Non storcete il naso davanti ai ragazzi con il videotelefono
di Massimo Introvigne
Lo impone – a noi relatori e ai partecipanti – anzitutto Cracovia: una città composta e corale nel suo lutto che continua, con migliaia di strisce e bandierine nere che accompagnano un vessillo polacco o vaticano, o un’immagine di Giovanni Paolo II, nelle vetrine, per le strade, nei ristoranti, alle. finestre o dai balconi delle case. Lo impone il luogo, il santuario che per volere di Papa Wojtyla celebra quest’anno il suo giubileo per i cento anni dalla nascita di Santa Faustina.
Quello che vediamo a Cracovia – folle di giovani che si muovono verso i luoghi che ricordano Papa Wojtyla e la tomba di santa Faustina – ripropone all’analisi del convegno l’interrogativo che si è già posto a proposito di quel che è successo a Roma.
Si tratta di una festa dell’effimero, di un semplice desiderio di non mancare l’evento del secolo, o di vero risveglio della fede? Molti – anche fra i sacerdoti – hanno storto il naso di fronte ai ragazzi con il videofonino che scattavano fotografie a San Pietro, e filosofi e teologi si sono chiesti se questi giovani prima e dopo «l’evento» sono davvero cattolici.
Ma lo scetticismo è in gran parte ingiustificato. Come proprio Giovanni Paolo II ha insegnato, canti, musica moderna e – sì – anche i videofonini non sono incompatibili con la fede. Pure a Cracovia – in una Polonia che è ormai Unione europea – le ragazzine bionde e i loro coetanei si fotografano a vicenda con i cellulari di fronte alla tomba di Santa Faustina. Ma poi si fermano a pregare, molti per tutta la notte.
In Polonia – lo spiega al convegno il vescovo ausiliare di Cracovia, monsignor Jan Szkodón – la Chiesa sapeva che le percentuali record di partecipanti alla messa negli anni ’80 derivavano dal desiderio di testimoniare un’identità nazionale di fronte all’oppressione comunista, e che sarebbero calate con la libertà. Sono diminuite, poi risalite e si sono ora assestate.
Dopo Malta, la Polonia ha il record europeo di partecipanti regolari alla messa domenicale: oltre il 50% della popolazione, il 40 fra i giovani. E la Diocesi di Cracovia ha il record dei seminaristi: fra diocesani e religiosi, quasi tremila, mentre in molte grandi diocesi europee non si arriva a trenta.
Certo, anche qui rimane il problema di come tradurre la pratica religiosa in comportamenti morali conseguenti, in un Paese dove aumentano i divorzi e gli aborti e comincia a preoccupare la droga. Ma la Polonia aspetta il Conclave con serenità: non si appassiona al dibattito fra centralismo vaticano e autonomia degli episcopati nazionali. Il suo pluralismo – così simile a quello italiano, dove pure le statistiche mostrano segni di risalita, e testimoniano che l’effetto Giovanni Paolo II c’è stato davvero – si esprime piuttosto nella pluralità di movimenti, comunità, ordini religiosi che marciano divisi per evangelizzare uniti. Tutti sanno che non ci sarà un secondo Papa polacco: ma il modello polacco di Chiesa ha ancora molto da dire.