Dal blog di p. Miguel Cavallé Puig, LC
12 gennaio 2015
L’attacco a Charlie Hebdo nel cuore dell’Europa avrà una eco molto simile a quella dell’abbattimento delle torri a New York nel cuore dell’America. La privilegiata attenzione dei mass media e dell’opinione pubblica su questo tema è evidente. Si sente dire di tutto, si diffondono anche delle inesattezze e si crea un bel po’ di confusione. Per questo vale la pena condividere la propria opinione e lasciare dieci riflessioni sulla vicenda:
1. L’Islam non equivale ad islamismo; ma tutti gli assassini della jihad sono musulmani, anzi si considerano i veri, autentici, i più fedeli seguaci di Maometto. Per loro, gli altri musulmani sono mediocri, traditori e complici dell’Occidente cristiano. L’islamismo è un’ideologia radicale che vuole imporre l’Islam degli inizi alle società contemporanee e che, portata all’estremo, si manifesta nel terrorismo jihadista di Al Qaeda o dell’attuale neo-califfato dello Stato Islamico in Siria e Iraq.
È jihadista chi uccide in nome di Allah, il combattente della guerra santa. Dire che tutti i musulmani sono radicali, terroristi o jihadisti è assolutamente falso; ma alcuni lo sono. La jihad c’entra con l’Islam; tanto è vero che alcuni musulmani considerano la jihad il sesto pilastro della fede islamica. La jihad non significa semplicemente uno “sforzo” interiore di spiritualità; per molti la jihad è una guerra armata contro gli infedeli, contro i nemici dell’Islam.
2. Ci sono interessi economici, strategie politiche, rancori storici e problemi sociali dietro la jihad, sicuramente; ma anche la fede. Non è solo questione di petrolio, di rivoluzione ideologica, di povertà o di vendetta. Gli assassini della jihad uccidono in nome di Allah, sono convinti di andare in paradiso da eroi e ritengono di essere i seguaci più fedeli a Maometto. Non sono soltanto dei mediorientali armati, agguerriti contro il mondo, che professano per caso la fede islamica come potrebbero fare altrimenti; no, sono guerrieri di Allah.
Per l’Islam delle origini, il concetto di laicità è incompatibile con la loro religione e l’umma (comunità dei fedeli) abbraccia tutta la vita del musulmano. Maometto creò questa comunità a Medina e inglobava in essa i diversi ambiti della convivenza civile. Lo stesso Maometto intraprese guerre con le tribù vicine e organizzava la vita sociale ed economica dell’umma.
3. La colpa della jihad non è dell’Occidente, almeno non totalmente. L’islamismo, e in alcuni casi la jihad, nascono all’interno del movimento di rinnovamento islamico nell’era moderna, soprattutto in Egitto (con i fratelli musulmani), nella penisola araba (con la famiglia Saud e il wahhabismo), nel subcontinente indiano (i talebani ad esempio) e in Iran (con l’Ayatollah Khomeyni).
La caduta degli imperi musulmani e la successiva scomparsa del califfato l’anno 1924, la creazione degli Stati moderni e il loro sottosviluppo rispetto all’Occidente, insieme alle mortificazioni della colonizzazione, suscitarono un sentimento di frustrazione e un desiderio di rinascita che finì col trasformarsi in parte, in una deriva nelle odierne forme salafite, islamiste e jihadiste. La creazione dello Stato di Israele e il conflitto palestinese, le guerre contro alcuni paesi occidentali -per lo più per motivi economici e petroliferi- e la disastrosa e destabilizzante “primavera araba”, hanno fatto indubbiamente la loro parte, non come causa ma come rafforzamento.
4. Il mondo islamico è molto diviso al suo interno. La spaccatura storica e i conflitti tra i sunniti (gruppo maggioritario), gli sciiti, i kharigiti, gli alawiti o la corrente spiritualista sufista, sono molto grandi. I sunniti vedono con molta preoccupazione il consolidamento del fronte sciita in Iran, Yemen, Siria, Libano, Iraq, ecc.; da qui, in parte, la nascita dello Stato islamico sunnita di Siria e Iraq.
Tra i sunniti c’è chi appoggia i fratelli musulmani egiziani ma c’è anche chi li contrasta. L’Arabia Saudita ad esempio non gradisce il crescente potere di questo gruppo che invece riceve appoggio dal Qatar e da altri paesi arabi. Al Qaeda e lo Stato Islamico concorrono per il potere estremista e ognuno vuole dimostrare la propria forza agli altri gruppi armati. Questo alimenta gli attacchi e la ferocia dei terroristi. Infine, occorre rilevare che le prime vittime degli islamisti sono i musulmani che non sposano la causa jihadista.
