Castro sulla scena pubblica, con un articolo scritto per il giornale ufficiale del regime, è nel nome dell’ecologismo: contro la scelta di Bush di puntare sui biocarburanti. “Condanna a morte 3 miliardi di persone”. Ma dietro gli argomenti “verdi” c’è la preoccupazione che l’America Latina sia meno dipendente dal petrolio dell’amico Chavez.
di Fabrizio Proietti
Anzitutto gli argomenti: niente Iraq o Afghanistan, stavolta il terreno è quello dei biocarburanti, ovvero la scelta di George W. Bush di puntare decisamente sull’etanolo per il trasporto pubblico e privato con una graduale sostituzione di benzina e diesel. E siccome l’etanolo viene ricavato dal mais o dalla canna da zucchero, ecco che Castro parla di “sinistra idea di convertire gli alimenti in combustibile”: più terre da coltivare (magari rubandole alle foreste), più acqua da consumare, con il risultato – dice Castro – che le conseguenze di questa misura sono la “condanna a morte prematura per fame e per sete di oltre 3 miliardi di persone nel mondo”, come recita testualmente il titolo dell’articolo
Avevamo lasciato Castro icona del pacifismo e del movimento no-global e ce lo ritroviamo paladino dei movimenti ecologisti più radicali. Forse è l’effetto dell’ultimo rapporto del WWF, del novembre scorso, che presenta Cuba come il modello di uno sviluppo sostenibile. Fatto è che però la questione dei biocarburanti è piuttosto controversa anche tra gli ambientalisti: mentre all’inizio venivano unanimemente invocati in nome della riduzione di emissioni di CO2, con l’aumento esponenziale della domanda i movimenti più radicali (tra cui Greenpeace) sono diventati prima prudenti e poi apertamente ostili proprio con le motivazioni addotte da Castro.
Del resto, si sa che per questi ambientalisti dall’anima comunista il vero pericolo è che il SUV, simbolo dell’arroganza del capitalismo, diventi perfino “etico” se alimentato a etanolo. Allora “per resistere al cambiamento climatico” meglio altre scelte, più socialiste, come quella di “sostituire semplicemente le vecchie lampade a incandescenza con quelle fluorescenti, cosa che Cuba ha realizzato”. Una stessa lampadina uguale per tutti, insomma, e via quei segni distintivi della ricchezza e del benessere che sono la lampada a incandescenza e, peggio che mai, quella alogena.
Il redivivo “lìder maximo” dice di scrivere queste cose come riflessione sull’incontro che Bush ha avuto all’inizio della scorsa settimana con i rappresentanti dell’industria automobilistica americana, che ha confermato l’obiettivo di soddisfare con l’etanolo il 20% del fabbisogno nazionale di carburante per il 2012. Ma quella di Castro è una pietosa bugia: a preoccuparlo è piuttosto l’accordo sulla produzione di biocarburanti che Bush ha siglato all’inizio di marzo con il presidente brasiliano Luis Inacio Lula da Silva, altra (ex?) icona del movimento internazionale no global.
USA e Brasile già producono insieme il 70% dell’etanolo a livello mondiale (negli Stati Uniti è ricavato dal mais, in Brasile dalla canna da zucchero) e il loro accordo è destinato a moltiplicare in pochi anni l’industria dei biocarburanti, coinvolgendovi anche altri Paesi dell’America centrale e dei Caraibi. Lo scopo è da una parte quello di diminuire la dipendenza dal petrolio – una questione che soprattutto per Bush è diventato un pilastro della politica di sicurezza nazionale – dall’altra quella di frenare l’espansione in America Latina del presidente venezuelano Hugo Chavez, grande alleato di Castro e suo aspirante successore come paladino della lotta internazionale antimperialista.
Ma la forza di Chavez – che gli permette di finanziare il regime di Castro, gli ha consentito di pagare l’ascesa al potere di suoi “alleati” in Bolivia, Ecuador, Cile e gli permette di tenere in pugno l’Argentina – è il petrolio, di cui il Venezuela è uno dei massimi produttori mondiali. Ciò che vuole realmente il presidente cubano è quindi un maggior consumo di petrolio da parte dei Paesi latino-americani. L’alleanza Bush-Lula per svincolarsi da questa dipendenza è la più grave minaccia al disegno radical-espansionista del duo Castro-Chavez.
Potrebbe sembrare strano, ma l’attacco del “lìder maximo” appare così perfettamente in linea con le tradizionali battaglie ecologiste: pretendono di combattere il consumo di combustibili fossili, ma finiscono sempre per fare gli interessi dell’industria petrolifera; si scagliano contro la dittatura delle multinazionali ma pongono le basi per un nuovo totalitarismo.