di Piero Sinatti
Domenica 11 marzo si vota in 14 “soggetti” della Federazione Russa (sono in tutto 87) per il rinnovo delle rispettive assemblee legislative, che legiferano in materia di infrastrutture, casa, sanità, istruzione, cultura, traffico, turismo. E che scelgono tra le tre personalità che il capo dello stato propone loro come governatore.
Quattro partiti onnipresenti
Partecipano alla competizione 15 partiti. Ma solo quattro di essi saranno presenti in tutte le 14 regioni. Si tratta di Russia Unita (RU), che raccolse nel voto del 2006 il 46% dei voti. Partito che si autodefinisce “centrista” e “conservatore”, è stato finora il braccio legislativo di Putin. Rappresenta soprattutto i chinovniki (il funzionariato di tutti i livelli), i tecnocrati, gli apparati di forza e il mondo oligarchico-imprenditoriale. Controlla la Duma, la Camera Alta, il maggior numero delle regioni e dei governatori. E’ il “partito del Presidente” o “del Potere”, presieduto dallo speaker della Duma Boris Gryzlov.
Poi vengono il maggior partito d’opposizione, il Partito comunista della FR dell’inossidabile Gennadij Zjuganov, e il cosiddetto Partito liberal-democratico del demagogo nazionalista per tutte le stagioni Vladimir Zhirinovskij.
Infine, la sorpresa: il partito Russia Giusta (RG), nato lo scorso autunno dalla fusione di tre formazioni minori. E’ stato capace di darsi in soli tre-quattro mesi un’ampia struttura organizzativa su scala federale. Non sarebbe stato possibile senza l’appoggio del Kremlino e di potenti forze economiche (come il maggior gruppo di edilizia e costruzioni di San Pietroburgo).
Il fondatore e leader è un pietroburghese, coetaneo e sodale di Putin: il presidente del Consiglio della Federazione (Camera alta dell’Assemblea federale) Sergej Mironov, pervenuto negli ultimi mesi a grande visibilità mediatica. Per questo RG è chiamata anche il “Partito del Potere n. 2”. E’ l’outsider e l’incognita di queste elezioni, il cui successo, o meno, influenzerà il voto di dicembre per il rinnovo della Duma. RG si autopropone come partito innovatore e di sinistra e, singolarmente, d’opposizione a RU, anche se mai Mironov ha negato il sostegno alla sua politica (sicuramente non socialista) dettata dal Presidente.
RU e RG, ormai, si fronteggiano nella campagna elettorale, scambiandosi accuse e denigrazioni. Molte autorità locali hanno abbandonato la prima per passare armi e bagagli alla seconda. Mironov si è professato “socialista”. Ha dichiarato pochi giorni fa: “Mai costruirò il capitalismo in Russia”. Stupefacente. Nel suo programma RG chiede politiche sociali più incisive di spesa, sussidi pubblici per lo sviluppo industriale, aumenti considerevoli di salari e pensioni (ma lo fanno tutti), l’imposta progressiva sui redditi al posto della flat tax putiniana del 13%, più una tassa speciale sul lusso.
Il compito del nuovo partito è quello di raccogliere i voti dei partiti di sinistra e dello scontento sociale. Sottraendoli ai comunisti e al partito (autenticamente) liberal-democratico Jabloko diretto dall’economista Grigorij Javlinskij, un protagonista della vita politica degli anni Novanta, uomo di grande onestà e cultura, alieno da populismi e demagogia, espressione della ultraminoritaria intelligentsija del Paese.
I due nuovi tavoli di Putin
Gli osservatori russi parlano di un’operazione di ingegneria politico-istituzionale condotta dall’amministrazione del Kremlino, al fine di formare, controllandolo, un sistema bipartitico, equilibrato sul centro destra (RU) e sul centro-sinistra (RG). Dovrebbero essere marginalizzati e destinati a scomparire gli altri partiti, a cominciare dai comunisti.
