Tempi duri per gli internazionalisti illuminati che vogliono salvare il Darfur e abbandonare l’Iraq
David Frum
(traduzione di Aldo Piccato)
Un internazionalista liberale e illuminato vuole usare le forze aeree americane per impedire agli alleati sudanesi di Osama bin Laden di commettere atroci attentati terroristici. Allo stesso tempo, deve condannare l’uso delle forze aeree americane per impedire agli alleati iracheni di Osama bin Laden di commettere atroci attentati terroristici.
La scorsa settimana l’attore Gorge Clooney ha guidato una manifestazione a Washington per “protestare” in nome degli innocenti massacrati in Darfur. E tuttavia Clooney, e tutti quelli che la pensano come lui, vorrebbero che noi abbandonassimo l’Iraq a un massacro uguale o ancora peggiore. Protestano per salvare un Darfur e… crearne un altro.
Una settimana dopo questa manifestazione, il Sunday Times di Londra ha pubblicato il primo resoconto dettagliato dell’assassinio della giornalista televisiva irachena Atwar Bahjat. Bahjat, corrispondente per la televisione al Arabiya, è stata uccisa il 5 febbraio, dopo avere inviato tre servizi sull’attentato al santuario della città di Samarra, sua città natale. Il giornale inglese ha ottenuto il video degli ultimi momenti della sua vita, registrati con un telefonino.
Ecco come la sua amica e collega Hala Jaber descrive queste immagini: “Per prima cosa è stata denudata fino alla cintola, un’umiliazione per qualsiasi donna, ma soprattutto per una devota musulmana che nasconde le braccia e le gambe a tutti gli uomini tranne che al padre e al fratello. Poi le hanno legato le mani dietro la schiena … Quando inizia il filmato, ha gli occhi bendati. La benda, di colore bianco, è macchiata di sangue, che esce da una ferita sulla fronte. Bahjat si lamenta, per quanto sia difficile dire se sia per il dolore già inflittole oppure per la paura di quello che stanno per farle”.
“Un uomo corpulento in uniforme militare, stivali e cappello le si avvicina da dietro e le tappa la bocca con la mano sinistra. Con la destra, afferra un grosso coltello con il manico nero e una lama da 20 centimetri. Poi le taglia la gola, affondando la lama nel centro e trapassandola da una parte all’altra. “Si sentono le sue urla al di sopra delle parole ‘Allah akbar’, intonate dalla persona che tiene in mano il telefonino.
“Ma lo strazio ancora non è finito per Bahjat. Il suo boia improvvisamente si alza in piedi, con il lavoro lasciato a metà. Un secondo uomo, con una maglietta nera e dei pantaloni mimetici, pianta lo stivale sul suo ventre spingendo forte per otto volte, facendole sgorgare fiotti di sangue dalle ferite, mentre la sua testa oscilla a destra e sinistra. “Soltanto a questo punto il boia torna per finire il lavoro. Le mozza la testa e la getta per terra, poi la raccoglie e la depone grottescamente sul petto in primo piano davanti alla telecamera del telefonino”.
Il supplizio di Bahjat
“Aveva nove buchi fatti con un trapano nel braccio destro e altri dieci in quello sinistro (così riferisce un suo amico che ne ha recuperato il corpo, ndr). Avevano usato il trapano anche sulle gambe, l’ombelico e l’occhio destro. Si può soltanto sperare che queste mutilazioni le siano state inflitte dopo la morte”. Questo è solo uno delle migliaia di assassinii che vengono commessi in Iraq dai terroristi di al Qaida, dai criminali baathisti e dalle milizie sostenute dall’Iran.
Eppure, questi crimini sembrano evocare “grida” di dolore e di rabbia da una sola metà del panorama politico. Dov’è l’altra metà? Come si può condannare il jihad in Sudan, considerandolo un genocidio, e giustificare un jihad ancora più crudele in Iraq, considerandolo una legittima resistenza nazionale? Si può davvero odiare così tanto l’America?