La femminista Usa Erika Bachiochi: «Un mondo senza differenze fra i sessi scarica sulle donne tutta la responsabilità della vita. È questa la libertà che vogliamo?»
Benedetta Frigerio
Quello secondo cui «l’aborto tradisce le donne» non è di per sé un argomento nuovo. A meno che a sostenerlo non sia una femminista e per di più in un commento ospitato dalla Cnn. Erika Bachiochi è un avvocatessa americana che in passato ha sostenuto il “diritto di abortire” e che già sul Journal of Harvard Law & Public Policy aveva motivato il suo cambiamento di opinione illustrando la contraddizione del termine.
Nell’articolo per la Cnn l’avvocato torna sulle sue tesi perché rileva un altro contrasto, quello fra le nuove campagne politico-mediatiche in favore dell’aborto e i recenti sondaggi che mostrano come invece un numero crescente di donne negli Stati Uniti guardi ormai con favore alle istanze opposte, ossia ai tentativi in atto in molti stati di arginare una pratica ormai senza limiti in America.
TUTTI FATTI NOSTRI?
«Ma come è possibile?», si domanda Bachiochi, perché mai le donne vorrebbero «ridimensionare la licenza concessa loro 42 anni fa dalla Corte suprema?». «Quando ero una sostenitrice del diritto ad abortire», spiega la femminista atipica, «l’aborto mi sembrava fornire alle donne una risposta concreta alla responsabilità sproporzionata che il rapporto sessuale può metterci davanti». In verità, continua la donna, si inganna chi crede che l’aborto rappresenti un’arma contro la «disparità» per la quale «una donna rimane incinta e un uomo no». Perché cancellando la realtà della differenza sessuale non si fa che peggiorare le cose, «addossando tutta la responsabilità della cura – o del rifiuto – della vita del nascituro, un essere umano che si sta sviluppando, solo alla donna». Motivo per cui non si chiede più nulla «agli uomini, alla medicina e alla società in generale».
IL TRADIMENTO.
Ecco perché «l’aborto tradisce le donne» secondo l’avvocatessa. Perché «ci ha fatto credere che dovevamo diventare come gli uomini», ma la conseguenza è che «se siamo povere, sopraffatte o abbandonate dal padre del bambino, o se le spese mediche sono troppo alte per noi o per nostro figlio, la “responsabilità” sociale esige che ci sbarazziamo della nostra prole». La domanda è dunque obbligatoria: «È davvero questa l’uguaglianza a cui aspiravamo 42 anni fa?». Che dire poi di una cultura che, a parte «le nostre professioni», non rispetta «la capacità meravigliosa di aspettare una nuova vita umana»?
Bachiochi rileva anche il paradosso per cui, sebbene perfino l’America patria delle libertà si stia ravvedendo sull’aborto, viviamo ancora «in un’epoca in cui a parlare del miracolo delle differenze biologiche tra i sessi appare bizzarro» e si tenta addirittura di cancellare il concetto di mamma e papà, «come se ciò potesse essere un vantaggio per il progresso».
Insiste la femminista: ma se la società pretende di eliminare le differenze tra i sessi, saranno ancora «le donne a portarne il fardello». Perché è sempre la donna a rimanere incinta, mentre «gli uomini possono fare sesso e andarsene via, cosa che fanno sempre di più» e proprio «grazie al diritto che ha dato loro la Roe vs. Wade (la sentenza che legalizzò l’aborto in America, ndr)».
L‘unico modo per salvare la donna dall’isolamento, conclude Bachiochi, è «ammettere la verità sulla differenza sessuale – questa bella, meravigliosa verità – e plasmare la società in modo da mettere davanti la cura di chi cura i più vulnerabili. È ora di esigere di più, molto di più, dagli uomini».