Altri partiti alla “prova generale
In 10 regioni su 14 si presenterà un partito nato da una recente scissione del PC, Patrioti di Russia, social-nazionalista e guidato da un miliardario ex-PC: Gennadij Semigin. In 9 regioni troveremo un partito di orientamento liberal-liberista: l’Unione delle forze di destra (SPS), anti-dirigista e anticentralista. Diretto ora dal giovane Nikita Belykh, è il partito dei protagonisti delle “riforme” degli anni Novanta, stimati e ascoltati in Occidente, ma impopolarissimi in Russia (Chubais, Gajdar, Nemtsov, Hakamada). Nelle politiche del 2003 l’SPS non superò lo sbarramento del 5%, perdendo, al pari di Jabloko, la rappresentanza alla Duma.
Jabloko è presente solo in 4 regioni. Per vizi formali, è stato escluso dal voto di San Pietroburgo, città in cui riceveva il 9% dei suffragi. Jabloko ha pagato l’opposizione al mega-progetto urbanistico di Gazprom-city, un compound del monopolio gasiero sormontato da un ‘ altissima torre di vetro, che altererà la classica fisionomia della Città di Pietro. Il progetto è sostenuto da Putin e dalla putiniana, vistosa governatrice Matveenko, detta “Valentina la Grande”.
Partiti minori – di orientamenti socialista, comunista operaista, nazional-populista ed ecologista sono presenti, ciascuno, in una o due regioni.
Regolamenti elettorali durissimi (decine di migliaia di firme per la presentazione delle liste, forti cauzioni) hanno filtrato al massimo i possibili concorrenti. In particolare a San Pietroburgo, dove, lo scorso 3 marzo, è stata brutalmente repressa dai corpi antisommossa (OMON) una manifestazione di strada di circa cinque-sette mila persone (un record) indetta da partiti e movimenti di opposizione extraparlamentare, uniti nella coalizione “L’Altra Russia”, guidata da personalità diversissime tra loro come l’ex campione del mondo di scacchi Kasparov (liberale), il leader nazional-bolscevico, scrittore e poeta Limonov nonché (sorprendetemente) l’ex-premier di Putin Kasjanov.
Il bottino dei partiti
Nel voto regionale hanno un ruolo specifico gruppi imprenditoriali e affaristici. Nelle regioni come Tjumen’ (gas e petrolio), Samara e Tomsk (petrolio), per esempio, è determinante l’appoggio delle grandi compagnie di gas e petrolio. In quella di Vologda, l’appoggio delle acciaierie Severstal’. A San Pietroburgo, quello delle grandi imprese industriali, commerciali e di costruzioni. In Dagestan (la cui vigilia elettorale è stata segnata da attentati e rapimenti a danno di candidati) conta l’appoggio dei gruppi etnici e clanici.
Sono rivelatrici le cifre, comunicate dalla Commissione elettorale centrale, circa i fondi raccolti dai diversi partiti per la campagna elettorale. La loro denuncia è obbligatoria.
Russia Unita 21 milioni
In alcune regioni si vota con lo stesso sistema proporzionale con sbarramento elevato al 7%, adottato per le future politiche. In molte circoscrizioni sarà sperimentato per la prima volta il voto elettronico.
Si prevede un’affluenza non superiore a quella delle regionali di un anno fa, il 36%. Il che la dice lunga sull’interesse che i russi dimostrano per questa prova, dominata dalle élite centrali e locali di potere, economico e politico-amministrativo. Sono loro che controllano i media e sovvenzionano la propaganda elettorale.
Javlinskij, sconsolato, ha parlato di “pseudo elezioni”, in “stile sovietico”. I target di Russia Unita, non a caso, è del 44%. Resta l’incognita del “Partito del Potere n. 2”, Russia Giusta, che tanti vedono volare di colpo al 20-25%. Un miracolo russo o un gioco delle parti ?
APPENDICE Soggetti federali dove si vota: San Pietroburgo (città), Repubbliche di Komi e Dagestan, regioni di Leningrado, Mosca, Murmansk, Omsk, Orjol, Samara, Pskov, Stavropol, Tomsk, Tjumen’ e Vologda.