Gender: rivoluzione o involuzione?

Relazione magistrale del prof. Massimo Gandolfini all’iniziativa Cattedrale Aperta che si è svolta mercoledì 21 gennaio 2015 a Genova alla presenza del Cardinale Bagnasco e altre autorità (pubblicato su: http://www.chiesadigenova.it/)

 gender

 PREMESSE

Ho pensato che questo nostro incontro debba avere un duplice scopo: culturale, per la conoscenza di un argomento certamente complesso e assai poco conosciuto nella sua struttura essenziale, e pratico, suscitando una sorta di “militanza attiva” a favore della verità e del bene comune. Spero, altresì, di fornire agli uomini di buona volontà uno strumento di discernimento per giungere ad una libera scelta, indispensabile per uscire dall’ambivalenza malsana di questa nuova cultura.

Sarebbe mio desiderio che il discernimento giungesse ad una decisione concreta e coraggiosa: rompere con tutti i compromessi e impegnarsi risolutamente in un’ impresa (culturale, sociale, politica, educativa, formativa) al servizio del bene dell’uomo e della donna – pari in dignità e ricchi di doni antropologici propri e specifici – propizio alla loro unione, alla loro fecondità umana, sociale e spirituale, al loro sviluppo, alla loro crescita e felicità, così come alla riscoperta dei valori più alti della nostra millenaria cultura.

Purtroppo, dobbiamo constatare che molti “agenti” di questo sviluppo, cui spetta il diritto/dovere di conoscere per formare – genitori, educatori, accademici, dirigenti, politici, giuristi, religiosi, pastori, catechisti, responsabili a vari livelli – continuano ad essere confusi, superficiali e, spesso, già inconsapevolmente immersi nell’ingranaggio ideologico del “gender”.

il discernimento non può prescindere dalla conoscenza – onesta, completa e reale – della storia (tutta occidentale) dello sviluppo del concetto di gender. In primis (analizzeremo meglio i vari passaggi storici più avanti) va immediatamente chiarito che il “gender” è stato concepito in alcuni laboratori di scienze umane legati all’ intellighenzia post-moderna, negli anni Cinquanta. Si è organicamente innestato nella rivoluzione femminista – sessuale e culturale – degli anni Sessanta-Settanta, giungendo a “maturità” concettuale negli anni Ottanta, per imporsi sulla scena mondiale, come norma politica mondiale, alla IV Conferenza internazionale Onu sulla donna – Pechino 1995.

Il punto di partenza, il pretesto utilizzato in maniera strategicamente efficace, è il principio della parità dei sessi: affrontando questo tema secondo un’interpretazione civile e laica della parità – concepita esclusivamente come POTERE e DIRITTI – il processo rivoluzionario del gender attacca – culturalmente, politicamente e giuridicamente – la identità costitutiva dell’uomo e della donna come persone.

Il progetto occulto è la volontà di ferire mortalmente la loro meravigliosa complementarietà ed unità nell’amore, la loro vocazione ed il loro ruolo educativo specifico, la mascolinità e la femminilità, la paternità e la maternità, il matrimonio e la famiglia, la struttura antropologica della persona umana, predisposta all’ amore donato, ricevuto e condiviso.

Queste realtà antropologiche sono state universalmente riconosciute nella storia (soprattutto del mondo occidentale) come intrinsecamente buone ed indissolubili dalla felicità, che ogni uomo scopre donando sé stesso ed amando.

Il gender considera queste realtà  frutto di mere costruzioni sociali, prive di bontà immanente, e – soprattutto – contrarie alla parità e ai diritti: quindi, in quanto tali, discriminatorie!

Emerge così una nuova etica che impone la loro decostruzione attraverso la cultura e, soprattutto, attraverso l’educazione delle giovani generazioni. una volta compiuta la decostruzione della struttura antropologica maschile e femminile, l’ideologia di gender passa alla costruzione: non più persona, ma individuo-cittadino, libero e liberato da ciò che è per natura (maschio o femmina), asessuato o pansessuato, radicalmente indifferenziato, detentore del sommo diritto di autodeterminarsi, pretendendo che ogni desiderio si trasformi in bisogno e, quindi, diventi diritto.

