Escono i diari di lavoro inediti in cui il grande architetto della Sagrada Familia spiega la sua sintesi di Medioevo e Rinascimento, confrontando le basiliche di Nôtre-Dame e del Sacré-Coeur a Parigi. L’attenzione ai valori simbolici che si rivela nell’ornamento «È passato il tempo in cui fede e entusiasmo religioso edificarono un’infinità di chiese.Oggi nel fare un tempio si cerca l’imitazione di forme plastiche di altre epoche,anziché l’idea di divinità che esse racchiudono»
di Antoni Gaudì
Nel fare un tempio non si pretende che esso abbia le qualità proprie di un Dio temibile che si sacrifica per il genere umano o che sia la dimora dell’onnipotenza di miliardi di sistemi solari; non ci si pone neppure l’obiettivo di lasciar trasparire una vittoria sublime, qual è il Sacrificio incruento.
Si cerca piuttosto l’imitazione di forme di altre epoche, che certamente erano magnifiche a quel tempo, dato che ancora percepiamo qualcosa di quel sacro incenso. Ma quel linguaggio non è nostro, e ciò che vediamo nella riproduzione di quelle forme è più il ricordo delle forme plastiche, le reminiscenze di quegli uomini, che l’idea che esse racchiudono, rivelandoci in una maniera vaga la Divinità.
Ciò significa che nel riprendere gli stili gotici adoriamo più il Medioevo, con i suo pregi e i suoi difetti; le sue forme plastiche ci richiamano alla memoria fatti, personaggi e tradizioni di quelle genti; potendo affermare che questi ci comunicano più idee romantiche che religiose, la religione dell’arte di altri tempi genera una conseguenza; non un’arte che si identifica con la religione per esprimerla, quale dovrebbe essere, ma un’arte che si impone come stile.
Ne deriva che le concezioni moderne sono ciò che potremmo chiamare puramente architettoniche; non si dà possibilità né alla pittura né alla scultura di mettere in evidenza i misteri della santa religione; non si consente loro neppure di occuparsi, come dovrebbero, della rappresentazione dei martiri, come nel Rinascimento con le sue brillanti e sublimi pitture; neppure il simbolo, che un tempo era tanto diffuso, ha l’importanza dovuta; essa è tutta rivolta, sembra ridicolo, alla foglia di cavolo, all’acanto, ai trafori, alle modanature, come forme puramente plastiche; infondono forse religiosità tali accessori che, come dettagli, non sono concordi con il nostro modo di essere?
Dove sono quei rilievi espressivi che ci ricordano, ora il martirio, ora il mistero, la carità o la contemplazione? Solo adesso si collocano alcuni santi, ma soltanto perché offrano la scusa per aggiungere un piedistallo o un baldacchino filigranato; si cerca cioè un pretesto per collocare una forma puramente plastica.
Inoltre, i mezzi di esecuzione sono cambiati completamente; a quel tempo, tutta la filigrana idealizzata di quei templi si poteva realizzare a un costo non elevato, oggi la scultura più piccola, un insignificante capitello che le ombre della navata devono nascondere, costa in modo esagerato; per l’aumento del prezzo della manodopera è impossibile fare un uso generoso di modanature, trafori, sculture ecc.; per questo ci vediamo obbligati a essere parchi e persino miserabili una volta adottato lo stile; e necessariamente costruiamo edifici incompleti che non dicono nulla, perché gli elementi di cui disponiamo sono completamente diversi, i nostri edifici moderni possono, malgrado tutti i sacrifici, essere paragonati a quelli di quei tempi?
Reggerà il paragone l’edificio del Sacro Cuore di Parigi con la cattedrale della stessa città, e non rimarrà piuttosto molto e molto indietro solamente nominando quelle di Reims, Colonia, Strasburgo, Chartres? Dove sono i monumentali portali, le sette torri, le immense volte? Occorre considerare che questi ultimi edifici sono dovuti all’iniziativa o di una popolazione o a quella di un principe, e il Sacro Cuore è o sarà dovuto allo sforzo di tutta la cristianità; questo per avere un enorme monumento che non rappresenta ciò che desideriamo e che non può esser e all’altezza delle costruzioni che vuole imitare.
Ciò è dovuto al fatto che non disponiamo più degli elementi di allora, ma va anche detto che ne trascuriamo altri che ci potrebbero dare grandi risultati, lasciandoli vagare ibridi e senza meta, escludendoli da queste sublimi manifestazioni. Mentre il paganesimo si esprime prevalentemente con la scultura, e cioè mediante forme tangibili, per rappresentare la vita terrena con i suoi semidei ed eroi, il cristianesimo si serve della pittura come mezzo per tracciare spiritualmente le sue concezioni in un’atmosfera impalpabile, in un corpo senza rilievo ma intriso di espressione, di affetti morali.
È risaputo che un tempo, nei secoli dell’architettura gotica, non era diffuso l’uso dei sermoni, e fu solamente al tempo della Riforma, quando si crearono gli ordini di predicatori, che esso iniziò ad affermarsi. A quel tempo quindi la chiesa era solo un luogo dove si pregava e si praticavano gli atti religiosi e non vi si andava, come adesso, per istruirsi e fortificarsi moralmente per mezzo delle prediche.
Prima la principale funzione era svolgere gli uffici religiosi; adesso se ne aggiunge un’altra, i sermoni, necessità che richiede di essere soddisfatta. Inoltre, sono sempre più frequenti, a causa delle nostre occupazioni quotidiane, le funzioni religiose serali. È inutile dire i vantaggi che ottengono le pitture dalla luce artificiale e l’alimento che danno alla parola le scene grafiche quando il senso che più si distrae, l’udito, trova una guida nella vista; condizione tanto più degna da prendere in considerazione, per quanto non molti anni fa, come accade tuttora in alcuni casi, si chiudevano tutte le tende durante il sermone, oscurando quasi completamente la chiesa, nell’intento di aiutare l’immaginazione a vedere vagamente scene in consonanza con il discorso sacro.
Quanto abbiamo esposto finora corrisponde né più né meno all’ideale di alcune chiese rinascimentali, che era tuttavia avvolto da idee completamente opposte, ossia l’applicazione di forme ed elementi così esageratamente in rilievo che, come è naturale, il chiaroscuro della pittura appariva come una fantasmagoria vista attraverso un velo. Portiamo dunque avanti queste idee, che sono tanto radicate nel sentire comune e, invece di contrariare e contrariarci, risolviamo le difficoltà naturali; se ci riusciremo, avremo fatto molto.