5. Comparare la jihad islamica alle Crociate medioevali appare una forzatura carente di senso. Affermare tale paragone durante i dibattiti televisivi rende apparentemente moderni, illuminati o politicamente corretti ma è una stupidaggine. La jihad va alla conquista delle aree geografiche abitate dagli infedeli, come in altri momenti della storia; le Crociate cercavano di riconquistare la Terra Santa e di difendere i cristiani di quelle zone. La jihad è quindi conquista e attacco; la Crociata è difesa e riscatto. Maometto faceva la guerra; Gesù Cristo porgeva l’altra guancia di fronte all’aggressione del nemico. Si parla inoltre di un altro periodo storico…
L’Occidente allora si riprendeva dalle invasioni barbariche; oggi l’islam ha la nuova tecnologia, fa affari miliardari con l’Occidente e studia nelle nostre migliori università. Dire che oggi l’Islam sta vivendo il nostro medioevo mi pare poco felice, poco realista e storicamente inconsistente. In somma, i leader della jihad non sono gli ignoranti delle montagne afghane, sebbene molti di loro lottano in essa.
6. La religione non è sinonimo di fanatismo. Usare il terrorismo dellajihadper dedurre che la religione è un problema per l’umanità, nient’altro che un covo di fanatici, è manipolazione ideologica. Lo jihadismo, però, non è estraneo alla religione. Per questo, il mondo islamico deve liberarsi dai settori fanatici e violenti, dalle interpretazioni fondamentaliste. Il passaggio verso una visione più moderna, matura e pacifica della religione, condivisa da tutti i musulmani, è molto complesso e difficile per diversi motivi.
Eccone alcuni: 1. nel Corano ci sono richiami espliciti alla violenza; 2. non c’è né unità tra musulmani né un’autorità capace di unificare la loro fede; 3. una critica storica del Corano è quasi impensabile considerando l’origine attribuito al libro sacro; 4. i conflitti politici, economici, bellici e sociali, sono visti come aggressione alla religione. Se l’Islam però non riesce a dare passi decisivi in questa direzione, un futuro di armonia interreligiosa e interculturale globale rimarrà un sogno ahimè irrealizzabile.
7. Il dialogo, la collaborazione e la “diplomazia” giocano un ruolo di primo ordine in questa congiuntura; contano tanto o di più delle armi, dell’intelligencee delle strategie di sicurezza. È necessario creare canali autorevoli di comunicazione con il mondo islamico, sia in ambito religioso sia a livello politico; precisamente perché l’Islam vede entrambi gli aspetti correlati. L’Islam, tramite i propri rappresentanti, deve dare un chiaro segnale di collaborazione, abbandonare la paura che lo intimidisce, condannare con chiarezza e unanimemente gli estremismi, lasciare da parte le ambiguità, educare i predicatori a una cultura della convivenza globale, sostenere i gruppi moderati, ecc.
I poteri economici occidentali, approfittando la maggior indipendenza energetica odierna per effetto dei nuovi metodi di estrazione del petrolio, devono evitare di fare accordi con chi finanzia il terrore, combatte la libertà religiosa e diffonde l’estremismo. È inutile e demagogico parlare dell’emigrazione o dell’immigrazione; ormai un’Europa multietnica con forte presenza musulmana, e anche islamista, è una constatazione e non una potenziale eventualità. Occorre che i laici e i cristiani in Europa collaborino di più. Per esempio, in prima fila alla manifestazione di Parigi dell’11 gennaio contro l’attentato a Charlie Hebdo, c’erano i politici di tutto il mondo, ma dov’erano i principali leader religiosi? Non si capisce che ci vuole la collaborazione di tutti? O il laicismo vuole lasciare fuori l’ambito religioso in questa sfida?
8. L’Occidente, come al solito, sta affrontando questo tema nel modo sbagliato. Ci si approccia al problema non guardando la realtà ma con il pregiudizio ideologico. C’è più preoccupazione a combattere l’islamofobia che il terrorismo di matrice islamica. Indubbiamente l’islamofobia è da rifiutare ma ora il problema vero è che ci sono cellule islamiste in tutto il continente, senza controllo e senza scrupoli, accecati dalla loro ideologia assassina, pronti a colpire ancora. Si parla di potenziali vittime dell’islamofobia quando le vittime attuali sono la cultura occidentale, la libertà e la pace.