La sfida che incombe su ciascuno di noi è davvero molto complessa; ha implicazioni culturali, educative, giuridiche, politiche, antropologiche e spirituali

E’ molto facile essere assaliti da sentimenti di impotenza, smarrimento, rassegnazione di fronte ad un’ondata ideologica tanto pervasiva a livello mondiale, tanto più se consideriamo che, ad oggi, nessuno governo si è dimostrato capace di ostacolare efficacemente il processo di invasione del gender nel tessuto sociale

Forse, non è esagerato dire che ci troviamo di fronte ad uno dei più grandi tentativi di trasformazione sociale e culturale di tutti i tempi

Con la chiarezza intellettuale e la lucidità comunicativa che lo caratterizza, ben ebbe a dire Papa Benedetto XVI: “L’ideologia di genere è la più grande sfida che la Chiesa ha di fronte” (discorso alla Curia Romana, 21 dicembre 2012)

Forse, i tentativi fino ad ora messi in atto hanno fallito da un lato per semplicismo, superficialità, ignoranza e scarsa capacità di analisi, dall’altro per sottovalutazione del pericolo, dando vita a tentativi di compromessi con l’ideologia (cosiddetti “bendage solutions” : soluzioni cerotto), caratterizzati da mancanza di chiarezza e di fermezza. Oggi dobbiamo trovare il coraggio di andare in profondità ed attaccare la radice di un male che è già diventato una pianta con decine di rami.

GENDER : RIVOLUZIONE O INVOLUZIONE ?

Un concetto va chiarito, come “conditio sine qua non”, se si vuole inquadrare con lucidità il problema dell’ideologia gender: il gender porta la maschera. “larvatus prodeo” diceva Cartesio, “procedo mascherato” per colpire al cuore, senza essere scoperto.

La “maschera” del gender ha tanti nomi.

Si chiama: uguaglianza, parità, equità, libertà di scelta, diritti, progresso, autonomia, emancipazione e promozione della donna, compassione, non discriminazione, lotta al bullismo ed alla violenza. Tutti concetti umanitari ed umanistici, altruistici e solidali, con forte richiamo alla giustizia e alla difesa del più debole … ma dai frutti si riconosce l’albero !

C’è chi ha paragonato il gender ad un nucleo con cerchi concentrici: il “nucleo” è l’ideologia, dura e chiara, su cui devono convergere i “cerchi” concentrici. I cerchi più esterni, i più visibili perché i più lontani dal nucleo, nascosto, sono i progetti a più ampio consenso, capaci di sedurre la maggioranza delle persone, capaci di evocare i sentimenti migliori insiti in ciascun uomo … quelli, appunto, che ho appena elencato.

Il nucleo – lo zoccolo duro, come siamo abituati a dire oggi – ha struttura ben diversa, sorretta dal cemento armato dell’ideologia: tesi indimostrate ed indimostrabili, sulle quali costruire un nuovo umanesimo.

Il gender pone la sua scure alla radice stessa dell’umano, demolendo millenni di storia e di valori universalmente condivisi, per edificare un “transumano” in cui l’uomo appare come un nomade – o un vagabondo – privo di qualsiasi meta, appagato solo dal raggiungimento del proprio istintuale (forse dovremmo dire irrazionale) piacere.

Forse sarebbe bene che ricordassimo la lucida definizione che Hannah Arendt – unica giornalista occidentale ad essere ammessa al processo di Gerusalemme contro il criminale nazista Adolf Heichmann – ci diede del verbo “pensare”: “Pensare non è la capacità di costruire idee o teorie ed assemblarle, ma è la capacità di discernere tra bene e male” (“La banalità del male”).

il gender e’ proprio il risultato di un lungo processo di rivoluzione culturale su base ideologica, caratterizzato da un duplice punto di partenza: uno che potremmo definire teologico ed uno storico-filosofico, che – per necessità di tempo – cercherò di delineare nella struttura essenziale, che potrà essere utile a chiunque volesse conoscere in modo più completo questa tematica.

Ma ancor prima di entrare in argomento, è indispensabile un inquadramento scientifico-biologico di quella che chiamiamo “identità sessuata”, che caratterizza l’essere umano, fin dai primordi della sua comparsa nel mondo. Diamo, anche se brevemente, voce alla scienza, che lo stesso K. Popper – filosofo relativista del XX secolo – aveva riconosciuto come “strumento di conoscenza dei fatti” (K. Popper, “La società aperta e i suoi diritti”)

Cenni di biologia umana

I due sessi, maschio e femmina, sono portatori di specificità biologiche – differenti e complementari – che hanno nel patrimonio cromosomico-genetico il loro codice fondamentale (46 cromosomi, di cui 2 sono chiamati “cromosomi sessuali”). Il sesso maschile è identificato dai cromosomi sessuali XY, il sesso femminile XX; la X si eredita dall’ovocita materno, la Y o l’altra X dallo spermatozoo paterno. Il cromosoma Y viene definito il “determinante biologico della sessuazione”, intendendo così che è la sua assenza a determinare il sesso femminile e la sua presenza il sesso maschile. E’ il più piccolo dei cromosomi (meno di 100 geni) ma è dotato di una grande capacità di penetranza biologica.

