11 agosto 2014
di Riccardo Cascioli
«Noi non possiamo tacere», è il titolo del comunicato con cui i vescovi italiani invitano a dedicare il 15 agosto, solennità dell’Assunzione della Vergine Maria, alla preghiera per i cristiani perseguitati, in particolar modo per quelli dell’Iraq. È un appuntamento a cui aderiamo con convinzione: ciò che sta avvenendo è una tragedia probabilmente senza precedenti nella storia, se è vero che in queste settimane è stata cancellata in Iraq la presenza di una delle più antiche comunità cristiane che pure per quasi duemila anni aveva superato indenne (o quasi) tutti i marosi della storia. Peraltro è anche la comunità che parla ancora la stessa lingua di Gesù, l’aramaico, così che la cacciata assume anche un ulteriore valore simbolico.
Aderiamo dunque con convinzione. Ma mentre ringraziamo la Conferenza episcopale per questa occasione che ci offre, non possiamo non provare anche un certo disagio proprio leggendo il comunicato: perché quel titolo iniziale – «Noi non possiamo tacere» – viene clamorosamente contraddetto dal contenuto, che riflette peraltro un terribile equivoco di cui sembra vittima la Chiesa, ma più in generale gran parte del mondo occidentale.
Ovvero si tace l’identità dei persecutori, non si vuole vedere chi sono davvero i carnefici e perché lo fanno. È una sorta di denuncia contro ignoti, pur avendo benissimo gli strumenti e le conoscenze per identificare i colpevoli. Nel comunicato si parla di cristiani perseguitati, scacciati, uccisi; si parla di Iraq e Nigeria; ma poi si fa riferimento a non meglio precisati terroristi e, più avanti, a integralisti. Fine. Ma chi sono costoro? Chi vuole l’eliminazione dei cristiani in Iraq, Nigeria e nella maggior parte dei paesi in cui i cristiani sono perseguitati?
Ecco, si ha paura a dire che si tratta di islam, che i persecutori sono islamici. E non riguarda solo il comunicato della Cei, è un fatto generalizzato, nella Chiesa e nelle nostre società occidentali. Un esempio: due anni fa in Inghilterra è stato scoperto che dei fondamentalisti islamici avevano elaborato una strategia, già in fase avanzata di realizzazione, per prendere il controllo – ovvero islamizzare – alcune scuole statali a Birmingham. Da qui è suonato l’allarme, ma la cosa che è poi emersa è che le autorità locali avevano capito già da tempo quanto stava accadendo, ma non avevano detto nulla per evitare di offendere i musulmani.
Ecco il dramma: si ha paura di offendere i musulmani. E quando si è proprio costretti a dire che i carnefici sono islamici, ci si affretta immediatamente ad aggiungere che però si ha a che fare con frange radicali che tradiscono il vero islam, che invece sarebbe una religione di pace. Ed ecco l’equivoco in cui si tiene l’opinione pubblica occidentale: si sta facendo credere che i casi dell’Iraq, della Siria, della Nigeria siano opera di gruppi tutto sommato circoscritti, che usano la religione contro lo stesso islam. E a questo scopo si dà uno sproporzionato risalto ai casi di musulmani che difendono i cristiani o che prendono posizione contro quanto sta combinando l’Isis in Iraq. Giusto fare emergere anche queste storie e valorizzarle, ma non a scapito della realtà.
È vero che ci sono tantissimi musulmani che desiderano vivere in pace, che ci sono alcuni che hanno dato anche la propria vita per difendere i cristiani in Iraq e che sono tanti a non volere i fondamentalisti dell’Isis o i nigeriani di Boko Haram. Ma non si può fare finta che non ci sia un problema con l’islam.
È un approccio errato sia dal punto di vista concettuale sia storico. Concettuale: sostenere che «il vero islam rifiuta la violenza» è un pio desiderio, non la realtà. Come ha scritto l’islamologo padre Samir Khalil Samir: «Che la maggioranza dei musulmani possa essere contraria alla violenza, può anche darsi. Ma dire che “il vero islam è contrario ad ogni violenza”, non mi sembra vero: la violenza è nel Corano». E spiega: «Nella sua vita, Maometto ha fatto più di 60 guerre; ora se Maometto è il modello eccellente (come dice il Corano 33:21), non sorprende che certi musulmani usino anche loro la violenza ad imitazione del Fondatore dell’Islam».
Il fondamentalismo, oggi ampiamente dominante nel mondo islamico anche se in diverse versioni, è dunque semplicemente la riproposizione del modello maomettano. È vero che ci sono nel mondo islamico studiosi, intellettuali che propongono una reinterpretazione del Corano in chiave spirituale, sottolineando la storicità di certi contenuti legati al mondo arabo al tempo in cui è nato l’islam, ma si tratta di un fenomeno oggi ancora nettamente minoritario. E comunque non si può continuare a far finta di avere a che fare con un islam che in realtà non esiste.
Una seconda questione che viene sottovalutata è la mancanza di una autorità nell’islam. Ogni imam, ogni muftì, in fondo rappresenta se stesso e chi lo segue, non c’è un interlocutore riconosciuto che possa parlare a nome almeno di una parte riconoscibile del mondo islamico. Questo rende velleitario qualsiasi tentativo di un “dialogo” con l’islam, il dialogo come lo si intende comunemente è semplicemente impossibile. È possibile invece – e auspicabile – un rapporto con i singoli musulmani, e di questo sono segno i casi citati di islamici iracheni a difesa delle abitazioni dei cristiani. Ma è comunque una realtà che spazza via un certo irenismo che va di moda in ambienti cattolici.
La mancanza di un’autorità religiosa riconosciuta fa sì che allora all’interno del mondo musulmano diventino decisivi i rapporti di forza tra diverse correnti. E oggi dominano i gruppi fondamentalisti, anche grazie alla loro organizzazione.
E qui arriviamo all’errore “storico” che anche nella Chiesa si fa: il fondamentalismo islamico che vediamo all’opera in Medio Oriente e in Africa non riguarda solo quelle regioni, ma ce l’abbiamo anche in casa e in costante crescita. Lo rivelano anzitutto gli ormai innumerevoli casi accertati di combattenti in Siria e Iraq partiti dall’Europa. Non ci si faccia illusioni: non appena la situazione si stabilizzerà in quelle regioni torneranno in Europa per proseguire la stessa guerra.
Non solo: ci sono altre associazioni islamiche, legate o comunque vicine ai Fratelli musulmani, che pur presentandosi in modo diverso condividono lo stesso progetto del Califfato. Arrivandoci in altro modo, dal basso e gradualmente, ma l’obiettivo è lo stesso. Conquistare l’Europa è un obiettivo sempre più spesso dichiarato pubblicamente. E sono le associazioni e le personalità che più vengono scelte come interlocutori sia dalle autorità ecclesiastiche sia da quelle civili. In pratica stiamo spalancando le porte a chi aspetta solo il momento giusto per eliminarci. Del resto la cecità di fronte alla realtà dell’islam ha già fatto sì che Europa e Usa, con le loro scellerate scelte politiche, abbiano agevolato enormemente l’ascesa di qaedisti e salafiti nei paesi del Nord Africa (vedi Libia) e del Medio Oriente. Per non parlare della (non) gestione del fenomeno dell’immigrazione.
Piaccia o no l’islam rappresenta una grave minaccia per la nostra civiltà e una preghiera per i cristiani perseguitati che non abbia questa consapevolezza rischia di essere solo un pio sentimentalismo.