”.
La diagnosi del prelato prosegue: “Il dramma è che tanti non capiscono nulla del loro tempo. L’uomo è oppresso dalle potenze di questo mondo, dai loro miti. La Chiesa non è con il mondo: la Chiesa è con l’uomo, essa è la voce della libertà che nasce dallo Spirito Santo. La Chiesa non può essere là dove regnano le forme ciniche o quelle eversive e nichiliste dei padroni di questo mondo e di questo tempo…”
Siri giudica “la cultura di massa asservita ad interessi ben precisi”, essa “rappresenta una selezione precisa di un’immagine d’uomo senza profondità perché senza spirito”. Uomo quindi “manipolabile da un efficace sistema di persuasori occulti”. Con la collaborazione di “quei teologi della cultura di massa che hanno lanciato lo slogan della morte di Dio con il medesimo tipo di diffusione di un prodotto commerciale”.
Esiste, anche in teologia, una tecnica per sostituire alla verità l’opinione? Siri la vede nell’ “attuale pubblicistica religiosa, letteraria, filosofica”. La “tecnica del relativismo” diventa molto efficace, spiega il prelato, specialmente “riducendo ogni questione dottrinale negli schemi di destra e di sinistra. Tutto si relativizza, tutto diviene questione di opinione e mezzo di potere”.
Più avanti aggiunge: “il relativismo è la condizione per la manipolazione dell’uomo”, per la “mitizzazione del suo comodo e della sua utilità: che è la via della sua servitù, della sua tristezza, della sua angoscia, della sua noia, della sua follia”. Ed è qui che insorge “il problema della salute mentale come un problema dell’uomo d’oggi” prodotto dal “disordine dello spirito” della cultura dominante. Che paradossalmente si presenta come “un’ideologia del benessere”.
Essa trasmette “un’immagine dell’uomo senza profondità e senza significato, dell’uomo senza spirito e senza Dio” ed “è diffusa oggi da una catena imponente di mezzi di diffusione del pensiero, che impongono con la forza del loro apparato la loro immagine del mondo come se fosse la realtà stessa… L’uomo viene così condotto alla disperazione, perché il piacere, colto giorno per giorno, svanisce giorno per giorno”.
In questa profetica intervista – datata 1970 – Siri considera già il problema ecologico in questa prospettiva spirituale: “Il potere delle tenebre conduce l’uomo alla morte… il deterioramento del pianeta, dell’aria, dell’acqua, conduce l’umanità al suicidio. Ma chi imporrà legge agli interessi, alla caccia del lucro?”.
Peraltro “la dittatura dell’opinione in cui viviamo si ripercuote anche nella vita ecclesiastica… Oggi, ogni teologo che passi per iconoclasta, liberatore, innovatore, è subito captato da un’editoria compiacente, che diffonde per tutti i canali dei mezzi di massa questo dissenso confortevole, questa iconoclastia per amor del comodo e del successo.
Il divismo di teologi, di scrittori, di figure della protesta: ecco un dolore, una sofferenza per la Chiesa di oggi: coloro che denigrano il passato della Chiesa per affermare che è proprio dal rinnegamento di esso che la Chiesa riemergerà più autentica”.
Siri riconosce che “la presente situazione della Chiesa è una delle più gravi della sua storia, perché questa volta non è la persecuzione esteriore a impugnarla, ma la perversione dall’interno. Più grave”. Parla perfino di “coloro che usano della loro funzione ecclesiastica per sovvertire la Chiesa”. Parla di abusi nella liturgia e dell’ideologia ecumenista. Afferma: “La cosa più urgente è restaurare nella Chiesa la distinzione tra verità ed errore”. Ma aggiunge: “ci sono tanti segni, che indicano che i demolitori della Chiesa hanno fatto il loro tempo”.
E qui ha un’intuizione che è “profetica”: bisogna guardare agli uomini della Chiesa dell’Est, quella provata dalla persecuzione comunista: “Noi siamo in un tempo di prova e nei tempi di prova è più facile vedere la tenebra che la luce. Ma la luce è presente: la potenza stessa della tenebra è un mezzo di purificazione… Noi sappiamo che il Signore conduce le cose in bene… La nostra umana debolezza, l’isolamento, il senso di sconfitta apparirà cambiato dalla potenza di Dio, in segno della gloria della sua città…”.
Ecco la “profezia” di Siri: “Ho sempre notato che in genere gli errori teologici derivano da inquinamenti marxisti. È una storia lunga. Ma finora non ho trovato sulla mia strada uomini cosi puri nella fede come quelli che hanno esperimentato nella vita quella teoria. Sono stati vaccinati”.
Otto anni dopo il Conclave chiamerà al papato proprio un uomo dall’Est, che addirittura abbatterà il moloch dei sistemi comunisti con la forza di una testimonianza inerme. Siri diceva nel 1970: “Nel momento in cui tutto umanamente sembra perduto, allora è il tempo dello Spirito Santo: che conduce al nulla i potenti di questo mondo e trova vie impensate per mostrare agli uomini la divinità della Chiesa, della sua opera di santificazione e di santità”.
Così è stato