di Jim Russell
La scrittrice “gay cattolica” Eve Tushnet l’ha fatto ancora. In un commento del 24 Ottobre sul Washington Post in cui prosegue nella sua lunga storia di promozione dell’“amore omosessuale”, si chiede nel titolo del pezzo “Cosa pensa esattamente Papa Francesco in merito all’amore omosessuale?” per affermare successivamente che “l’insegnamento cattolico proibisce il matrimonio ma non l’amore tra due persone dello stesso sesso”.
“Amore omosessuale” è un termine che non sembra preoccupare nessuno in ambito secolare o culturale, ma dovrebbe suscitare molta attenzione tra i cattolici. Dietro di esso si cela infatti un vaso di Pandora pieno di confusione, errori, e irrealtà. I cattolici dovrebbero affrontare di petto questo concetto di disarmante ambiguità, e fare chiarezza sul fatto che in nessun modo la dottrina lascia spazio ad un tale ingannevole cavallo di Troia, il quale piuttosto minaccia l’insegnamento della Chiesa su amore e sessualità.
Gli scritti della Tushnet costituiscono una specie di punta di diamante nella propaganda per rendere popolare questa falsa categoria di amore; recentemente, il 4 settembre, ha pubblicato un commento sul Catholic Herald esponendo lo stesso pensiero, dicendo ai lettori che questo è ciò che i “cristiani gay” desiderano e per il quale la Scrittura offre dei “modelli”.
Ma la Tushnet non è la prima ad asserire che esiste questa cosa chiamata “amore omosessuale”; non è che una tra tante voci di cattolici che hanno affermato lo stesso concetto, tutti ex-collaboratori del blog ora dormiente “Spiritual Friendship” (Amicizia Spirituale).
Cosa sperano di veicolare la Thusnet e gli altri ex-colleghi scrittori con questo termine? Di quale tipo di amore si tratta: philia, eros o agape? Qualcosa di nuovo? Questo è il problema centrale dell’“amore omosessuale”; si tratta di qualcosa di elastico e indefinito, che nasconde l’errore fondamentale di pensiero secondo il quale l’identità gay, e almeno alcune delle attrazioni e desideri associati all’omosessualità, possono essere normalizzate e persino incoraggiate.
L’errore è meglio illuminato dallo scritto del cattolico co-fondatore di “Spiritual Friendship” Ron Belgau, che usa il termine “amore omosessuale” in un articolo del 2018 su Public Discourse, definendo l’omosessualità sia come una perversione del matrimonio che come una perversione dell’amicizia. Ma qua nasce il problema.
L’omosessualità non è definita dalla Chiesa come una perversione del matrimonio e dell’amicizia, o di ogni altra forma di amore, ma come la perversione di una delle inclinazioni naturali date da Dio alla natura umana e che sussiste in tutti gli esseri umani; l’unica e la sola inclinazione sessuale.
L’errore centrale qua è che l’inclinazione sessuale decisamente non è una forma o espressione dell’amore stesso. L’amore necessita dell’esercizio della volontà umana, mentre l’inclinazione sessuale esiste indipendentemente dalla volontà. È parte dell’umana natura, ed è “antecedente” ad ogni tipo di amore. Questo fatto fu esplicitamente riconosciuto da Karol Wojtyla nel suo lavoro “Amore e responsabilità” del 1960, nel quale dedicò un intero capitolo iniziale all’inclinazione sessuale, prima ancora di cominciare a discutere di amore umano.
Belgau, Tushnet, e altri autori di “Spiritual Friendship” non sembrano comprendere questa realtà di base. Piuttosto essi ricavano una visuale dell’omosessualità da quanto percepiscono di vero nel concetto di “amore eterosessuale”, l’amore complementare tra maschio e femmina, l’eros. In un post su “Spiritual Friendship” nel 2016, Belgau contrappone direttamente “desiderio omosessuale” con “amore omosessuale” (amicizia).
Il ragionamento sembra essere questo: siccome esiste la categoria di “amore eterosessuale” (eros), così come esistono “desiderio eterosessuale” e “desiderio omosessuale”, allora deve per forza esistere anche la categoria di “amore omosessuale”. Ma si tratta di una falsa inferenza che semplicemente porta all’invenzione di un tipo di amore non esistente, un “eros omosessuale”, il quale non ha precedenti nelle nostre categorizzazioni dell’amore stesso.
L’errore sta nel fatto che il “desiderio omosessuale” (che costituisce l’omosessualità) non è una perversione dell’amore (sia esso eros o philia), ma una perversione dell’inclinazione sessuale (Wojtyla la riconosce come tale perversione in “Amore e Responsabilità”). Questo è esattamente il caso di “desiderio omosessuale”.
Semplicemente, non esiste un’alternativa morale all’eros di tipo eterosessuale: è un’unica forma di amore necessariamente ed esclusivamente complementare.
Ma aspetta – potreste dire – non ha Belgau voluto dire che l’“amore omosessuale” è una forma di philia anziché di eros? Sì, ma qua ancora incontriamo la qualità scivolosa dell’idea sostenuta da Tushnet e dai suoi affini amici scrittori che continuamente usano il termine “amore omosessuale” con riferimento ai vari livelli di attrazione verso lo stesso sesso (che essi definirebbero come eros), continuando contemporaneamente e in modo contraddittorio ad inquadrare questa attrazione nel contesto di philia, amicizia.
“Amore omosessuale” dal loro punto di vista denota una attrazione verso lo stesso sesso che in qualche modo può essere santificata come forma di amicizia, nonostante derivi intrinsecamente e sia associata ad una inclinazione disordinata. Belgau dice ancora di più in uno scambio su Twitter del 2018, dove gli viene chiesto se queste attrazioni omosessuali santificabili siano una specie di “eros casto” o altre forme di amore amicale, philia.
