Intervista a Ian Boyd fondatore e direttore della «Chesterton Review»
di Paolo Pegoraro
Ospite d’onore sarà padre Ian Boyd, sacerdote della congregazione di San Basilio, esperto di Chesterton, fondatore e direttore della “Chesterton Review” nonché Presidente del Chesterton Institute for Faith & Culture della Università di Seton Hall nel New Jersey che insieme a “La Civiltà Cattolica”, e all’associazione culturale BombaCarta, ha organizzato la manifestazione. Lo incontriamo al suo sbarco a Roma e ci dichiara subito di essere alquanto colpito dall’apprendere come in Italia Chesterton oggi sia poco conosciuto.
“Mi sembra che le notizie riguardo all’oblio di Chesterton siano esagerate. Negli Usa esiste di recente un grande revival di Chesterton: molti suoi libri sono stati ristampati e i convegni attirano centinaia di persone ogni anno. Pochi anni fa il presidente Bush, nella sua visita in Cina, ha citato una famosa definizione dell’America di Chesterton: “Una nazione con l’anima di una Chiesa”.
Ma anche in Europa direi che c’è lo stesso fenomeno: il nostro istituto ha ospitato conferenze in tutta Europa – in posti diversi come l’Irlanda, l’Inghilterra, la Lituania e la Croazia – che hanno avuto enorme successo. Inoltre c’è da dire che l’Europa affronta oggi gravi sfide etiche e culturali e farebbe bene a guardare a Chesterton come guida in queste difficoltà. Dire anzi che un buon indice della forza di una cultura si trova nella misura della sua capacità di rispondere a una provocazione a un tempo saggia e immaginativa come quella offerta da Chesterton”.
In che senso Chesterton può essere considerato un profeta dei nostri giorni?
Egli è stato un profeta per la semplice ragione che quanto ha scritto si è avverato. Quelle cose che ai suoi contemporanei apparivano fantasie, ci sembrano oggi come la descrizione del mondo attuale. Per esempio, nel suo giornale, il G.K.’s Weekly, il 19 giugno 1926 egli scrive che “la prossima grande eresia sarà un attacco alla morale, e in particolare alla morale sessuale (…) La follia di domani non è a Mosca, ma piuttosto a Manhattan”. Ancora prima, nel 1905, aveva scritto sul Daily News: “Prima che l’idea liberale muoia o trionfi, noi vedremo guerre e persecuzioni tali che il mondo non ha mai visto”. Come ha scritto Alan Lawson Maycock nell’antologia da lui curata sugli scritti di Chesterton (intitolata The Man Who Was Orthodox), egli ha avuto “quel raro potere di intuizione che in letteratura viene chiamato il dono della saggezza”.
Cosa c’è di vivo, oggi, nelle opere e nel messaggio di gkc?
L’opera di Chesterton è qualcosa di compatto ed è quindi molto difficile separare le varie componenti. In generale egli ha offerto una visione “sacramentale” del mondo, un’idea del divino che è mediata attraverso le cose materiali. In questo senso egli ha molto cose importanti da dire intorno all’economia, alla famiglia; realtà che egli vede essenziali per la crescita dell’uomo e della società. Egli era a favore della piccola imprenditoria, dei corpi intermedi, della distribuzione della ricchezza e nutriva una sorta di intenso affetto nei confronti delle realtà locali, sentendo l’importanza dell’attaccamento al proprio luogo di origine. Chesterton ha lottato con passione a favore della casa e della famiglia. Ma queste sono solo due delle tante cose che egli aveva da dire.
Qual è stato il rapporto di Chesterton con la ragione? La ragione è qualcosa da difendere e da rivalutare o è una trappola soffocante per l’uomo?
