In merito al PadovaPride, la “manifestazione dell’orgoglio omosessuale” in programma nel capoluogo patavino il prossimo 8 giugno, il Coordinamento pastorale cittadino e i frati della basilica del Santo hanno pubblicato una nota congiunta che apparirà sul numero in uscita del settimanale diocesano “La difesa del popolo”, e verrà successivamente diffusa a livello diocesano e parrocchiale.
«Semplici spunti – si legge nella premessa – che non hanno la pretesa né di esaurire né di approfondire una tematica complessa e carica di risvolti personali, morali, sociali e anche religiosi. Sono questi ultimi gli aspetti che ci stanno particolarmente a cuore e sui qualivogliamo soffermarci». Presentiamo, di seguito, una sintesi del documento. Omosessualità e legge naturale. «Sotto l’aspetto morale – si legge nella nota – la tendenza omosessuale» non è «considerata una colpa» e «centrale è la distinzione tra tendenza e comportamento: se della prima non si è colpevoli, i comportamenti sono invece soggetti al giudizio morale».
Infatti, precisano gli estensori del documento, «se spesso non si è liberi di scegliere la condizione omosessuale», si è nondimeno «liberi di decidere come viverla. Occorre distinguere, allora, tra omosessualità e “persone omosessuali” verso le quali è da condannare ogni forma di discriminazione, emarginazione e offesa».
Quanto al comportamento in sé, la nota è inequivocabile: «Il comportamento omosessuale non è giustificato né giustificabile» perché «l’amore, nella sua espressione sessuale, non è un fatto unicamente soggettivo legato alle “preferenze” delle persone, ma ha un suo codice oggettivo legato all’incontro di due diversità, quella maschile e femminile, che a sua volta si apre al dono della vita».
La tradizione cristiana «ha sempre dichiarato che gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati. Sono contrari alla legge naturale» perché «precludono all’atto sessuale il dono della vita. Non sono il frutto di una vera complementarità affettiva e Sessuale».
Quali compiti per la pastorale? Poiché «il compito della comunità cristiana è annunciare a ogni uomo, in qualsiasi situazione si trovi, che è amato da Dio e chiamato a rispondere a questo amore», il documento richiama innanzitutto la necessità di «accogliere, rispettare, capire, stimare» la persona omosessuale che «va aiutata ad accettare la propria situazione e a superare eventuali sensi di colpa». Va evitato «ogni giudizio sommario e valutata con prudenza l’eventuale responsabilità»; va evitato inoltre «sia quel “rigorismo” che genera nella persona angoscia e sensi di colpa, sia quel “lassismo” che è diseducante e illusorio».
Compito del pastore «cui l’omosessuale chiede aiuto è soprattutto quello di donare l’amore di Dio e la proposta di vivere la propria vita cristiana con serietà e impegno». Il documento pone quindi in guardia sui possibili rischi di «semplificare la realtà non considerando le diverse forme di omosessualità» o di «usare criteri totalmente diversi rispetto a quelli che si usano verso l’eterosessualità temendo di parlare di rispetto, sacrificio, castità?». A proposito di quest’ultima afferma: «Anche le persone omosessuali sono chiamate alla castità attraverso le virtù della padronanza di sé».
Il PadovaPride.
Pur riconoscendo ai movimenti omosessuali «il merito di aver portato l’opinione pubblica a riflettere sulle problematiche sociali e culturali della condizione omosessuale, di aver denunciato le ingiustizie e le violazioni dei diritti umani di queste persone», la nota rileva che «alcune battaglie, quando contengono una forte carica ideologica e quando assumono toni e forme esasperate (come “orgoglio” omosessuale), rischiano di non aiutare un sereno confronto» generando anzi «una forte opposizione ideologica. Una diversità sessuale gridata ed esibita, la chiude in stereotipi incapaci di generare il superamento di pregiudizi e chiusure».
Di fronte, poi, alla rivendicazione di «presunti diritti al “matrimonio” o all’adozione», e all’assunzione di forme di espressione provocatoriamente volgari, «è giusto esprimere il proprio motivato dissenso». In altre parole, è posto in discussione, «non il diritto di tutti i cittadini a manifestare le proprie convinzioni» chiarisce la nota, ma le «forme volutamente provocatorie e insultanti contro la chiesa e contro i cittadini cattolici» che »in passato il gay pride ha assunto».
E a questo proposito, la Chiesa di Padova, che «ha in più occasioni dimostrato di cercare il dialogo con tutti, anche con le persone omosessuali» attraverso diverse forme di disponibilità e accoglienza, esprime rammarico per il fatto che «gli organizzatori del PadovaPride non abbiano voluto tener conto del momento particolare che vive la “città del Santo” in preparazione alla festa di sant’Antonio.
Tuttavia «la “provocazione” del PadovaPride – conclude la nota – significa per la comunità cristiana impegnarsi a cogliere sempre meglio il messaggio biblico sulla vocazione di ogni personaalla salvezza e alla felicità, a riflettere sul senso e sui valori della sessualità» e «a promuovere una vera cultura dell’accoglienza».