di Massimo Introvigne
“La famiglia nasce da un dato naturale, e non possiamo reinventarla a nostro piacimento”. Lo dice Massimo Introvigne, sociologo e opinionista, alla vigilia del VII incontro mondiale delle famiglie, che comincerà mercoledì prossimo a Milano per concludersi con la messa che Benedetto XVI celebrerà domenica 3 giugno all’aeroporto di Bresso.
“Uno dei grandi insegnamenti di Benedetto XVI” spiega Introvigne “è che non si può dissociare la crisi economica dalla crisi morale. Sono sempre collegate e si rinviano l’una all’altra, non lo dobbiamo mai dimenticare. Detto questo, solo uno stolto negherebbe che esista una crisi economica che influisce negativamente sulla famiglia anche perché pochi governi, nonostante le declamazioni di principio, considerano davvero la famiglia una priorità”.
Dove sta invece la crisi culturale che sarebbe tutt’uno con la crisi economica?
È una crisi che viene da lontano ed ha le sue radici nell’illuminismo. Pensiamo alle polemiche di Rousseau sulla famiglia come luogo in cui ai bambini vengono trasmesse superstizioni e cattive idee. Già allora si cominciò a mettere in discussione i legami organici.
Oggi quando parliamo di famiglia dobbiamo ormai specificare che si tratta di famiglia tradizionale, oppure dire che intendiamo la famiglia costituita di uomo e donna. Non è già una dato eloquente sul quale riflettere?
Nemo repente fit pessimus, dicevano i medievali: nessuno arriva al fondo dell’abisso immediatamente. È l’esito di un processo, che annovera tre tappe. Comincia con il primato dell’individuo sulla famiglia dell’illuminismo, poi dello Stato sulla famiglia delle ideologie totalitarie del XX secolo. In fondo al tunnel c’è la negazione: la famiglia non è una realtà ma un’invenzione culturale che ognuno è libero di rifare a proprio piacimento.
Un’invenzione, dice?
Sì. Se qualcuno vuole importare la poligamia in occidente, è libero di farlo; chi vuol fare coppia omosessuale, ne ha pari diritto; fino all’ultimo caso, che viene dalla Germania, nel quale ci si appella alla Corte europea chiedendo l’ammissibilità dell’incesto. È l’estremo, drammatico approdo cui si giunge quando la realtà delle cose viene dissolta. In modo coerente, la nozione di famiglia tradizionale è semplicemente superata.
Guardiamo la nostra storia. Cosa ha rappresentato il ’68 per la famiglia italiana?
La premessa indispensabile per il terzo passaggio che ho descritto. Essa si verifica quando la cultura marxista presente nel Paese ha già ampiamente articolato il suo attacco alla famiglia come prima depositaria dell’educazione dei figli, delegandone il ruolo allo Stato. Questa concezione subordinava la famiglia alla collettività, nondimeno le riconosceva ancora un valore in sé. Invece con la “fantasia al potere” inizia una nuova fase: con la rivoluzione sessuale la famiglia “di prima” è nient’altro che un freno alla manifestazione libera del desiderio. Questo approccio sarà sviluppato in modo coerente nei venti anni successivi, basti pensare ai Pacs in Francia.
Il desiderio di cui parla la rivoluzione sessuale è lo stesso desiderio che il Catechismo della Chiesa cattolica dice essere proprio del cuore di ogni uomo?
Credo che Luigi Giussani abbia scritto pagine molto belle su questo tema, prendendo le mosse, e non è un caso, da una delle parole più controverse della crisi che si era determinata in quegli anni. Il desiderio più profondo che l’uomo, tutti gli uomini, si portano dentro è il desiderio di Dio, il desiderio della Gerusalemme celeste. È uno dei grandi insegnamenti di Sant’Agostino più citati dall’attuale Pontefice. Nel desiderio, tipico di un amore vero e pieno, di essere perfettamente soddisfatti − il che sul piano dell’amore fisico si rivela impossibile − può darsi che ci sia il desiderio originale della Gerusalemme celeste. L’uomo però deve saperlo e comprenderne le radici; se questo non avviene, allora quel desiderio dell’altro minaccia di divenire autodistruttivo.
Si può dire cos’è la famiglia facendo a meno del concetto di natura?
Direi proprio di no. È possibile naturalmente mantenere la parola “famiglia”, dando però ad essa significati completamente nuovi. La famiglia nasce da un dato naturale che non siamo liberi di inventare. Qui le strade divergono: per il credente tale dato è creato, iscritto in un disegno di Dio sull’universo, per un non credente tale disegno non c’è e, coerentemente, quel dato diviene modificabile. La differenza e la complementarità fra l’uomo e la donna appartengono a questo dato originale.