La migliore risposta a questa domanda, penso si trovi nel primo episodio dei racconti di Padre Brown, La croce azzurra. In questo racconto Padre Brown riesce a identificare il noto ladro francese, Flambeau, travestito da prete, poiché quest’ultimo attacca l’uso della ragione e questa è, dice Padre Brown, cattiva teologia. Dall’altra parte Chesterton ha spesso insistito sui limiti non tanto della ragione quanto del razionalismo. Il primo valore della logica, una volta ha detto, è il suo essere un’arma con cui sconfiggere i logici. Il punto che realmente sta a cuore a Chesterton è che secondo lui l’uomo dovrebbe combinare ragione e immaginazione.
Il pensatore costruttivo è come Neemia che difende le mura di Gerusalemme con una cazzuola in una mano e la spada nell’altra (Neemia, 4, 1-12): la cazzuola rappresenta l’immaginazione, il potere costruttivo; la spada è la ragione, lo strumento difensivo. Tutto è ben riassunto nel consiglio che egli diede al giovane ragazzo al quale regalò un libro illustrato: “Così ti ricordi del tuo libro, mio piccolo uomo, / e ascolti gli sproloqui e le critiche dei pedanti. / Ma non credere in niente che non possa essere raccontato in immagini colorate”.
Sempre sul rapporto con la ragione, considerando che gli ultimi due Papi hanno molto apprezzato gli scritti di Chesterton, si può dire che egli sia stato uno scrittore “ratzingeriano” per la sua difesa della ragione, ma anche tomista come Giovanni Paolo II?
Domanda molto interessante ma io suggerirei di operare una distinzione tra il tomismo e l’agostinismo che Chesterton ha indagato. Da una parte egli fu profondamente tomista, e da quel punto di vista, più vicino a Giovanni Paolo ii. Nel suo grande libro su san Tommaso, che Etienne Gilson ha considerato il più bel libro scritto sul santo, egli parla della “passione per la vita” di Tommaso e insiste, contrapponendo Tommaso a Platone, che quando le cose materiali ci ingannano questo avviene non perché siano transitorie ma perché esse sono allo stesso tempo molto più reali.
Egli è anche profondamente agostiniano nella convinzione che la verità può essere solo raccontata attraverso parabole e che tutti gli eventi devono essere letti come parti di un testo sacro. In questa convinzione la vita umana è una storia terrestre con un significato celeste, una ri-proclamazione della storia del vangelo. E mi piace aggiungere che anche Giovanni Paolo i fu un Papa “chestertoniano”: la sua deliziosa lettera allo scrittore inglese, che si trova nel volume “Illustrissimi”, con la sua acuta lettura di un romanzo così oscuro come La sfera e la croce, mostra un amore per Chesterton che è profondo e commovente.
Chesterton non ebbe figli naturali. Ci sono scrittori che possono essere considerati suoi figli spirituali?
Certamente Clive S. Lewis, che attribuisce a Chesterton la sua conversione al cristianesimo. Anche John R.R. Tolkien e Graham Greene hanno profondamente ammirato Chesterton così come ha fatto il poeta e scrittore argentino Jorge Luis Borges. Si racconta poi che Franz Kafka quando lesse L’uomo che fu Giovedì senza saper nulla del suo autore, disse che avrebbe potuto credere che l’autore avesse trovato Dio.
E quali sono, invece, i padri spirituali di Chesterton?
Forse la maggiore influenza su Chesterton fu quella del poco conosciuto George MacDonald, amico di Lewis Carroll e autore di alcune bellissime storie fantastiche per bambini. Da MacDonald Chesterton ha tratto molto del suo concetto di “immaginazione sacramentale”. Poi John Henry Newman: lo stesso Chesterton rivendica di aver letto tutte le opere di Newman, e ci si può tranquillamente credere.
Direi che anche Robert L. Stevenson fu molto importante per Chesterton, come, ovviamente, lo fu Charles Dickens – con il suo amore per quello che può essere definito lo straordinario potere delle persone ordinarie – e Robert Browning al quale ha dedicato la sua prima e migliore biografia. Infine Chesterton stesso ha sempre riconosciuto in se stesso la grande influenza di quella filosofia derivante dalla lettura delle favole, che potremmo definire saggezza dell’umanità.