Il Timone – n. 8 Luglio/Agosto 2000
Filosofa, di famiglia ebrea, si converte al cattolicesimo, diventa suora carmelitana e paga con la morte ad Auschzvitz il suo amore per la Croce.
di Maurizio Schoepflin
Beatificata, canonizzata e dichiarata solennemente compatrona d’Europa dal Santo Padre Giovanni Paolo II, la carmelitana Teresa Benedetta della Croce, al secolo Edith Stein, è stata una figura davvero emblematica del ventesimo secolo, capace, come poche altre, di rappresentarne il tormento e la speranza, il dolore e la redenzione.
Edith Stein nacque a Breslavia il 12 ottobre 1891, settima figlia di due coniugi ebrei dalla profonda religiosità. Intorno ai vent’anni iniziò gli studi di filosofìa, e a Gottinga, sede di una prestigiosa università, diventò discepola di Edmund Husserl, uno dei maggiori filosofi contemporanei. Il primo gennaio del 1922 fu battezzata: il suggello alla sua conversione al cattolicesimo lo aveva posto la lettura di un’opera intitolata Vita di S. Teresa narrata da lei stessa, al termine della quale ella ebbe a esclamare: “questa è la verità!”.
Seguì un periodo in cui fu insegnante in una scuola retta dalle domenicane e presso l’università di Munster; di questo suo servizio di educatrice, una testimonianza preziosa proviene dalle sue stesse alunne, che dichiararono: “Intuivamo in lei qualcosa di molto raro: la perfetta armonia tra l’insegnamento e la vita personale”.
Il 14 ottobre del 1933 Edith entrò nel carmelo di Colonia; l’anno dopo ricevette l’abito e prese il nome di Teresa Benedetta della Croce; nel 1935 fece la professione temporanea e il 21 aprile del 1938 quella perpetua, maturando sempre di più la consapevolezza di essere vittima di espiazione. Alla fine del 1938 venne trasferita al carmelo di Echt, in Olanda: quattro anni dopo la Gestapo l’arrestò insieme alla sorella e la internò ad Auschwitz, ove il 9 agosto 1942 trovò la morte.
Edith Stein scrisse varie opere che possono essere suddivise nel modo seguente: scritti autobiografici, studi filosofici, opere sociali e tecnologico-spirituali. In campo filosofico, la Stein risentì profondamente del pensiero di Husserl, il padre della fenomenologia, una forma di speculazione fìlosofica che insegnò alla giovane ricercatrice la libertà dai pregiudizi e la capacità di guardare alle cose con sguardo puro e limpido.
Dopo la tesi di laurea sul problema della immedesimazione, la Stein continuò ad occuparsi della fondazione fìlosofica della psicologia e delle scienze dello spirito. Assai importante per la giovane studiosa si rivelò l’incontro con la filosofia di san Tommaso, del quale tradusse le Ricerche sulla verità (Quaestiones disputatae de ventate); nel 1929 scrisse La fenomenologia di Husserl e la filosofia di san Tommaso d’Acquino, palesando un atteggiamento che le risultò particolarmente congeniale: quello della filosofia cristiana mediatrice tra il grande patrimonio della tradizione (sant’Agostino e san Tommaso) e le istanze del pensiero moderno, tra le quali spiccano quelle proprie della fenomenologia, che secondo la Stein non si trova in contraddizione con la fede.
Certamente, la conversione fece sì che anche il suo orizzonte filosofico si dilatasse: di qui la necessità di andare oltre Husserl e di aprirsi alla lezione tomista, nella speranza di poter recuperare quella “filosofìa perenne”, al centro della quale sta la decisiva questione dell’essere, che la Stein studiò a fondo nella celebre opera Essere finito e essere eterno.
Nell’ultimo scorcio della sua vita la Stein si dedicò alla teologia mistica, anche a motivo del fatto che l’Ordine carmelitano le aveva affidato l’incarico di redigere uno scritto celebrativo per il quarto centenario della nascita di san Giovanni della Croce: ella volse allora la sua attenzione alle opere di Dionigi Areopagita e alla sua teologia negativa che accentua il carattere oscuro di Dio al quale l’anima può unirsi misticamente.
Teresa Benedetta si impegnò poi ad approfondire il mistero della Croce: sarà questo amore tutto carmelitano per il crocifisso il tratto caratteristico della sua spiritualità. Per lei “la vita interiore è la più profonda e pura fonte di felicità”: in essa, nei suoi abissi silenziosi e a volte oscuri si impone la presenza di Dio. La santa affinò sempre di più la sua intensa interiorità spirituale: “Penso che il Signore ha preso la mia vita per tutti”, scriveva in una lettera del 31 ottobre 1938; e riguardo alla sua conversione meditava: “Non si può neanche immaginare quanto sia importante, ogni mattina quando mi reco in cappella, ripetermi, alzando lo sguardo al crocifisso e all’effigie della Madonna: erano del mio stesso sangue”; e suggellava la sua radicale sequela di Cristo affermando: “Ho ricevuto il nome che avevo chiesto.
Sotto la croce avevo capito il destino del popolo di Dio… oggi so meglio cosa voglia dire essere sposata con il Signore nel segno della croce”.
“Non l’attività umana può aiutarci – si legge ancora nei suoi scritti – ma la passione di Cristo. Partecipare a questa è la mia aspirazione”: fu esaudita, e la sua immolazione per amore di Cristo si presenta come un lampo di luce nella tenebra del male e del peccato. Così coronò la sua vita. Edith Stein, ebrea, filosofa, suora carmelitana con il nome di Teresa Benedetta della Croce, un giorno aveva annotato: “L’essenza dell’essere cristiano non è il sapere ma l’amore. Dio è amore. È per questo che essere afferrati da Dio vuol dire essere infiammati dall’amore”.
Bibliografìa
Presso l’editrice Città Nuova di Roma è in corso di edizione l’intera opera della Stein, di cui sono stati pubblicati già alcuni volumi.
Maria Cecilia del Volto Santo, Edith Stein, un’ebrea testimone per la verità, San Paolo, Cinisello Bal.mo (MI) 1996.
P. Ricci Sindoni,Filosofia e preghiera mistica nel Novecento, EDB, Bologna 1997. “Scritti spirituali” Mimep-Docete-edizioni Ocd, Pessano(MI) 1998