Fine vita, le Regioni non hanno competenze

Abstract: Sul fine vita le Regioni non hanno competenze, pertanto  le strutture sanitarie regionali non possono decidere di dare la morte, di non curare e con questo affermare di fatto che la vita delle persone più fragili ha meno valore. Lo ha affermato  l’Avvocatura generale dello Stato

Ditelo sui tetti Roma 16 novembre 2023  

Fine vita: l’Avvocatura Generale dello Stato

esclude la competenza delle Regioni

«È’ un autorevole punto di chiarezza per tutti il parere dell’avvocatura generale dello Stato (cfr. di seguito e al link successivo), che conferma le convinzioni sulla non competenza delle Regioni in tema di fine vita, prospettate qualche giorno fa anche dalle associazioni del nostro network e dal Centro Studi Livatino” -così in una nota le associazioni del network. “Ditelo sui tetti”- “L’articolo 2 della Costituzione e il suo corrispettivo nella Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo sottolineano con fermezza il dovere dello Stato di difendere la vita di ogni singolo individuo. Questo impedisce di costruire un obbligo da parte del Servizio Sanitario pubblico di dare la morte, di non curare, così affermando un giudizio di disvalore verso la vita dei più fragili”, conclude Domenico Menorello, Coordinatore del network “Ditelo sui tetti”.

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

c.a. Sottosegretario di Stato

On. Alfredo Mantovano

sottosegretariopcm@pec.governo.i

Roma,

Partenza N.

Affari Cs 39326/23 e 40525/23 Sez. AG

Avv.ti Galluzzo-Fiorentino-Caselli

Si prega di indicare nella successiva corrispondenza i dati sopra riportati

Oggetto: Regione Autonoma Friuli – Venezia Giulia. Proposta di legge di iniziativa popolare n. 7 su “Procedure e tempi per l‘assistenza sanitaria regionale al suicidio medicalmente assistito ai sensi per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 242/2019”.

Con nota del 7 novembre u.s., premesso che anche il Consiglio Regionale del Veneto ha sottoposto direttamente alla Scrivente un analogo quesito, è posta all’attenzione di questa Avvocatura la proposta di legge di iniziativa popolare recante “procedure e tempi per l‘assistenza sanitaria regionale al suicidio medicalmente assistito ai sensi per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 242/2019”.

Viene rilevato, al riguardo, che il Presidente del Consiglio Regionale della Regione Autonoma, “per economia del procedimento legislativo e onde prevenire l’insorgenza di possibili contenziosi anche di livello costituzionale”, chiede di sapere se “l’eventuale adozione della normativa della proposta di legge possa ricondursi alle competenze legislative della Regione o rientri, invece, nella competenza statale”

*  *  *

La proposta in esame, come emerge dalla relazione illustrativa allegata, ha lo scopo di “definire il rispetto e la diretta applicazione, relativamente a ruoli, procedure e tempi del Servizio Sanitario Nazionale/regionale di verifica delle condizioni e delle modalità di accesso alla morte medicalmente assistita, affinché l’aiuto al suicidio non costituisca reato, così come delineato dalla sentenza della Corte costituzionale «Antoniani/Cappato», n. 242/2019, che ha dichiarato «l’illegittimità costituzionale dell’art. 580 del codice penale, nella parte in cui non esclude la punibilità di chi, con le modalità previste dagli artt. 1 e 2 della legge 22 dicembre 2017, n. 219 (Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento) (…) agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di una persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che ella reputa intollerabili, ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli, sempre che tali condizioni e le modalità di esecuzione siano state verificate da una struttura pubblica del servizio sanitario nazionale, previo parere del comitato etico territorialmente competente»”.

La proposta si compone di cinque articoli e avrebbe lo scopo, esclusivo nella logica della cd. “cedevolezza invertita” e, dunque, in attesa dell’entrata in vigore della disciplina statale, di “disciplinare procedure e tempi di applicazione dei diritti già individuati”.

