“Fit For 55”. L’ultima sciocchezza ambientalista 

“Fit For 55” sciocchezza ambientalista Tradizione Famiglia Proprietà Newsletter 4 Novembre 2021

di Julio Loredo

Agli inizi di novembre, l’attenzione del mondo si è concentrata sulla riunione di capi di Stato e di personaggi rilevanti a Glasgow, Scozia, nota come COP26. Lasciamo stare la tremenda ipocrisia di questi boss che, a pretesto di discutere sul clima planetario, utilizzano una flotta di più di 400 jet privati, che hanno generato oltre 15.000 tonnellate di emissioni di CO2, l’equivalente della quantità prodotta da più di 1.600 passeggeri inglesi in un anno. Andiamo invece al nocciolo della questione: di cosa stanno discutendo?

Per affrontare il fenomeno del “riscaldamento globale”, cioè il graduale aumento delle temperature del pianeta in questi ultimi anni, e ritenendo che i principali colpevoli siano i cosiddetti “gas serra”, a cominciare dalla CO2, i leader propongono di attuare una serie di misure che favoriscano la transizione a una economia “green”, abbassando notevolmente le emissioni di questi gas. Si vuole fissare un tetto al riscaldamento globale: non più di +1,5°C fino al 2050. 

Parlando di casa nostra, le istituzioni europee (Parlamento, Commissione, Consiglio) hanno già messo mano all’opera, sfornando una lunga serie di misure all’interno di un European Climate Action che intende rendere il continente climaticamente “neutro” entro il 2050.

Fit for 55: una “Rivoluzione francese”

Il 14 luglio 2021, la Commissione Europea ha emesso una serie di nuove proposte ambientaliste note come “Fit for 55” o “Green Package”. La data non è casuale: il 14 luglio è l’inizio della Rivoluzione francese. In effetti, i promotori chiamano questa nuova agenda la “Rivoluzione francese dell’ambientalismo”. Il regolamento intende accelerare l’attuazione del cosiddetto Green Deal, approvato nel dicembre 2019.

In particolare, intende ridurre del 55% (ecco il perché del nome) le emissioni dei cosiddetti gas serra, al fine di realizzare una situazione di “climate neutrality” entro il 2050. “Climate neutrality” è un neologismo coniato per descrivere una situazione in cui l’Europa, e poi il mondo, avrebbero un impatto zero sull’ambiente e sul clima. In altre parole, zero inquinamento.

Gli esperti rimarcano che una riduzione del 55% dei gas serra entro il 2030 è un obiettivo molto ambizioso che richiederà misure ambientaliste molto stringenti che peseranno ancor di più sulla già sovraccaricata economia europea. Per dare un’idea: dal 1990 al 2020 le emissioni sono state ridotte solo del 20%. Il salto a una riduzione del 55% richiederà interventi massicci. Non c’è da stupirsi che la Commissione si riferisca a “Fit for 55” come a un “programma colossale”.

“Con il programma Fit for 55, la politica climatica dell’UE peserà direttamente su tutti i cittadini europei, condizionando la loro vita in modo significativo. Questa politica di cambiamento climatico sarà molto costosa”, afferma un documento pubblicato dal Centre for European Policy Studies (CEPS) di Bruxelles. Continua: “I contribuenti dell’UE dovranno finanziare con le proprie tasche l’acciaio ‘verde’, il cemento ‘verde’, gli appalti pubblici ‘verdi’, le infrastrutture ‘verdi’ e le misure di compensazione per l’industria. I contribuenti europei pagheranno addirittura i costi extra delle importazioni, a causa del meccanismo di adeguamento dei dazi” (1).

Nonostante la promessa della Commissione Europea “di non lasciare indietro nessuno”, la nuova agenda verde interesserà soprattutto i cittadini sotto la soglia di povertà. “Le leggi proposte potrebbero rendere più povere le persone a basso reddito, al di là delle difficoltà finanziarie dovute alla pandemia. Molte vite umane sono in gioco”, scrive Martha Myers, coordinatrice della Right to Energy Coalition (2). Si stima che, entro il 2026, la famiglia media europea dovrà pagare 429 euro all’anno per finanziare questa follia ambientalista, un fardello troppo grande per molte famiglie.

