Discorso di Giovanni Paolo II ai partecipanti a un convegno europeo di dottrina sociale della Chiesa promosso dal Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, del 20-6-1997.
Lo ricorda chiaramente il Concilio Vaticano II, che nella Gaudium et spes afferma: «I doni dello Spirito sono vari: alcuni li chiama a dare testimonianza manifesta della dimora celeste col desiderio di essa, contribuendo così a mantenerlo vivo nell’umanità; altri li chiama a consacrarsi al servizio degli uomini sulla terra, così da preparare attraverso tale loro ministero la materia per il Regno dei cieli» (n. 38).
In questa prospettiva, la formazione all’impegno sociale appare come lo sviluppo di una spiritualità cristiana autentica, chiamata per sua natura ad animare ogni umana attività. Suo elemento essenziale sarà lo sforzo di vivere la profonda unità tra l’amore di Dio e l’amore del prossimo, tra la preghiera e l’azione. […] Un’adeguata formazione all’impegno sociale pone una duplice e unitaria esigenza: quella di conoscere a fondo la dottrina sociale della Chiesa, da una parte, e quella di saper discernere in modo concreto, dall’altra, le incidenze del messaggio evangelico sulla piena realizzazione dell’uomo nelle diverse circostanze della sua esistenza terrena.
Tale duplice esigenza si fa particolarmente pressante se si considera la tematica dello sviluppo […]. In effetti, gli attuali processi di globalizzazione economica, pur presentando molteplici aspetti positivi, manifestano anche preoccupanti tendenze a lasciare ai margini dello sviluppo i paesi più bisognosi e persino intere aree regionali.
E’ soprattutto il mondo del lavoro dipendente a dover affrontare le conseguenze, spesso drammatiche, di imponenti cambiamenti nella produzione e nella distribuzione dei beni e dei servizi economici. Il settore più avvantaggiato nei processi di globalizzazione economica sembra essere quello comunemente chiamato “privato” per il suo dinamismo imprenditoriale. La dottrina sociale della Chiesa gli riconosce certamente un significativo ruolo nella promozione dello sviluppo, ma ricorda, al tempo stesso, a ciascuno la responsabilità di agire sempre con viva sensibilità per i valori del bene comune e della giustizia sociale.
La mancanza a livello internazionale di adeguate strutture, di regolamentazione e di indirizzo dell’attuale processo di globalizzazione economica non diminuisce la responsabilità sociale degli operatori economici, impegnati in tale contesto. La situazione delle persone e delle nazioni più povere chiama ciascuno ad assumere le proprie responsabilità, perché siano create senza indugi condizioni propizie di autentico sviluppo per tutti.
I popoli hanno diritto allo sviluppo: sono, pertanto, le forme di organizzazione delle forze economiche, politiche e sociali e gli stessi criteri di distribuzione del lavoro fin qui sperimentati che hanno bisogno di essere rivisti e corretti in funzione del diritto al lavoro che ciascuno ha nel quadro del bene comune. Il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace continua a tenere viva questa urgente necessità, entrando in un dialogo chiarificatore con qualificati rappresentanti delle diverse categorie economiche e sociali, come gli imprenditori, gli economisti, i sindacalisti, le istituzioni internazionali, il mondo accademico