Egli risponde: “Vorrei dire un tipo di philia, ma non penso che l’amore si possa dividere nettamente in categorie come la domanda suggerisce”. Un’altra ex collaboratrice di “Spiritual Friendship”, Melinda Selmys, offre un intero post su quest’argomento dal titolo “La fluidità di Eros e Philia”, nel quale dice che “le barriere da noi create tra eros e philia sono artificiali”.
Questo punto di vista è ulteriormente ampliato da altri ex collaboratori come Aaron Taylor, il quale conferma le categorie di “eros omosessuale”, e Chris Damian, che tenne una presentazione alla conferenza dall’infelice titolo “Gay in Cristo” presso Notre Dame nel 2014 su come l’“eros omosessuale” possa esistere senza essere “disordinato”.
La Tushnet e gli altri di “Spiritual Friendship” hanno a lungo sostenuto questa idea secondo la quale gli atti omosessuali sono proibiti, cercando però di giustificare ogni altra esperienza di attrazione per lo stesso sesso che essi considerano essere espressione casta di tale attrazione. La pistola fumante tuttavia è la loro insistenza sul fatto che l’amore da essi desiderato sia necessariamente dello stesso sesso.
Non è alla pura amicizia che essi sono interessati, che potrebbe riguardare sia persone dell’altro sesso che del proprio; piuttosto il loro desiderio è chiaramente e inestricabilmente radicato nell’esperienza dell’inclinazione omosessuale oggettivamente disordinata.
L’intero progetto di “Spiritual Friendship” era dedicato alla comprensione di quest’unico “dono” dell’attrazione per lo stesso sesso la quale consente loro di fare esperienza profonda e intima di “amore omosessuale”; cosa che la Tushnet più recentemente ha affermato essere un progetto che la Chiesa stessa dovrebbe supportare e incoraggiare per quei cattolici che vogliono “rimanere gay”.
Ma come può la Chiesa appoggiare una nuova categoria di “amore” che è inevitabilmente radicata nel disordine dell’attrazione omosessuale? Non può. Sebbene l’“amore omosessuale” si dimostra essere un falso graal, la Tushnet e gli altri insistono che la Chiesa dovrebbe abbracciarlo perché la Scrittura fornisce la sua benedizione e la sua approvazione, con l’esempio dell’“amore omosessuale” tra Davide e Jonata, tra Ruth e Noemi.
Secondo la scrittrice questi esempi sono “forme di amore e legame che non richiedono matrimonio o esercizio della sessualità” e aggiunge che “molta gente vuole che il Papa parli del desiderio dei gay di formare una famiglia, bramando per il riconoscimento che essere gay è qualcosa di più di un desiderio sessuale”.
La Tushnet sembra ignorare il fatto che la Chiesa Cattolica insegna il contrario del suo punto di vista, precisamente perché sia il magistero che la legge naturale rendono chiaro che la realtà del legame familiare e di parentela si stabiliscono solo e unicamente tramite matrimonio e relazioni sessuali procreative.
Il “desiderio di casa, cura, dedizione, impegno; di un amore che non si sottrae al sacrificio” che la scrittrice dice fare parte dell’esperienza delle persone che provano attrazione per lo stesso sesso, è in realtà radicata nella stessa natura umana nella quale è radicata la strada donata da Dio per raggiungere queste buone cose; attraverso l’unione coniugale procreativa di un uomo e di una donna.
“La famiglia”, semplicemente non esiste in nessun altro modo. Le famiglie si formano attraverso il matrimonio e la sessualità, non al di là di questi. Su questo obiettano, vedendo negli esempi sopra menzionati dell’Antico Testamento evidenze di attrazione omosessuale che devono essere considerate attrazioni sante.
La scrittrice pensa che una distinzione debba essere fatta tra queste attrazioni sante e attrazioni che manifestano desideri disordinati per intimità fisica e sessuale. Non sembra comprendere la semplice verità che tali legami di amore nell’Antico Testamento esistano indipendentemente dal fatto biologico che gli amici siano dello stesso sesso, non a causa del fatto che gli amici trovino in qualche modo attraenti altri amici dello stesso sesso.
Invece la Tushnet sostiene che le attrazioni disordinate di questo tipo possano essere rese moralmente accettabili senza cambiare l’“oggetto” dell’inclinazione dallo stesso all’altro sesso, ma cambiando piuttosto il “modo di esprimere” questa attrazione. C’è un’altra via per rendere ordinato il desiderio: stesso oggetto, diversa espressione. La gente che desidera un amore omosessuale e la sua intimità può essere incoraggiata ad apprendere come fare, visto che è buono, santo, e magnifico. Questo è semplicemente illusorio.
Non c’è proprio modo di “sbrogliare” alcune esperienze di attrazione radicate nell’inclinazione omosessuale pretendendo che siano esenti da quel disordine, quando proprio la definizione di “oggettivamente disordinate” significa che nei fatti non possono essere ordinate, e quindi non possono essere espresse verso qualcuno del medesimo sesso.
Sfortunatamente, il desiderio omosessuale espresso dalla Tushnet rimane un fuorviante tentativo di ricavare qualcosa di “ordinato” da una disordinata inclinazione, tramite una distorta comprensione di cosa sia l’omosessualità stessa. L’amore esiste; l’attrazione omosessuale esiste; l’attrazione eterosessuale esiste. Ma l’amore omosessuale non esiste.
Per citare il cantautore Rich Mullins: “puoi discutere col tuo Creatore, ma sai che non potrai mai vincere”.
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Fonte: Traduzione dell’articolo Is “same-sex love” really a thing? di Jim Russell pubblicato su Catholic World Report il 27 ottobre 2020