*  *  *

Occorre al riguardo ricordare che, come ben noto, con la sentenza n. 242 del 2019, la Corte costituzionale ha dichiarato “l’illegittimità costituzionale dell’art. 580 del codice penale, nella parte in cui non esclude la punibilità di chi, con le modalità previste dagli artt. 1 e 2 della L. 22 dicembre 2017, n. 219 (Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento) – ovvero, quanto ai fatti anteriori alla pubblicazione della presente sentenza nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, con modalità equivalenti nei sensi di cui in motivazione -, agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di una persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che ella reputa intollerabili, ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli, sempre che tali condizioni e le modalità di esecuzione siano state verificate da una struttura pubblica del servizio sanitario nazionale, previo parere del comitato etico territorialmente competente”.

Tale statuizione conclude un complesso iter argomentativo che prende le mosse dalle seguenti fondamentali considerazioni:

Dall’art. 2 Cost. – non diversamente che dall’art. 2 CEDU – discende il dovere dello Stato di tutelare la vita di ogni individuo: non quello – diametralmente opposto – di riconoscere all’individuo la possibilità di ottenere dallo Stato o da terzi un aiuto a morire. Che dal diritto alla vita, garantito dall’art. 2 CEDU, non possa derivare il diritto di rinunciare a vivere, e dunque un vero e proprio diritto a morire, è stato, del resto, da tempo affermato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, proprio in relazione alla tematica dell’aiuto al suicidio (sentenza 29 aprile 2002, Pretty contro Regno Unito) (ordinanza n. 207 del 2018). La ratio dell’art. 580 cod. pen. può essere agevolmente scorta, alla luce del vigente quadro costituzionale, nella «tutela del diritto alla vita, soprattutto delle persone più deboli e vulnerabili, che l’ordinamento penale intende proteggere da una scelta estrema e irreparabile, come quella del suicidio. Essa assolve allo scopo, di perdurante attualità, di tutelare le persone che attraversano difficoltà e sofferenze, anche per scongiurare il pericolo che coloro che decidono di porre in atto il gesto estremo e irreversibile del suicidio subiscano interferenze di ogni genere» (ordinanza n. 207 del 2018).

Analoghe considerazioni sono state riprese dalla Corte nella sentenza n. 50 del 2022, la quale ha dichiarato l’inammissibilità della “Richiesta di referendum abrogativo denominata «Abrogazione parziale dell’art. 579 del codice penale (omicidio del consenziente)»”.

Anche in tale pronuncia viene, invero, ribadito che la “Corte ha avuto modo di chiarire in più occasioni, il diritto alla vita, riconosciuto implicitamente dall’art. 2 Cost., è «da iscriversi tra i diritti inviolabili, e cioè tra quei diritti che occupano nell’ordinamento una posizione, per dir così, privilegiata, in quanto appartengono – per usare l’espressione della sentenza n. 1146 del 1988 – «all’essenza dei valori supremi sui quali si fonda la Costituzione italiana» (sentenza n. 35 del 1997). Esso «concorre a costituire la matrice prima di ogni altro diritto, costituzionalmente protetto, della persona» (sentenza n. 238 del 1996) (…) è il «“primo dei diritti inviolabili dell’uomo (sentenza n. 223 del 1996), in quanto presupposto per l’esercizio di tutti gli altri», ponendo altresì in evidenza come da esso discenda «il dovere dello Stato di tutelare la vita di ogni individuo: non quello – diametralmente opposto – di riconoscere all’individuo la possibilità di ottenere dallo Stato o da terzi un aiuto a morire»

*  *  *

Ciò premesso, deve rilevarsi, in via generale, che la disciplina relativa alla titolarità e all’esercizio dei diritti fondamentali rientra nella competenza esclusiva del legislatore statale ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lett. l), Cost. (cfr. anche la sentenza n. 228 del 2021), così come le scelte in tema di creazione o estensione della punibilità penale.

