Dal blog di Edward Pentin 13 febbraio 2020
José Antonio Ureta
L’Esortazione Apostolica appena pubblicata conferma che nel pontificato di papa Francesco la politica ha la priorità sulla religione. Ha accelerato sull’”ecologia integrale” ma ha frenato in modo netto sull’agenda religiosa del Sinodo.
I cardinali Burke, Müller e Sarah (e il loro coautore Benedetto XVI), così come quei pochi prelati che hanno difeso con fervore il celibato sacerdotale, hanno motivo di essere soddisfatti. E possono guardare dall’alto i promotori del sacerdozio low cost, in particolare i vescovi Fritz Löbinger, Erwin Kräutler e i loro compagni di strada sul “cammino sinodale” tedesco. Schluss!
Nessuna apertura né a viri probati né a “diaconesse”. Papa Francesco riconosce che è necessario fare sforzi perché le comunità isolate in Amazzonia non vengano private dall’alimento dell’Eucaristia e dei sacramenti della Riconciliazione e dell’Unzione dei Malati (n° 86 e 89).
Ammette pure che la vita e il ministero dei sacerdoti non sono monolitici (n° 87). Afferma tuttavia che la soluzione sta nel sacramento dell’Ordine Sacro, che configura il sacerdote a Cristo (n° 87), che è lo Sposo della comunità che celebra l’Eucaristia e che è rappresentata dal celebrante (n° 101).
In questo modo, egli convalida i due argomenti principali di coloro che si oppongono al sacerdozio uxorato. E propone come soluzione che si preghi per le vocazioni sacerdotali e perché vengano indirizzate verso l’Amazzonia le vocazioni missionarie (n°90).
Di passaggio, si lamenta che sono più i missionari dei paesi amazzonici che si recano ad abitare negli Stati Uniti o in Europa di quelli che vanno alle missioni nei propri Paesi! (n° 132). Come era stato annunciato negli ultimi giorni, non c’è neppure una menzione indiretta all’eventualità di ordinare uomini sposati che siano leader delle proprie comunità.
Anzi, Francesco insiste che non si tratta semplicemente di facilitare una maggiore presenza di ministri ordinati che possano celebrare l’Eucaristia, ma di promuovere l’incontro con la Parola di Dio e la crescita nella santità attraverso i vari tipi di servizi pastorali svolti dai laici (n° 93), come aveva suggerito molto saggiamente mons. Athanasius Schneider ispirandosi alla sua propria esperienza della mancanza di sacerdoti nell’ Unione Sovietica.
Per lo stesso motivo della configurazione del sacerdote a Cristo, Sposo della comunità, e dell’ampio e generoso lavoro missionario già svolto dalle donne – nelle aree del battesimo, della catechesi e della preghiera – (n° 99), Papa Francesco chiude la discussione sull’ordinazione delle donne, asserendo che sarebbe una forma di riduzionismo “clericalizzarle”, il che sarebbe come insinuare che esse solo otterrebbero uno status superiore nella Chiesa se fossero ammesse agli Ordini Sacri (N° 100).
Invece, le donne danno il loro contributo alla Chiesa alla loro maniera, facendo presente la tenera robustezza di Maria, la Madre (n° 100). Un altro che può dirsi soddisfatto, almeno in parte, è il cardinale Walter Brandmüller.
Egli denunciò l’Instrumentum Laboris del Sinodo amazzonico affermando che era un invito alla apostasia, in quanto intendeva l’“inculturazione” come una rinuncia alla predica del Vangelo e l’accettazione di religioni pagane come vie alternative alla salvezza. Il suo clamore ha raggiunto Santa Marta.
Querida Amazonia si dissocia dal concetto di “inculturazione” promosso dalla Teologia India – che ha come principali corifei i presbiteri Paulo Suess ed Eleazar López – per assumere una versione light della costituzione conciliare Gaudium et Spes.
Questa fa consistere l’inculturazione in un mero adattamento del Vangelo alla comprensione di tutti, esprimendo il messaggio di Cristo in termini adeguati ad ogni cultura (n° 84). Si tratta dunque di un’inculturazione che sebbene non rigetta nulla di buono di quanto esiste nella cultura amazzonica, fa di essa un oggetto di redenzione (n° 67), e la porta a pienezza sotto la luce del Vangelo (n° 66) volendola arricchita dallo Spirito Santo mediante il potere del Vangelo (n° 68).
Questo obbliga la Chiesa ad adottare, in relazione alle culture, un atteggiamento fiducioso ma anche vigilante e critico (n° 67). Tuttavia, richiede innanzitutto di non avere vergogna di Gesù Cristo (n° 62), né di limitarsi a dare ai poveri soltanto un messaggio sociale al posto di un grande messaggio di salvezza (n° 63), avendo in vista che quei popoli hanno il diritto di ascoltare il Vangelo.
Senza l’evangelizzazione, la Chiesa si trasforma in una volgare ONG che abbandonerebbe il comandamento di predicare a tutte le nazioni (n° 64). Santo Toribio di Mogrovejo e San Giuseppe di Anchieta – e non quei missionari della Consolata e altri che si vantano di non avere battezzato nessuno in 60 anni – vengono presentati come i modelli dei grandi evangelizzatori dell’America Latina (n° 65).
In contrasto con quanto detto sopra, e in un malriuscito tentativo di giustificare gli scandalosi culti idolatrici alla Pachamama nei giardini vaticani e nella Basilica di San Pietro, Papa Francesco dichiara che, nel contesto di una spiritualità inculturata, è possibile adoperare in certi modi alcuni simboli indigeni, taluni miti carichi di un significato spirituale o di festività religiose rivestite di valore sacro, senza necessariamente incorrere in idolatria (n° 79).
