[Didaché IV, 2; CN ed., Roma 1978, pag. 32]
Quelli che si chiamano Eusebio (sempre che ne sia rimasto qualcuno) magari pensavano che bastasse volgere al femminile il loro nome per imporlo alla nipotina, previo combattimenti all’arma bianca con la nuora. Invece, esultino; una santa di nome Eusebia esiste, ed eccola qui.
Pare si tratti di una badessa marsigliese vissuta nel secolo IX. Il suo monastero sorgeva sulle rive del fiume Huveaune, vicino alla foce. Purtroppo, il sito era adattissimo alle incursioni saracene, che non mancavano mai sulle coste europee del Mediterraneo.
Attorno a Eusebia e alle sue quaranta compagne è sorta una leggenda che, tuttavia, non sappiamo quanto sia leggendaria. Da quelle parti, le quarantun sante sono popolarmente dette «nez de moins», cioè «naso in meno». Infatti erano senza naso. Come mai?
Sembra che la santa abbia dato l’esempio tagliando stoicamente il suo, subito imitata dalle sue monache. Il problema, per quelle religiose, era costituito dal saraceni, come si è detto. I quali, oltre a essere pirati, rapitori, ladri, assassini e vandali, erano anche stupratori, e provavano un particolare gusto nel profanare le vergini cristiane consacrate.
Da qui l’idea, per quelle donne, di rendersi esteticamente repellenti per evitare, se non la morte, almeno l’oltraggio. Arrivarono, effettivamente, i saraceni, e assalirono il monastero. Ma non ebbero lo stomaco di violentare quelle quarantuno sfregiate. Saccheggiarono il saccheggiabile, poi diedero fuoco a tutto.
Ma, avendo capito che quell’automutilazione era stata ideata a loro esclusivo beneficio, si vendicarono passando a fil di spada tutte le monache.
il Giornale