di Carlo Meroni
Valutando con calma e razionalità i sei mesi appena trascorsi, ora che il “fenomeno” non fa più l’audience di qualche giorno fa e grazie a qualche dato incontrovertibile fra le mani, non capisco proprio come sia stato possibile che per così tanto tempo in tivù non si sia parlato d’altro che di Beppe Grillo e delle sue polemiche pseudopolitiche, del distacco fra politica e società, dell’arcinota “antipolitica” e dei suoi sostenitori appartenenti al “popolo dei blog”.
Cinquantamila (lo metto anche in numero, come per gli assegni: 50.000) persone in piazza a Bologna avevano calamitato l’attenzione del paese intero, dal Presidente della Repubblica alla casalinga di Voghera, capitanate da uno che incitava a gridare “vaffanculo” in coro a chi gli stava più antipatico, e tale leader sembrava ormai destinato a diventare il portatore di quel rinnovamento politico tanto atteso.D’altro canto anche Tonino Di Pietro partì come magistrato showman, e dopo aver affossato tre quarti dell’intera classe politica italiana ad inizio anni ’90 (qualcuno con merito, qualcuno ingiustamente) dismessa la toga fondò il suo bel partito. E allora perchè non Grillo coi suoi “bollini blu”?
I media davano gran fiato alle trombe: “è il distacco del paese dalla politica”. Siamo sicuri?
12 maggio 2007: oltre un milione (1.000.000) di persone scendono in piazza per rivendicare maggiori tutele e diritti a famiglia, vita, matrimonio eterosessuale, monogamico, fecondo.
10 ottobre 2007: oltre cinque milioni (5.000.000) di lavoratori si recano al voto per dare la loro opinione sull’accordo governo-sindacati in materia di welfare e previdenza.
13 ottobre 2007: oltre cinquecentomila (500.000) partecipanti alla manifestazione indetta da Alleanza Nazionale per chiedere al governo più sicurezza e meno tasse.
14 ottobre 2007: oltre tre milioni (3.000.000) di persone si recano alle urne per eleggere il leader del neonato Partito Democratico.
20 ottobre 2007: oltre settecentomila (700.000) persone sfilano a Roma per rivendicare una piena attuazione del programma di un governo da loro votato (e sovente anche tenuto in piedi…).
“Family day “o “cosa rossa”, comunque la si pensi e se la matematica non è un’opinione, lo scontro è fra 50.000 “vaffanculisti” e oltre dieci milioni di Italiani ai quali interessa eccome la vita politica del proprio paese. Non c’è partita: ciao Grillo e saluti a casa.
Anche se mi scoccia terribilmente dover osservare chi scende in piazza invitando ad ascoltare le parole del Papa in merito alle possibili iniquità del lavoro precario, dopo averne dette di cotte e di crude sul pontefice stesso, rispetto comunque maggiormente un estremista fazioso e schierato che un qualunquista confuso. Ma lasciamoli perdere entrambi, l’estremista e il qualunquista, nei loro brodi fatti di ideologia e di vuoto, e diamo una seria occhiata dalla “nostra parte”, quella “Occidentale”.
Siamo ben consci di appartenere ad una parte politica sorretta da un pensiero che, come ci è stato insegnato dai fondatori della fondazione alla quale fa riferimento il nostro quotidiano online, costruisce il suo perno d’azione sugli ormai famosi “valori non negoziabili” (tutela della vita in tutte le sue fasi, riconoscimento e promozione della struttura naturale della famiglia, diritto all’educazione dei propri figli, difesa delle radici cristiane in Italia ed in Europa nonché del loro positivo influsso sulla nostra storia, arte, cultura, sviluppo).
Ma ormai anche lo stesso Ratzinger, primo difensore di tali valori, sa bene che viviamo in una società dove, a destra, al centro e tanto più a sinistra, regna un relativismo figlio dell’egoismo. Cioè il “farsi portare qua e là da qualsiasi vento di dottrina”, costituisce una silente dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura non la verità ma sé stessi ed il proprio tornaconto.
Chi può affermare che spesso non sia così, anche nell’intera società laica (non laicista) italiana che più dovrebbe dare man forte a Benedetto XVI?
Ma, che piaccia o meno, è solo a partire da questi fondamenti che sarà edificabile qualcosa di davvero nuovo e positivo all’interno dello scenario politico del centrodestra, specie alla luce di un possibile nuovo partito unico delle libertà che dovrà necessariamente poggiare i piedi, per essere convincente e duraturo, sulle radici classiche del pensiero filosofico greco e sulle basi della religione giudaico-cristiana, anziché sulla faccia da auditel del momento.