La sessuazione gonadica è bipotenziale fino alla settima settimana di vita intrauterina: con la presenza dell’Y, essa si dirige verso la costruzione dell’apparato genitale (interno ed esterno) maschile; in sua assenza, verso quello femminile. Legata strettamente a questi due cromosomi è la sintesi proteica che determina la produzione ormonale: ormoni androgeni (testosterone) per il maschio, ormoni estrogeni per la femmina (piccole dosi sia di androgeni che di estrogeni sono presenti in entrambe i sessi).

Il sesso è – quindi – un “apriori” che ognuno di noi s’è trovato addosso, fin dal concepimento!

In estrema sintesi, ho rappresentato la fisiologia/biologia della differenziazione sessuale umana. Al di fuori di questi canoni, si esce dalla fisiologia e si entra nel vasto mondo della “patologia”. Si parla di cromosomopatie, genopatie, malattie dei recettori, ormonopatie che provocano quadri clinici patologici inerenti – con modalità specifiche e complesse – la sessuazione e, di conseguenza, anche lo sviluppo personale e sociale della persona.

Ho ritenuto utile questa precisazione (necessariamente molto sintetica) per evidenziare un concetto che sta alla base dell’ideologia gender: essa presuppone che l’appartenenza biologica sessuale è ininfluente per lo sviluppo della persona, essendo invece determinante per questa la libera scelta di un “genere”, anche in totale opposizione rispetto al proprio sesso biologico. E’ come se l’essere umano fosse asessuato o pan sessuato e possa – quindi – scegliere (sarebbe più corretto dire “autodeterminarsi”) un dato genere che, in quanto prodotto di una scelta personale, è modificabile nel tempo, in un processo auto poietico che non conosce limiti.

Ora, possiamo ritornare al nostro tema centrale.

IL PUNTO DI PARTENZA TEOLOGICO

Penso che dobbiamo partire dalla corrente teologica del deismo del XVIII secolo che, trasformando dio in un “grande architetto”, artefice estraneo al creato, ha inaugurato il processo di separazione fra Dio e la paternita’: Dio non è un padre immensamente buono che per amore crea l’uomo – così che egli possa partecipare della incondizionata felicità della vita divina – bensì è una sorta di “wonderfull mind” che crea l’universo per narcisistico potere di onnipotenza.

Questa separazione fra paternità, amore e potere – apparentemente solo di carattere speculativo e priva di implicazioni concrete – costituisce, in realtà, una chiave interpretativa indispensabile per capire il successivo evolversi del pensiero sul tema della paternità. In effetti, la conseguenza è che, se così ha agito il Padre (P maiuscola), cioè per autorealizzazione, senza amore, altrettanto agisce il padre (p minuscola), che – privato dell’aspetto donativo/oblativo – resta solo una figura di potere e di decisione unilaterale.

E’ in questa prospettiva che va letto, ad esempio, Jean Jacques Rousseau (1712-1778) – vero precursore della post-modernità – quando dichiara che essere padre è un privilegio, contrario all’eguaglianza. C’è una vera opposizione dialettica fra essere padre e parità fra i cittadini.

E’ la stessa opposizione dialettica che Rousseau propone fra la persona e l’ individuo. La persona designa un ruolo (diversificato da soggetto a soggetto), ma colui che detiene diritti è l’individuo-cittadino, che sia uomo, donna, bambino, omosessuale, ecc …ed il primo dei diritti è il “diritto di libera scelta”. Non solo viene negata la coincidenza dei due concetti di individuo e di persona, ma si propone una vera incompatibilità dell’uno con l’altro: l’affermazione dell’individuo porta con sé la negazione della persona.