Si usa ogni tipo di eufemismo per svincolare l’Islam invece di accettare che gli assassini hanno invocato Allah e una parte del mondo islamico ha celebrato quest’atto terroristico. Se gli europei combattessero la cristianofobia con lo stesso entusiasmo dell’islamofobia, probabilmente si sarebbe evitato il massacro di cristiani in tante parti del mondo. Se l’attacco di questi giorni fosse stato perpetrato contro la cattedrale di Nôtre Dame invece che contro i mass media più laicisti, forse la reazione mondiale sarebbe stata diversa. Con il buonismo, il pregiudizio ideologico e l’ipocrisia non si combatte ma si alimenta il male. Scegliere le strategie sbagliate per affrontare la guerra non mi sembra eccessivamente intelligente ma autodistruttivo.
9. Non va bene che ci siano morti di serie A e morti di serie B. Mentre uccidevano 20 persone in Francia ne uccidevano più di 2.000 in Nigeria. Il motivo era più o meno lo stesso e gli artefici di ambedue le massacri erano più o meno gli stessi. Invece i morti di Parigi hanno meritato molta più considerazione che i morti causati dalle bestie assassine di Boko Haram nel nord del paese più importante dell’Africa. La miopia presuntuosa occidentale impedisce di comprendere che se si verificasse il progetto di Boko Haram di creare uno Stato Islamico in Africa, il problema sarebbe pericoloso quanto lo può essere il terrorismo in Europa.
Se un morto africano non è importante quanto un morto francese, allora, non si capisce cosa sia rimasto dell’uguaglianza, della solidarietà e della libertà della Rivoluzione Francese. Centinaia di migliaia di morti di questi mesi in Iraq, Siria, Pakistan, Nigeria, Afghanistan e altri paesi ancora non pesa quanto la morte dei giornalisti di Charlie Hebdo? Allora, poche speranze ci sono di risolvere il problema che ora ci occupa.
10. L’Islam ha un complesso di superiorità culturale e religiosa. La crisi dei valori della cultura occidentale, il secolarismo e l’apostasia religiosa, il libertinismo sessuale e la distruzione della famiglia, l’indebolimento del concetto di autorità, ecc., per gli islamisti è una dimostrazione del fatto che il cristianesimo ha fallito e l’Islam è superiore. Molti dei finanziatori del terrorismo jihadista sono ricchissimi e hanno studiato nelle migliori università occidentali.
Alcuni terroristi sono europei, figli di emigrati nati in Europa o musulmani stranieri che hanno vissuto da noi e hanno studiato nei nostri atenei. Stanno qui, vivono in mezzo a noi, ci conoscono, studiano le nostre stesse cose ma si sentono delusi dall’Occidente, dalle sue contraddizioni, dalla crisi culturale e religiosa che subisce. Combattono perché vedono l’Occidente come un male per l’umanità e l’Islam, invece, come la soluzione. Il risveglio dei valori e dell’identità culturale europea e cristiana, quindi, è un aspetto di primo piano nell’affrontare questa vicenda.
Un’appendice è quasi d’obbligo a proposito del dibattito sulla libertà di stampa che in questi giorni si è aperto dopo l’attacco a Charlie Hebdo. Niente giustifica l’atto terroristico contro il giornale e ancora di meno i violenti omicidi. Dire “se la sono cercata” è vigliacco e spropositato. Questo è fin troppo chiaro. Invece, il concetto di libertà di stampa è, a dir poco, equivoco. Ci sono due visioni sulla libertà di stampa, quella che la considera come un assoluto senza limiti e quella che la collega alla libertà, al rispetto, alla verità e al bene.
Che certe satire siano esagerate, blasfeme e offensive è assolutamente evidente e che Charlie Hebdo rientri in questa categoria mi pare indiscutibile. E poi, che in Europa ci sia davvero tutta questa libertà di espressione crea, come minimo, qualche dubbio. Si può dire in tutta l’Europa che uno è in disaccordo con il matrimonio tra omosessuali? No. Si può manifestare pubblicamente la propria fede in tutta l’Europa senza subire delle conseguenze? No. Ecco la dittatura del relativismo e, su questo, anche la nostra Europa dovrebbe passarsi la mano sulla coscienza…
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