La Croce quotidiano – 5 febbraio 2016
Alberto Caturelli, filosofo dall’Argentina, mette in discussione uno dei “mammasantissima” della post-modernità, dal quale ci stanno derivando, tra le altre cose, relativismo e “nuovi diritti”. Oltre, naturalmente, alla distruzione dell’identità mediante l’erosione dell’istituto famiglia
Giuseppe Brienza
Dalla “Biblioteca di studi conservatori” diretta da Oscar Sanguinetti, dopo “Essere conservatore” di Roger Scruton (ve ne abbiamo scritto qualche giorno fa, cfr. Essere conservatore oggi. Scruton, in “La Croce quotidiano”, 22 gennaio 2016, p. 6), traiamo oggi un’altra interessante proposta. Il titolo del libro, anche in questo caso, è molto politicamente scorretto: “Esame critico del liberalismo come concezione del mondo” (D’Ettoris Editori, Crotone 2015, pp. 186, € 18,90) e, l’Autore, secondo i canoni attuali, anche peggio.
Un teologo recentemente scomparso della levatura di padre Battista Mondin (1926-2015), l’ha così definito: «fermamente convinto della bontà e del valore della “filosofia cristiana”, cioè di quella filosofia che la ragione umana è in grado di elaborare lasciandosi fecondare dal Logos della Rivelazione» (Battista Mondin s.x., Alberto Caturelli, in Dizionario enciclopedico di filosofia, teologia e morale, Massimo, Milano 1989, p. 130).
Stiamo parlando del filosofo argentino Alberto Caturelli, nato a Cordoba nel 1927, professore emerito di filosofia del diritto nell’università di Cordoba dal 1956 e, dal 1975,
rettore del medesimo ateneo. Organizzatore e presidente del “Primo Congresso Mondiale di Filosofia cristiana” in tempi di pieno sbandamento post-conciliare (1979), Caturelli è stato nel secondo Novecento, assieme ad altri pensatori come Octavio Nicolás Derisi (1907-2002), uno dei massimi patrocinatori della “filosofia cristiana” in America Latina. Con questa definizione, nei suoi punti essenziali, l’obiettivo è uno solo: ritornare alla filosofia perenne di San Tommaso d’Aquino. La “filosofia cristiana”, infatti, dispensa «verità definitive sul mondo, sull’uomo e su Dio. Per questi motivi Caturelli rivendica ad essa una presenza costante nella storia, anche se i suoi compiti non sono sempre gli stessi, ma variano di epoca in epoca» (B. Mondin, op. cit.).
Il Nostro ha scritto una quarantina di saggi filosofici, fra cui i più significativi sono L’uomo e la storia. Filosofia e teologia della storia (1959) e Lezioni di metafisica (1964). Con “Esame critico del liberalismo come concezione del mondo” mette a frutto riflessioni di storia della filosofia che ha svolto in oltre mezzo secolo sul fenomeno del liberalismo moderno. Caturelli vi pone il problema centrale che, la dottrina liberale, comporta se portata alle sue conseguenze ultime alla limpida coscienza cattolica e di tutti coloro che intendono rimanere fedeli al pensiero classico-metafisico.
Rifacendosi al Magistero pontificio degli ultimi due secoli, il filosofo argentino svolge una serrata critica al liberalismo radicale, al liberalismo moderato ed al “clerico-liberalismo” – o “liberalismo cattolico” -, i quali proclamano tutti l’autosufficienza della ragione, dell’ordine umano contrapponendolo a quello che deriva dalla Rivelazione. Dall’insegnamento sociale della Chiesa Caturelli non trae una ricetta tecnica di politico-economica, ma un’applicazione della morale cristiana alla società ed al suo ordinamento politico.
Al saggio è annesso il testo di un documento dottrinale e pastorale dei vescovi dell’Ecuador, molto chiaro e efficace anche se vecchiotto (è del 1885), che è direi sconosciuto al pubblico italiano. Ma rappresenta un valido esempio dell’atteggiamento del Magistero cattolico del tempo, quello in cui fu maggiore l’influenza politica liberale negli ordinamenti nazionali, nei confronti dell’ideologia liberale.
Nella “Lettera pastorale che i vescovi dell’Ecuador riuniti in Concilio Provinciale indirizzano ai loro fedeli diocesani”, leggiamo chicche come questa: «il liberalismo è l’errore capitale delle intelligenze e la passione dominante del nostro secolo; forma come un’atmosfera infetta che avvolge d’ogni donde il mondo politico e religioso ed è il pericolo supremo della società e dell’individuo. Nemico gratuito, ingiusto e crudele della Chiesa cattolica, assomma in svariati modi tutti gli elementi distruttivi e mortali per proscriverla dalla terra; falsa le idee, corrompe i giudizi, adultera le coscienze, snerva i caratteri, accende le passioni, soggioga i governanti, solleva i governati, e, non contento di estinguere, se possibile, la fiaccola della Rivelazione, si affretta a spegnere, incosciente e insolente, il lume stesso della ragione naturale» (p. 146).
Dal canto suo Caturelli, siccome la “filosofia cristiana” propone al mondo moderno dominato dalla massificazione e dall’efficientismo un’alternativa di stampo metafisico e personalistico, non poteva mancare nella sua disamina una consequenziale e ferma critica all’antropologia ed alla “vulgata” liberale. Da quest’ultimo punto di vista soprattutto quella che vorrebbe accreditare una uguaglianza fra liberalismo e democrazia.
Tutt’altro! Come scrive fin dall’inizio del libro il filosofo argentino, «se il liberalismo, in concreto, propugna la “democrazia liberale” come espressione politica genuina della sua visione del mondo, da ciò non consegue che il regime democratico s’identifichi con la democrazia liberale. Al contrario, in questo studio mi permetterò di sostenere che la vera democrazia è antiliberale e organica, e che il regime liberale è di suo antidemocratico» (p. 35). Certo e, ne sono convinto, buona parte della generazione nata negli anni Settanta, quella cioè “sopravvissuta” al divorzio, all’aborto, ed alla droga, sarà grata a Caturelli per quello che, quasi da solo, ha il coraggio di “proclamare dai tetti” ancora oggi.