E’ la prima tappa di quella che possiamo definire “LA MORTE DEL PADRE”

La seconda tappa si ha con Sigmund Freud (1856-1939), che rifonda l’antropologia occidentale sull’ ES o ID (pulsioni primarie, animale primitivo, subconscio), IO o EGO (istanza mediatrice, l’io socializzato) e SUPER-IO o SUPER-EGO (leggi sociali-morali frutto della socializzazione, coscienza morale, inconscio). Il principio della LIBIDO (piacere) è la motivazione primaria dell’agire umano. Il Super-Io è modellato dal padre, dal sistema educativo, dalla religione, dalla società con le proprie tradizioni, norme morali, istituzioni e leggi, ed è il soggetto che impedisce di dar libero corso alla vitalità sessuale libera: è, quindi, Repressivo.

Per Freud “la felicità non è un valore culturale; è un piacere da conquistare”. Questa “lotta di liberazione” passa attraverso la morte del padre (che diverrà tema dominante durante la rivoluzione sessuale del maggio 1968).

Freud, forse inconsapevolmente, inaugura quella separazione fra biologia e cultura (societa’) che costituisce una delle pietre fondative del gender.

Alla fine del XIX secolo, Friederich Nietzsche (1844-190) decreta la MORTE DI DIO ed Il vuoto lasciato dalla sua morte dà spazio al superuomo, che – occupando quindi il posto di Dio –  fonda ed elabora un nuova morale, incentrata sulla ricerca e realizzazione del piacere individuale.

Alla “morte del padre” segue la “MORTE DELLA MADRE”, con (1879-1966) fondatrice dell’ Organizzazione Internazionale Pianificazione Famigliare (Planned Parenthood International Organization, ben nota per le campagna a favore della sterilizzazione imposta nei Paesi del Terzo Mondo)

Il motto è “liberare la donna dalla schiavitù della riproduzione”: diritto d’aborto e diritto alla contraccezione.

il diritto alla contraccezione è stato riconosciuto per la prima volta “ai genitori” nella Prima Conferenza Internazionale sui Diritti dell’Uomo di Teheran 1968, ed estesa “A coppie ed individui” a Bucarest 1974 alla Prima Conferenza Internazionale sulla Popolazione.

Prima di passare al punto successivo, vorrei esprimere un commento/considerazione personale: dato che il punto di partenza di questa rivoluzione antropologica è stato il rifiuto dell’amore paterno, la soluzione a questa crisi non sarà da ricercare proprio in un ritrorno al padre ed al suo amore?

IL PUNTO DI PARTENZA STORICO: LA STORIA DEL GENDER

Possiamo cercare di strutturare quattro tappe:

  • Comparsa del concetto “GENDER”
  • Gli anni della maturazione e del consolidamento
  • Il “queer”, il “sesso fluido”
  • Il “postgenere”: nomadismo, transumanesimo

Comparsa del “GENDER”

Dal punto di vista strettamente cronologico, una sicura data di nascita del termine “gender” è difficile da stabilire. Il primo testo ufficiale che lo utilizza è un libretto ad opera di Sigmund Freud, intitolato “Psicogenesi di un caso di omosessualità femminile” (1920). In quel testo si propone la distinzione fra “gender identity” e “gender role”, gettando le basi della complessa elaborazione ideologica che seguirà.

In senso stretto il “gender” appare per la prima volta negli USA ad opera dello psicoterapeuta-sessuologo John Money (1921-2006): di fronte a casi clinici di ermafroditismo (ora si definiscono intersessuali: soggetti con tratti biologici di entrambe i sessi) utilizza il termine “gender” in riferimento ad una identità sessuale che non coinciderebbe con l’identità biologica. Dato che il dr. Money è considerato, potremmo dire universalmente, come il “padre del gender”, ritengo sia utile conoscere qualche dato in più della sua biografia.

Negli anni ‘50/’60 è professore di pediatria, psicologo e sessuologo presso la J.Hopkins University, discepolo di Alfred Kinsey (noto autore dei “rapporti Kinsey”-1953- che diedero inizio alla cosiddetta rivoluzione sessuale; sostenitore della pedofilia e favorevole all’abrogazione delle leggi che tutelavano i bambini, autore di “Meditations on the Gift of Sexuality, libro fotografico con contenuti pedo-pornografici), fondatore della Gender Identity Clinic di Washington (1958) , per la terapia di riassegnazione sessuale, di cui sarà direttore fino alla morte. Anche Money era favorevole alla pedofila, rilasciò interviste in tal senso al periodico “The Journal of Pedophilia” (1991) ed autore di un testo dal titolo “Pornography in the Home” (Pornografia in Casa).

