23 Agosto 2018
I piani per conquistare l’egemonia prima culturale e poi politica: i Fratelli Musulmani li hanno scritti decenni fa. Appaiono già molto chiari in un rapporto redatto dalla Cia, riguardo la valutazione del rischio islamista in Egitto, datato 1986. I piani non si limitano alla presa del potere in Egitto. Mirano al Medio Oriente. E poi all’Occidente.
di Souad Sbai
Era già tutto scritto. In un dossier datato 1986 e di recente divulgazione, la CIA aveva previsto il rovesciamento del regime di Hosni Mubarak in Egitto da parte dei Fratelli Musulmani (Ikhwan Muslimin). Una minaccia non immediata, dice il rapporto, ma con grandi probabilità di concretizzarsi nel lungo periodo, come in effetti è accaduto venticinque anni dopo, con la cosiddetta Primavera Araba.
Le modalità operative del progetto di conquista dell’Egitto erano già note ai servizi d’informazione statunitensi: conseguire ingenti risorse economiche, attraverso attività finanziarie e nel settore dell’edilizia, del commercio e dei servizi, e impiegarle per dare la spinta necessaria alla penetrazione nei gangli vitali della società, ove reclutare accademici, studenti, giornalisti, professionisti e uomini d’affari, espandendo al contempo la rete di affiliati anche nei ceti meno abbienti grazie alle reti di assistenza sociale. Obiettivo: l’istituzione di uno Stato islamista ultraconservatore e fondamentalista.
La scelta tattica di un “approccio graduale”, spiega sempre la CIA, intendeva mettere i Fratelli Musulmani al riparo dalla repressione governativa che a fasi alterne aveva già colpito il movimento in passato. L’esecuzione della condanna a morte dell’ideologo Said Qutb nel 1966 era stata l’apice di questa repressione, ma l’eliminazione dei vertici e il carcere per i quadri intermedi non sono bastati a neutralizzare gli “Ikhwan” e a renderli innocui.
Anwar Sadat ne sa qualcosa ed è interessante la contemporaneità tra l’assassinio del Presidente egiziano nel 1981 e la redazione del “Progetto” di conquista dell’Occidente nel 1982: tale documento, ritrovato successivamente nel 2001, dimostra come i Fratelli Musulmani stavano pianificando la presa del potere anche in Europa e Stati Uniti, non soltanto in Egitto e nel resto del Medio Oriente.
Mubarak mantenne il movimento in uno stato di illegalità, ma il ricorso ai suoi buoni uffici nel fronteggiare le frange jihadiste massimaliste equivaleva a un riconoscimento del ruolo degli “Ikhwan”, i quali, forti della sostanziale legittimazione delle autorità, hanno potuto proseguire nell’occupazione delle “casematte” della società egiziana, in un processo molto simile a quello che ha avuto come protagonista il Partito Comunista in Italia.
Nel rapporto, il servizio d’informazioni statunitense esprime chiaramente la sua preoccupazione per la prospettiva di una presa del potere ad opera dei Fratelli Musulmani in Egitto. La loro ideologia, fortemente anti-americana e antioccidentale, avrebbe infatti determinato una significativa variazione di tendenza nella politica estera e di sicurezza de Il Cairo. L’ostilità verso l’Occidente è iscritta nel codice genetico del movimento sin dalla sua nascita nel 1928 e, a tal proposito, il rapporto della CIA menziona il pensiero del fondatore Hassan Al Banna, nonno guarda caso di Tariq Ramadan, l’intellettuale islamista amato dalle sinistre e da prestigiosi centri accademici di tutta Europa.
Ramadan, attualmente in carcere in Francia con l’accusa di violenza sessuale, incarna l’essenza della “taqqiya”, l’arte della dissimulazione tipica della Fratellanza, evidente a ben vedere specie quando promuove la sua nozione d’islam europeo, dietro cui si nasconde in realtà un approccio gradualista alla conquista del vecchio continente, sulla scia di quello adottato dagli “Ikhwan” egiziani per arrivare alla cacciata di Mubarak.
Ma se era già tutto scritto, se persino i protagonisti di quella infausta Primavera erano già stati identificati – tra gli esponenti di spicco della Fratellanza menzionati nel rapporto c’è Yussuf Al Qaradawi, lo Sheikh di Al Jazeera già all’epoca basato in Qatar – perché i Fratelli Musulmani non sono stati fermati? Perché l’Occidente, con gli Stati Uniti di Barack Obama in testa, ha anzi offerto una sponda indispensabile all’ascesa di Mohammed Morsi alla presidenza dell’Egitto? La risposta sta nella miope convinzione che gli “Ikhwan” avrebbero abbracciato lo “stato civile e di diritto” sul modello occidentale, così come recitava la propaganda dei media e di certi intellettuali di sinistra assurta a politica di stato e luogo comune globale.
Il popolo egiziano ha però rifiutato la parte di vittima sacrificalee si è ribellato al tentativo d’imposizione della dittatura ideologica dei Fratelli Musulmani, con dispetto sia dell’amministrazione Obama che dell’Unione Europea. Tuttavia, la caduta di Morsi, la Tunisia laica che continua a sbarrare il passo a Ennahda, il fallimento del tentativo di conquista del potere in Siria e Libia, non ha per nulla ridimensionato le ambizioni della Fratellanza, tenute vive dal patto tra diavoli che vede insieme il Qatar del regime di Hamad e Tamim Al Thani e la Turchia di Erdogan: i diavoli che intendevano trasformare quella Primavera in un inverno islamista.
Era già tutto scritto, dunque. La conquista del Medio Oriente come quella dell’Occidente. Il Califfato globale, rilanciato ufficialmente dall’ISIS e sognato anche da Al Qaeda, è l’obiettivo per cui gli “Ikhwan” sono venuti al mondo subito dopo la fine dell’impero ottomano e l’abolizione del Califfato basato a Istanbul nel 1924. Era già tutto scritto e se il Qatar, la Turchia e i Fratelli Musulmani riusciranno a realizzare il loro “Progetto” di conquista, l’Occidente non potrà dire di essere stato colto di sorpresa, ma sarà stato complice della sua stessa capitolazione.