Oltre a questa infruttuosa difesa del culto alla Pachamama, il cardinale Brandmüller avrebbe un altro motivo per rimanere dispiaciuto. Papa Francesco – citando abbondantemente la sua enciclica Laudato Si’ – ribadisce la sua cosmovisione “teilhardiana” e New Age di un universo in cui “tutto è collegato” (n° 41) e tesse le lodi al misticismo indigeno che porta gli aborigeni non solo a contemplare la natura, ma a sentirvisi così intimamente legati da ritenerla una madre (n° 55).
Del resto, la Madre Terra viene ben due volte citata nell’Esortazione (n° 42). Un riferimento passeggero a Dio Padre come creatore di tutti gli esseri viventi è insufficiente per dissipare il sapore “panteista” di quei brani, visto che sono preceduti dalla citazione di un poema sulla “comunione con la foresta” di Sui Yun (a proposito, una poetessa peruviana nota per il carattere disinvolto ed erotico delle sue opere: “la mia poesia è genitale”, afferma) (n° 56).
Tuttavia, di gran lunga l’aspetto più claudicante del documento è la sua piena adesione ai postulati e all’agenda della Teologia della Liberazione, nella sua versione ecologica riciclata da Leonardo Boff e fatta propria dai documenti sinodali.
In una palese manifestazione di “clericalismo” – visto che il magistero non ha nessuna autorità in materia scientifica o economica – e, soprattutto, in opposizione all’anelito di sviluppo dell’immensa maggioranza della popolazione che abita l’Amazzonia, l’Esortazione post-sinodale assume, senza il necessario discernimento, la diagnosi catastrofista e bugiarda delle ONG ambientaliste e dei partititi di sinistra sulla supposta devastazione dell’Amazzonia: la foresta sarebbe stata rasa al suolo (n° 13); la costruzione di centrali idroelettriche e di vie marittime starebbe rovinando i fiumi (n° 11); la regione sarebbe davanti a un disastro ecologico (n° 8); le popolazioni sarebbero decimate, nel silenzio, dai nuovi colonizzatori (nota 13) o costrette ad emigrare nelle città dove troverebbero le peggiori forme di schiavitù (n° 10).
Secondo il Papa, è necessario sentire indignazione (n° 15), un salutare senso di indignazione (n° 17). In tale contesto non è senza significato che vengano citati, fra i poeti-profeti, il comunista cileno Pablo Neruda e il brasiliano Vinicius de Moraes, autore di un famoso poema intitolato “Signori baroni della terra”, in cui invita alla lotta armata (1).
Peggio ancora, le soluzioni alternative che Papa Francesco propone corrispondono ai sogni collettivisti più avanguardisti degli antropologi neo-marxisti che vedono nella vita tribale delle foreste il modello del mondo futuro.
Secondo il documento, la vera qualità della vita si esprime nel “buon vivere” indigeno (n° 8, n° 26 e n° 71), che realizza quell’utopia di armonia personale, familiare, comunale e cosmica e che trova la sua espressione nella concezione comunitaria dell’esistenza e in uno stile di vita austero e semplice (n° 71): “Tutto è condiviso, gli spazi privati – tipici della modernità – sono minimi (…). Non c’è posto per l’idea di un individuo distaccato dalla comunità o dal suo territorio» (n°20)
In ciò gli indigeni avrebbero molto da insegnarci (n° 71) e i cittadini dovrebbero lasciarsi rieducare da loro, “ad accogliere la misteriosa sapienza che Dio vuole comunicarci attraverso di loro» (n° 72).
Dinnanzi a queste fantasie eco-tribaliste e collettiviste di Papa Francesco si comprende che egli sia il leader a cui si volgono le correnti di estrema sinistra in tutto il mondo!
Insomma, questa insolita Esortazione post-sinodale – che evita di citare il Documento Finale del Sinodo dei vescovi che l’ha motivata – rappresenta, allo stesso tempo, una accelerazione socioeconomica e un freno ecclesiologico che dispiacerà a greci e troiani.
Ma senz’altro i più dispiaciuti saranno i prelati ed esperti dell’area germanica che hanno investito lunghe ore di lavoro intellettuale e centinaia di milioni di euro in una assemblea sinodale che è finita per far nascere un uccello storpio, non in grado di spiccare il volo giacché amputato in una delle sue ali.
Sarà compito degli storici risolvere l’enigma dei motivi che hanno portato Papa Francesco a fermare la tanto propagandata apertura ai sacerdoti sposati. “Per evitare uno scisma o, peggio ancora, una destabilizzazione [del pontificato] che sarebbe stata letale”, come suggerisce Franca Giansoldati su Il Messagero?
O fare ora un passo indietro nella speranza di farne in breve due avanti? (Il riferimento, nella nota 120, alla proposta del Sinodo di sviluppare un “rito amazzonico” obbliga a rimanere vigilanti. In specie, quando l’autore del documento è un noto furbo…).
Chi vivrà, vedrà.
Ma per quanti di noi si sono impegnati lungo un anno al fine di bloccare l’agenda rivoluzionaria dei mentori del Sinodo sulla Regione Panamazzonica (fra i quali il sito pan amazon synod watch.org, qualificato da un analista nordamericano come l’“hub” della resistenza) ci sono alcuni motivi di soddisfazione.
Anche se Francesco ha ratificato Leonardo Boff, almeno ha buttato nel Tevere gli orientamenti dei diversi Löbinger, Hummes, Kräutler, Suess e compagnia bella…
Note
1). Signori baroni della terra / Preparate i vostri sudari / Perché sfruttate la terra / E la terra è di colui che la lavora (…) E’ giunto il tempo della guerra / Non ci sarà santo per proteggervi (…)- Granata contro granata! /- Mitra contro mitra / La nostra guerra è sacra /La nostra guerra non mancherà!