Era convinto sostenitore della cosiddetta “nurture theory”, teoria dell’ambiente: fino ai 2 anni il bimbo è privo di una vera identità sessuale e  – quindi – entro quel tempo, questa può essere plasmata anche in opposizione al sesso biologico. Sinteticamente, la tesi di Money era la seguente: si nasce biologicamente maschio o femmina, ma il dato biologico è ininfluente sullo sviluppo della personalità (uomo o donna), perché questa è costruita dagli “stereotipi” educativi e sociali, di natura sessista, che la società prepotentemente impone.

Sono le basi della (Sesso, concetto biologico; Genere, ruolo sociale liberamente autodeterminato). E’ possibile appartenere ad un dato sesso biologico, ma scegliere per sé un genere (di vita personale e sociale) in completa opposizione al dato sessuale.

Nel 1966 accade il “famoso” caso Bruce,Brenda,David Reimer, che essendo (tristemente) ben noto tralascio di narrare.

Nel 1958, presso l’Università di Los Angeles, si dà vita al Gender Identity Research Project (Robert Stoller, psichiatra, 1925-1991), da cui nasce il concetto di “identità sessuale”, che verrà presentato al mondo, per la prima volta, al Congresso Internazionale di Psicoanalisi di Stoccolma nel 1963:

  • il “genere corrisponde alla quantità di maschile e di femminile presente in un dato soggetto”;
  • i genitori e la cultura determinano l’identità SESSUALE, molto più che il sesso biologico,
  • l’ identità sessuale , quindi, è il risultato di un processo di libera autoidentificazione ed autoassegnazione.
  • il sesso è confinato alla biologia; il genere è una scelta autonoma.

Gli anni della maturazione e del consolidamento

Possiamo dire che la teoria gender ha un’origine franco – americana.

Negli USA abbiamo già visto. In Francia – negli anni ’60 – si struttura la cosiddetta “rivoluzione sessuale”, entro la quale ha un ruolo determinante il movimento femminista.

Il concetto di gender si arricchisce con il contributo dell’esistenzialismo ateo francese (J.P. Sartre) : “liberare l’ individuo dall’ in sé, perché possa vivere per sé”.

Contemporaneamente, Simone De Beauvior (1908-1986), che fu compagna di vita di Sartre, occupa un posto fondamentale entro il movimento femminista-rivoluzionario.  Nel 1949, scrive il saggio “il secondo sesso”, in cui conia la celebre frase: “DONNA non si nasce, lo si diventa”. Per S.de Beauvior “il matrimonio e la maternita’ sono all’origine dell’oppressione e della dipendenza femminile”. Pillola ed aborto sono strumenti di liberazione della donna, perché possa riprendersi la “padronanza del proprio corpo” e “disporne liberamente”.

In questo contesto culturale, si inserisce anche l’analisi marxista della società: una lotta di classe che diventa “lotta dei sessi”, al fine di chiudere con l’oppressione maschile e con le disparità.

Siamo a Parigi, alla Sorbona, ove insegnano Sartre, Marcuse, Levi-Strauss, Simone di Beaviour; vengono riletti in chiave “gender” “La Sacra Famiglia” di Karl Marx e “L’origine della famiglia, della proprietà privata e dello stato” di Friedrich Engels: “La prima oppressione di classe coincide con quella del sesso femminile da parte del sesso maschile” (1846).

Herbert Marcuse (1898-1979) – nel suo libro “Eros e civiltà”- preconizza l’avvento di una società non repressiva, che fa delle pulsioni sessuali dei valori politici.

Il libro della femminista inglese Ann Oakley (nata 1944, vivente), “Sex, gender and society” scritto in quegli anni (1972) può essere considerato il manuale fondatore del gender feminism negli USA.

Sul piano pratico, tutto ciò determina la scelta, da parte di numerose università americane, di fondare ed aprire dipartimenti di gender studies, con lo scopo di promuovere lo studio sulle differenze sociali, economiche e politiche fra uomo e donna, ispirandosi alla french theory elaborata nelle università francesi.

Nasce così un pensiero composito e complesso, fatto di contribuiti marxisti, freudiani, nietzschiani e post-moderni (alcuni nomi: Michel Foucault, Jacques Derrida, Jacques Lacan, Julia Kristeva, Claude Levi-Strauss, Simone De Beauvior, Monique Wittig), cuciti fra loro dal filo rosso del declassamento totale dello strumento “ragione”: la ragione e la scienza non sono in grado di spiegare il mondo per ciò che è e, pertanto, ricerca scientifica e ricerca filosofica sono un’inutile perdita di tempo.