Renato Farina la scorsa settimana da “Libero” faceva notare assai acutamente che lo spazio dei cattolici in Forza Italia è uno spazio chiuso, quasi un privè. Un partitino “crociato” dentro il partitone Berlusconiano. Non è esattamente questo che serve al paese, né l’importante apporto che i cattolici possono (e devono) dare. Anche perché oltre ai militanti cattociellini di Forza Italia (Formigoni, Lupi, Mauro…) ed ai ratzigeriani dell’UdC (Buttiglione, Giovanardi, Volontè…); tutto il polo delle libertà (FI, AN, Lega, La Destra, Azione Sociale…) può contare una larga schiera di non cattolici o cattolici non praticanti assai ben dotati dal punto di vista intellettuale, e che perciò comprendono alla perfezione la centralità della difesa di tali valori.
Come suggeriva Farina, il Polo delle libertà è “cristiano per definizione”, ma deve assolutamente recuperare quel senso religioso a volte troppo frettolosamente lasciato per strada in quanto forse considerato solo un optional da sacrestia.
Ed infatti, ieri a Napoli Papa Benedetto XVI non faceva altro che richiamare a un forte impegno dei cattolici in politica e nel campo sociale “perché molti sono i problemi e le sfide che stanno davanti a noi, ed è necessario un forte impegno di tutti, specialmente dei fedeli laici operanti nel campo sociale e politico, per assicurare ad ogni persona, e in particolare ai giovani, le condizioni indispensabili per sviluppare i propri talenti naturali e maturare generose scelte di vita al servizio dei propri familiari e dell’intera comunità. E per questo vogliamo collaborare tutti”.
Sono tanti quegli italiani che hanno davvero a cuore le nostre tradizioni, e sanno che questo vocabolo deriva dal latino “tradere”, cioè trasmettere: un verbo che prende ciò che ha alle spalle per portarlo davanti a se, un verbo che guarda al passato ma è proiettato nel futuro. La “nostra” piazza (legge 40, family day) ha dimostrato di non essere assimilabile alle truppe cammellate della sinistra rispondenti a comando, ma di saper gridare “presente” quando conta davvero ed è in gioco il nostro futuro e quello dei nostri figli.
I conservatori italiani sono molti, ma devono capire che la posta in gioco non riguarda banalmente solo qualche centinaio di euro in più in cassa a fine mese o qualche volante in più per le strade.
Nonostante quel che dicono a sinistra gli spocchiosi maestrini della penna rossa, abbiamo fior di intellettuali che ci rappresentano (consiglio vivamente un’occhiata agli “incontri di Norcia” reperibili sul sito della Fondazione Magna Carta) e partendo dal loro pensiero dobbiamo organizzare adeguatamente ed abbondantemente quel bagaglio da “tradere” ai nostri figli, se non vogliamo che essi siano facili prede dei lassismi e delle tolleranze “democratiche” tanto in voga fra i progressisti.
Ora è da chi ci rappresenta politicamente che deve venire un segale forte. Abbiamo un leader forte praticamente in ogni campo ed al momento insostituibile: ci faccia capire coi fatti e non solo con le parole (con le quali conosciamo già la sua amplissima abilità) se il da lui tanto sognato “Partito Unico delle Libertà” potrà essere considerato una vera e seria coalizione di forze conservatrici pronte, nessuno escluso, a difendere senza compromessi i Ratzingeriani “princìpi non negoziabili”, o se dovremo rassegnarci ad avere la fotocopia destrorsa della melassa veltroniana buona per tutti i palati ma nutriente per nessuno.
Claudio Scajola, rispondendo a Farina suggeriva un “manifesto” nel quale si potessero riconoscere tutti quegli “uomini di buona volontà” che condividono i contenuti espressi dal pontefice.
Ottima idea, ma io mi spingerei un po’ più in là: servono buone dosi di massicce battaglie parlamentari, dove un voto favorevole o contrario possiede la necessaria chiarezza tranchant, ed è difficilmente camuffabile a posteriori con abili dialettiche o celandosi dietro un manifesto.
Mi consenta, Cavaliere: aborto, eutanasia, coppie di fatto, libertà di educazione, fecondazione artificiale; quanto peserebbero nella grande forza unica di centrodestra rispetto a liberismo economico, bassa pressione fiscale, sicurezza, incentivi alle imprese, difesa della meritocrazia rispetto all’assistenzialismo statalista che già sappiamo starle tanto a cuore?
Attendiamo fiduciosi. Mandi velocemente a casa Prodi e poi ci faccia sapere.
(A. C. Valdera)