Didaché IV, 2; CN ed., Roma 1978, pag. 32].
Aveva tre fratelli e sei sorelle. Tre di queste ultime furono religiose con lei a Beaulieu. Qui c’era un convento-ospedale la cui regola era quella dei monaci cavalieri di San Giovanni di Gerusalemme, detti anche Ospitalieri. Flora ebbe, lì dentro, due tipi di tentazione (infatti, il chiostro non è affatto un riparo, perché il tentatore si accanisce vieppiù su chi cerca di resistere).
La prima era costituita dal fatto che non le mancava niente, e quella vita non sembrava affatto austera. Cosa c’era entrata a fare in religione, si chiedeva, se l’unica differenza semmai stava, nel vantaggio di non dover servire un marito e dei figli? Il suo confessore la rassicurò: la penitenza consiste nel privarsi del superfluo.
L’altra tentazione era più grave, perché nel cervello le risuonavano ossessivamente le parole della Scrittura: «Crescete e moltiplicatevi». Il tentatore non era nuovo a certe cose; ci aveva già provato con Gesù, nel deserto, e cercando di prenderlo in castagna proprio citando le scritture.
Ma un’ossessione è un’ossessione: Flora ne fu così turbata e così a lungo da far pensare alle sue consorelle di avere a che fare con una folle. Ma queste sue difficoltà erano bilanciate da grazie mistiche: per tre mesi un angelo le apparve per confortarla; nella festa di Ognissanti ebbe la visione dei santi in paradiso.
Capì finalmente, che Cristo le chiedeva un po’ di collaborazione nel portare la croce, e finì con l’accettare le sue tremende sofferenze. La santa mori nel 1347 e i miracoli successivi ne diffusero la venerazione in tutta la Francia, dove viene invocata durante i temporali.
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