Il Sussidiario.net venerdì 16 ottobre 2015
di Pietro Vernizzi
L’Egitto va al voto per le elezioni legislative, dopo che l’ultimo Parlamento era stato dichiarato incostituzionale dalla Corte suprema nel giugno 2012. Da allora il Paese è rimasto per tre anni e mezzo privo di qualsiasi organo legislativo. Il primo turno delle elezioni si svolgerà il 17-18 ottobre per i residenti all’estero e il 18-19 ottobre per quelli in Egitto. Mentre la seconda fase si terrà rispettivamente il 21-22 e il 22-23 novembre.
Oltre 60 i partiti che si sono presentati, con una frammentazione politica che finisce per fare il gioco del presidente Abdel Fattah Al Sisi. Il voto coinvolgerà anche i circa 8 milioni di cristiani egiziani, cui si applicano ancora oggi leggi che non li equiparano a pieno titolo ai musulmani. Ne abbiamo parlato con padre Rafic Greiche, portavoce della Chiesa cattolica egiziana.
Qual è l’atmosfera con cui l’Egitto si appresta ad andare al voto?
La popolazione non è molto entusiasta, perché si è presentato un grande numero di candidati: in tutto sono 5.400 per 546 seggi. Gli elettori si sentono confusi, perché i partiti e gli stessi candidati indipendenti sono troppo numerosi. Ciò finisce per rendere la scelta più difficile. Il presidente Sisi si è sempre presentato come un indipendente.
In queste elezioni sosterrà qualcuno tra i partiti in lizza?
Il presidente Sisi ha affermato che non sostiene nessuno degli schieramenti o candidati. Ma ci sono alcune liste che presentano se stesse come il partito del presidente e che dunque dicono di sostenerlo.
Quali sono le aspettative della Chiesa cattolica nei confronti di queste elezioni?
E’ presto per dirlo, in quanto i candidati sono così numerosi che è difficile distinguere quali siano migliori degli altri. Per esempio nel quartiere dove vivo si sono presentati 44 candidati per due soli seggi. La Chiesa cattolica, insieme alle altre chiese cristiane in Egitto, sta cercando di individuare candidati onesti e disponibili a lavorare per il loro Paese. In questo senso il secondo turno sarà ancora più importante del primo, in quanto resteranno in lizza solo quattro-sei candidati per ciascun seggio, ed è a quel punto che inizierà il vero confronto.
Quali sono le cause di questa frammentazione dei partiti egiziani?
La causa principale è che ci sono molti partiti legati al passato regime che vogliono rientrare in Parlamento. Mi riferisco in particolare all’ex Partito Nazionale di Mubarak, composto principalmente da uomini di affari. Ma anche a salafiti ed esponenti dei Fratelli musulmani che nascondono la loro identità e numerosi candidati indipendenti. E’ da quasi quattro anni che il Parlamento non si riunisce, e quindi sono in molti quelli che ambiscono farne parte.
L’alto numero di partiti è il segno di una maggiore o minore democrazia?
Esiste un certo margine di democrazia, anche se la vera questione è un’altra: tanto i Fratelli musulmani quanto il Partito Nazionale vogliono tornare sulla scena politica. La frammentazione non è dunque un segno di maggiore democrazia, bensì del fatto che in molti desiderano ritornare al vecchio regime ma sono costretti a correre sotto nomi diversi.
Teme un possibile ritorno dei Fratelli musulmani?
No, la mia previsione è che i Fratelli musulmani non supereranno il 15% dei seggi in Parlamento.
Si aspetta che le elezioni si svolgano in modo regolare?
Sì. Il governo è determinato a svolgere elezioni trasparenti, perché non ha nulla da temere dal loro risultato. Ci sono troppi candidati e troppe divisioni, e quindi il governo non rischia che ci possa essere un forte schieramento in grado di contendergli il dominio del Paese.
Questa frammentazione è una strategia del presidente Sisi per mantenere il potere?
Il presidente e il governo hanno bisogno di un Parlamento, purché questo non sia forte.
Quali sono le principali sfide politiche che attendono i cristiani?
La principale sfida è quella di eleggere candidati favorevoli alla piena cittadinanza dei cristiani. Sul piano del diritto noi cristiani vogliamo essere uguali in tutto ai musulmani.
In concreto quali problemi andranno risolti sul piano legislativo?
Oggi la situazione per i cristiani egiziani è migliore rispetto al passato, quando al potere c’erano Morsi e i Fratelli musulmani. Godiamo di una maggiore libertà e uguaglianza, ed è soprattutto la mentalità delle persone che deve cambiare in quanto una parte di loro è ancora fondamentalista. Un ruolo decisivo in questo senso lo giocherà l’educazione.