[Didaché IV, 2; CN ed., Roma 1978, pag. 32].
Si chiamava Lucrezia Elena ed era figlia del conte Cevoli e della contessa Della Seta, pisani. Secondo l’uso, fu messa nell’educandato delle locali clarisse di San Martino. Terminati gli studi, espresse il desiderio di farsi monaca cappuccina. I suoi non erano d’accordo, per via della durezza di quell’ordine, e anche le suore dubitavano. Ma la spuntò lei e nel 1703 divenne suor Florida nel convento di Città di Castello.
Solo che in quella comunità ci stava, come maestra delle novizie, s. Veronica Giuliani, che dal 1697 al 1700 era stata stigmatizzata. L’intesa tra le due fu subito perfetta, tanto che, quando nel 1716 la Giuliani venne eletta badessa, la Cevoli divenne la sua Vicaria. La mente e il braccio. La prima, infatti, si occupava della parte spirituale della comunità; la seconda, dell’amministrazione e delle pubbliche relazioni.
Il tandem era così efficiente che, alla morte della Giuliani nel 1727, fu del tutto naturale per le suore eleggere al suo posto la Cevoli. Quest’ultima aveva allora quarantadue anni e rimase badessa fino alla morte, continuamente rieletta. Tenne corrispondenza con mezzo mondo, perfino con la corte inglese. Il suo confessore le impose di scrivere le sue esperienze spirituali e lei riempì una ventina di quaderni che, per umiltà, alla morte del confessore bruciò.
Peccato, perché, stando alle testimonianze, era una specie di Padre Pio della situazione: profezie, profumi, visioni, estasi, moltiplicazione di cibo insufficiente; ma anche “notti dello spirito” e malattie, come l’herpes che la ricoprì interamente negli ultimi vent’anni.
Il Giornale 12 giugno 2005