A tal riguardo, proprio con riferimento ad una legge della regione Friuli Venezia Giulia, introdotta anch’essa nel dichiarato intento di rimediare all’inerzia del legislatore statale in tema di disposizioni anticipate di trattamento sanitario, la Corte costituzionale, nella sentenza n. 262 del 2016, ha ribadito che, “data la sua incidenza su aspetti essenziali della identità e della integrità della persona, una normativa in tema di disposizioni di volontà relative ai trattamenti sanitari nella fase terminale della vita (…) necessita di uniformità di trattamento sul territorio nazionale, per ragioni imperative di eguaglianza, ratio ultima della riserva allo Stato della competenza legislativa esclusiva in materia di «ordinamento civile», disposta dalla Costituzione” (1).

Anche recentemente la Corte ha riaffermato, con le sentenze n. 75 del 2021 e n. 228 del 2021, che “l’attribuzione alla potestà legislativa esclusiva dello Stato della materia «ordinamento civile» trova fondamento nell’esigenza, sottesa al principio di uguaglianza, di garantire nel territorio nazionale l’uniformità della disciplina dettata per i rapporti tra privati”.

D’altra parte, i criteri dettati dalla Corte nella sentenza n. 242/2019 scontano un inevitabile tecnicismo (si pensi, ad esempio, alla nozione di “trattamenti di sostegno vitale”), che, inevitabilmente, si prestano ad interpretazioni non omogenee, le quali potrebbero determinare una ingiustificabile disparità di trattamento, per casi analoghi, sul territorio nazionale, ledendo anche la competenza esclusiva statale in tema di “determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale”, di cui all’articolo 117, secondo comma, lett. m), Costituzione.

Proprio queste considerazioni, unitamente alla necessità di dettare una disciplina esauriente su tutti i profili della tematica in parola (si pensi all’obiezione di coscienza degli operatori sanitari o alla omogeneità della composizione dei comitati etici locali), relativa, pertanto, anche ad aspetti necessariamente non trattati dalla Corte costituzionale – che è stata a suo tempo chiamata ad esaminare esclusivamente la legittimità costituzionale dell’articolo 580 cod. pen. – militano nel senso di escludere che la materia possa ritenersi rientrante nella legislazione concorrente di cui all’articolo 117, terzo comma, Cost.

Sebbene la proposta normativa in esame intersechi indubbiamente una pluralità di materie, alcune delle quali anche di competenza legislativa concorrente delle Regioni, come, appunto, la tutela della salute, occorre ricordare che la Corte costituzionale ha ribadito, anche con la nota sentenza n. 5 del 2018, “che il diritto della persona di essere curata efficacemente, secondo i canoni della scienza e dell’arte medica, e di essere rispettata nella propria integrità fisica e psichica (sentenze n. 169 del 2017, n. 338 del 2003 e n. 282 del 2002) deve essere garantito in condizione di eguaglianza in tutto il paese, attraverso una legislazione generale dello Stato basata sugli indirizzi condivisi dalla comunità scientifica nazionale e internazionale” (sottolineato della Scrivente).

*  *  *

A ciò può, infine, aggiungersi che la stessa Corte ha sempre individuato nel Parlamento l’organo competente a legiferare in materia.

Nell’ordinanza n. 207 del 2018, la Corte costituzionale ha rilevato che “l’incrocio di valori di primario rilievo, il cui compiuto bilanciamento presuppone, in via diretta ed immediata, scelte che anzitutto il legislatore è abilitato a compiere, questa Corte reputa doveroso – in uno spirito di leale e dialettica collaborazione istituzionale – consentire, nella specie, al Parlamento ogni opportuna riflessione e iniziativa.

Analoghe considerazioni sono state spese nella sentenza n. 242 del 2019, dove viene espressamente precisato che l’intervento della Corte sull’articolo 580 cod. pen. opera “in attesa dell’intervento del legislatore.

*  *  *

E’, dunque, alla luce delle considerazioni che precedono che l’eventuale approvazione della proposta in questione potrebbe esporsi a rilievi di non conformità al quadro costituzionale di riparto delle competenze legislative tra Stato e Regioni.

L’ Avvocato Generale dello Stato

Gabriella Palmieri Sandulli

____________________

1) La controversia si è sviluppata e conclusa prima dell’entrata in vigore della legge n. 219 del 2017.