[Didaché IV, 2; CN ed., Roma 1978, pag. 32].
Questo spagnolo nacque ad Alicante nel 1914, terzo dopo due femmine. Pochi mesi dopo la sua nascita gli morì il padre. La vedova, con tre bambini, ritornò nella sua Catalogna, a Lleida, dopo ricominciò a fare la maestra di scuola. Il maschietto fu messo a studiare dai Fratelli Maristi. Nel 1930 si iscrisse all’istituto per periti chimici che i gesuiti tenevano a Sarriá. Nel frattempo continuò a frequentare l’Azione Cattolica. Dopo il diploma si iscrisse all’università e studiò a Barcellona e a Oviedo, nelle Asturie. Conseguita la laurea in Chimica, trovò subito impiego in una importante ditta di Lleida.
In quell’anno ufficializzò il suo fidanzamento con la sua ragazza di sempre. Insomma, la tranquilla vita di un bravo giovanotto cattolico. Lo scoppio della guerra civile nel 1936 lo trovò che stava facendo il servizio militare. Quando l’ufficiale istruttore si mise a offendere il cattolicesimo, uscì dai ranghi e pretese il rispetto per sé e i commilitoni. Naturalmente quello, da buon vigliacco, andò a riferirlo ai miliziani. Il giovane fu prelevato di notte e chiuso in un carcere “rivoluzionario”.
Poi fu portato davanti a un tribunale altrettanto rivoluzionario e giudicato dal “popolo”. All’accusa di essere cattolico ribattè che, se le cose stavano così, volentieri si dichiarava criminale. Gli permisero di scrivere a casa e alla fidanzata prima di fucilarlo. Queste lettere pervennero al segretario di Stato, cardinale Pacelli, il quale le mostrò al papa Pio XI. Il pontefice terminò la lettura con gli occhi lucidi e ordinò di conservarle presso la Santa Sede.
il Giornale 22 luglio 2005