Fit for 55” penalizzerà l’economia europea. Nel corso degli anni la nostra economia ha perso competitività nei confronti degli Stati Uniti e, in particolare, della Cina comunista (che non applica quasi nessuna normativa ambientale). Con tutti questi vincoli ambientali sta diventando sempre più difficile fare affari nell’UE. “Fit for 55” peggiora solo le cose.

“L’attuazione delle misure Fit for 55 potrebbe aumentare in modo significativo il costo di produzione per le aziende europee, in particolare per le industrie ad alta intensità energetica. Questo, a sua volta, potrebbe mettere le aziende europee in una posizione di svantaggio quando competono con omologhi di paesi non UE”, afferma EUWID, organo dell’industria europea della cellulosa e della carta (3).

Gli analisti rilevano anche che “Fit for 55” è un’intrusione inutile, poiché l’Unione Europea era già sulla buona strada, avendo raggiunto nel 2020 gli obiettivi previsti nel 2008, e avendo già approvato nel 2019 il piano decennale noto come Green Deal. Sembra, però, che i talebani ambientalisti vogliano correre. Così hanno imposto un cambio di ritmo, senza consultare ulteriormente gli Stati membri. Infatti, “Fit for 55” è stato votato in modo del tutto casuale nel corso di una “riunione informale” dei ministri dell’UE. Ora, però, la Commissione Europea pretende che tutti gli Stati membri lo rispettino.

Verso un’economia “green”

Quali sono i punti principali proposti dall’agenda “Fit for 55”?

Un primo punto riguarda l’efficienza energetica. Il progetto prevede un miglioramento dell’efficienza del 39% rispetto al 1990. Ciò richiederà non solo lo sviluppo di nuove tecnologie, ma un radicale rinnovamento delle strutture esistenti. I vecchi impianti dovranno essere completamente ristrutturati. Parte del denaro per questa rimodulazione verrà dal Recovery Fund votato per aiutare le economie europee nell’era post-COVID. Invece di aiutare le industrie in difficoltà e i cittadini in difficoltà, la Commissione Europea sta usando i soldi del COVID per imporre ulteriormente l’agenda verde… Va ricordato che il Recovery Fund è un mero prestito, che i Paesi membri dovranno prima o poi ripagare.

Un secondo punto riguarda le energie rinnovabili. L’obiettivo originale del 32% è stato portato al 40% entro il 2030. Ciò significa più energia solare ed eolica e meno carbono, petrolio ed energia nucleare. Per raggiungere l’obiettivo “Fit for 55” entro il 2030, il 65% dell’elettricità dovrà provenire da fonti rinnovabili, richiedendo l’installazione di oltre 500 GW di capacità rinnovabile in tutta l’UE, circa il doppio dell’attuale capacità installata.

Un terzo elemento riguarda il cosiddetto “Emission Trading System”, cioè la quantità di emissioni prodotte dalle strutture realizzate dall’uomo. Il progetto fissa un tetto alle emissioni complessive e chiede che siano abbassate di una certa percentuale ogni anno, secondo un sistema di quote. Se una struttura non raggiunge gli obiettivi per un certo periodo, dovrà essere rottamata. Nel frattempo, deve pagare tasse extra. È la cosiddetta mentalità “chi inquina paga”. Ciò crea un onere economico eccessivo per le imprese vulnerabili.

Nel campo dei trasporti tutto ciò comporterebbe quella che gli esperti chiamano una “rivoluzione fordiana”. L’intero sistema di trasporto pubblico e privato dovrebbe essere rivisto per raggiungere l’obiettivo di zero emissioni delle auto entro il 2035. Questa Rivoluzione si basa sulla sostituzione dei veicoli a diesel e a benzina con quelli elettrici. Ciò solleva molteplici questioni.