Che cosa intende per “dato originale”?
Possiamo cambiare molte cose, ma non possiamo cambiare il semplice fatto che un giorno siamo nati, cioè che non ci siamo fatti da soli. Come non possiamo cambiare − fino ad oggi, ma penso mai − il fatto che un giorno dovremo morire. Un altro dato originale è il fatto che mentre il piccolo di tante specie animali, lasciato solo, per qualche ora sopravvive, il piccolo d’uomo, nelle stesse condizioni, muore; quindi bisogna che ci sia una istituzione la quale garantisce che non sia lasciato solo ma accudito, e per molti anni sia accompagnato verso lo sviluppo. È suggestivo che da questa riflessione nasca una scienza nuova, la sociologia.
L’immoralismo della rivoluzione sessuale in Italia è mai diventato epoca?
Da sociologo vedo le statistiche sull’abbassamento del primo rapporto sessuale dichiarato, sull’abbassamento dell’età delle gravidanze prematrimoniali, sull’aumento delle convivenze prima e fuori dal matrimonio. Posso senz’altro dire che è diventato epoca nel periodo successivo. Aiutato da un perverso intreccio tra il costume e la legge, perché certamente le leggi sul divorzio e sull’aborto hanno interagito con il costume e in qualche modo lo hanno anche prodotto.
Sono gli anni del socialismo rampante. In Italia il socialismo è stato solo la cultura di un partito di governo?
È curioso come la cultura del socialismo italiano, anche quello che Craxi ci abituò a considerare simpatico per il suo moderatismo rispetto al comunismo sovietico, veicoli al proprio interno la posizione di Turati. Il padre del socialismo italiano rivolge alla famiglia una critica di stampo libertino che mette insieme il peggio dell’ideologia marxista e il peggio dell’ideologia illuminista.
Questo ha avuto conseguenze sul piano della mentalità?
Non c’è dubbio che grazie anche alla cultura del Psi si affermò e si diffuse una forte critica agli stili di vita e alla morale tradizionale. Essa costituì in tal modo un efficientissimo acceleratore della società edonistica. Oggi si è andato ben oltre, tanto che consideriamo retroguardie alcuni esponenti di quel mondo politico; ma allora, rispetto alla morale tradizionale, l’impatto fu devastante.
Anni, fa, in alcuni saggi, lei mostrò il nesso tra gnosi e socialismo in tema di famiglia e di morale sessuale. Esiste una ispirazione gnostica nel modo in cui il rapporto uomo donna è vissuto oggi?
Se ne possono vedere gli effetti nel ritenere − non importa quanto consapevolmente − che la procreazione, ma anche il rapporto uomo-donna, sono male, perché il male del mondo, per la gnosi, coincide con l’esistenza di individualità distinte, la cui moltiplicazione agevola la caduta dal mondo delle idee e dell’uno-tutto, il Pleroma, che è buono, in quello del mondo materiale che è cattivo.
E queste antiche dottrine arrivano fino a noi?
Non dimentichiamo che tanti elementi gnostici hanno affascinato parte della cultura del 900, in ambito marxista e psicanalitico. Si ricorda quando Paul Ricœur parlava dei “maestri del sospetto”? Giovanni Paolo II riprese quella espressione di Ricœur per indicare i principali fautori della gnosi moderna, Marx, Nietszche e Freud. Questi sono i “nonni” dei quali gli attuali esponenti della filosofia di genere sono i nipoti, anche se non giurerei che questi ultimi abbiano le categorie culturali necessarie per essere all’altezza di questi temi. E tuttavia ne rimangono influenzati.
“Maestri del sospetto”, dunque. Sospetto di e su che cosa?
Sospetto su tutto ciò che in Europa e in occidente è tradizionale e cristiano.
Siamo nel postmoderno, dove tutte le ideologie si equivalgono. Quali sono le sfide con cui si misura la famiglia oggi?
Io non penso che il problema della famiglia possa essere disgiunto da una serie di altri problemi di ordine culturale e morale. La rivoluzione culturale che dal ’68 arriva ai giorni nostri e che attacca i giovani, l’individuo, la famiglia, lo Stato, l’arte, la religione, rende la sfida globale. Quando anche introducessimo il quoziente familiare, al quale sono peraltro assolutamente favorevole, e avessimo rinunciato ad affrontare la crisi culturale che ancora ci avvolge avremmo comunque perso.