Innanzitutto, la Cina controlla il 51% del totale globale del litio chimico, il 62% del cobalto chimico e il 100% della grafite sferica, i principali componenti delle batterie agli ioni di litio. Un eventuale passaggio massiccio alle auto elettriche consegnerebbe de facto l’economia mondiale nelle mani della Cina comunista. In secondo luogo, dobbiamo ancora produrre in qualche modo l’elettricità per alimentare questi veicoli. E questo può venire solo da centrali nucleari o a carbone, poiché le energie solare ed eolica non sono ancora in grado di coprire la domanda. In terzo luogo, le batterie sono una delle cose più inquinanti sulla terra, una volta scartate.

A differenza delle auto normali, le auto elettriche non possono essere riciclate. Devono essere smaltite in “cimiteri” altamente inquinanti. In quarto luogo, un aspetto non secondario è il prezzo. I veicoli elettrici sono molto più costosi e molto meno efficienti. Non c’è da stupirsi che l’industria automobilistica europea abbia dato una risposta piuttosto fredda a questa proposta. Naturalmente, i burocrati di Bruxelles ne sanno più dei costruttori di automobili…

Un cambio di mentalità

Ci sono, però, questioni più profonde che lasciano presagire prospettive ancora più preoccupanti. Il Green Deal proposto dalla Commissione Europea, e rafforzato dall’agenda Fit for 55, non riguarda solo il clima e l’economia. Per raggiungere la “neutralità climatica” entro il 2050, la Commissione è determinata a cambiare la società europea, modificando la stessa mentalità dei cittadini. Leggiamo nel sito del Consiglio Europeo: “L’UE si è impegnata a raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. Raggiungere questo obiettivo richiederà una trasformazione della società oltre che dell’economia europea, che dovrà essere giusta e socialmente equilibrata”.

Allo stesso modo si legge nella «Nuova agenda strategica» approvata dalla Commissione nel 2019: “L’UE può e deve aprire la strada, impegnandosi in una profonda trasformazione della propria economia e della società per raggiungere la neutralità climatica”.

Cos’è questa “profonda trasformazione” della società europea?

L’attuazione dell’agenda verde non è realizzabile senza profondi cambiamenti nella nostra mentalità, nelle nostre abitudini di consumo, nel nostro stile di vita, in una parola nella nostra civiltà. Alla base di “Fit for 55” c’è l’idea che abbiamo raggiunto l’attuale livello di sviluppo abusando o utilizzando in modo errato le risorse della Terra. Dobbiamo cambiare drasticamente.

“L’Europa lancia la Rivoluzione Verde!”, si legge nella Newsletter for the European Union, “L’obiettivo è trasformare il volto del Vecchio Continente. (…) Ciò avrà dei costi enormi, sia per i bilanci pubblici che per i cittadini. Ma è un percorso senza alternative” (4).

“Rivoluzione” sembra essere la parola chiave. “Le proposte di Fit for 55 sono niente più e niente meno che una rivoluzione”, scrive il quotidiano tedesco Volksstimme, “Le proposte della Commissione Europea per raggiungere gli obiettivi climatici sono un enorme programma di ristrutturazione non solo dell’economia europea, ma di quasi tutti ambiti della vita” (5).

Questa Rivoluzione Verde è stata attentamente pianificata dalle fazioni più radicali dell’Internazionale Socialista sin dagli anni ‘60, come un naturale sviluppo del socialismo marxista. E ora stanno per metterla in pratica. E per questo si avvalgono, a Glasgow, di 400 jet privati altamente inquinanti. Certo, il Green Deal è solo per il volgo…

Note

1). Fit for 55 – is the European Green Deal really leaving no-one behind?, CEPS, 12 July 2021.

2). Fit for 55 will penalise poor Europeans, Euroactiv, 19 July 2021.

3). Paper associations criticise European Commission’s Fit for 55 package, EUWID, 18 August 2021.

4). Fit for 55: it’s time for a European Green revolution, Newsletter for the European Union, Editorial, 26 July 2021

5). Fit for 55 package “nothing less than a revolution;” “saturated with scepticism towards market-based approaches” – media reactions, Clean Energy Wire, 15 July 2021.

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