In modo sintetico, ecco i Capisaldi del gender feminism:

  • la parità impone la decostruzione degli stereotipi maschile e femminili;
  • lotta alle discriminazioni sessiste: aborto, contraccezione;
  • ridistribuzione globale del potere sociale, per eliminare le “gender disparities”
  • colmare il divario maschi-femmine (gender gap) in ogni ambito della società.

Utilizzando categorie marxiste, si afferma che le donne subiscono un triplice lavoro:

  • RIPRODUZIONE (maternità);
  • PRODUZIONE (lavoro);
  • RIPRODUZIONE SOCIALE (accadimento della casa-famiglia),

che sono alla base di una vera e propria condizione di schiavitù, culturale e sociale, per affrancarsi dalla quale è necessario ridefinire il concetto stesso di “femminilità”, attraverso un processo di autoidentificazione del ruolo femminile e sessuale (in generale) , liberando quest’ultimo da ogni determinismo biologico.

Questo è il percorso che porta, di fatto, all’alleanza del Gender Feminism con le rivendicazioni omosessuali risalenti a Money: Monique Wittig (1935-2003) – leader del movimento lesbico francese – lega esplicitamente la teoria gender alle rivendicazioni omossessuali, che si consolidarono sul piano sociale negli USA nel 1969, con la “rivolta” di Stonewall ed il primo gay pride nel 1970.

Evocando l’argomento della parità – proprio del femminismo – il movimento omosessuale attacca la eteronormatività , cioè la norma eterosessuale trasmessa dalla cultura e dalla società, escludendo le pratiche omosessuali e si costruisce – purtroppo anche a causa di parole e azioni scellerate in tal senso – il mantra degli atteggiamenti discriminatori di cui sono oggetto individui che si riconoscono in orientamenti sessuali diversi, rispetto all’eterosessualità.

A questo punto, diventa indispensabile comprendere chiaramente, senza ambiguità e confusione, quale sia il vero scopo del gender e la sua vera natura:

– il gender è stato pensato per rompere l’unità ontologica della persona umana, separandola dal suo corpo, maschile o femminile.

– ha valore unicamente la volontà di autodeterminarsi liberamente, anche contro il proprio corpo;

– il gender è un concetto post-moderno, che implica e richiede un processo di decostruzione e di ricostruzione autopoietica;

– attinge parametri ideologici di varie linee filosofiche: manicheismo, gnosticismo, deismo, marxismo, nichilismo, freudismo, esistenzialismo ateo;

– è una pura teoria: costruzione intellettuale priva di qualsiasi ancoraggio alla realtà. pura ed assurda astrazione.

La “Queer Theory” e il “sesso fluido”

Fino a questo punto, i generi proposti sono sostanzialmente quattro: lesbian, gay, bisexual, transexual; sintetizzati nel noto acronimo LGBT. Ma con il passare degli anni i generi ribelli e non-normativi si moltiplicano, rendendo necessario formulare un nuovo paradigma che li possa comprendere, senza allungare all’eccesso l’acronimo storico.

Compare sulla scena il “queer”, la non-identità, che inglob tutte le soggettività fluide.

La teoria Queer (in inglese, queer significa “strano”) si sviluppa negli USA negli anni ’90, come conseguenza diretta dell’ideologia gender.

L’espressione sarebbe stata coniata da Teresade Lauretis ed utilizzata per la prima volta nel 1990, durante una conferenza sulla sessualita’ lesbica e gay all’Università di California. Verrà ripresa e propugnata dalle filosofe post-strutturaliste Judith Butler, Eve Kosofsky, Adrienne Rich e Diana Fuss. E’ forte l’influenza filosofica di Michel Foucault.

La teoria queer sostiene che la gender identity (orientamento sessuale) e gli stessi atti sessuali sono solo costruzioni sociali. L’orientamento sessuale non è naturale né essenziale per l’individuo: esiste un intervallo fra ciò che il soggetto fa ed il suo io.

La teoria queer è oggi culturalmente preminente e si caratterizza perché:

– non tende tanto né alla tolleranza né alla parità,

– tende alla destabilizzazione identitaria e istituzionale nella prospettiva di una sovversione radicale dell’umano;

– I suoi obbiettivi sono sociopolitici, seminando disordine nelle scelte normative sociali, partendo dalla destrutturazione dell’ordine sessuale.

Il movimento queer è militante e dinamico; Monique Wittig parla di “macchine da guerra” per “demolire le regole convenzionali”.

“Queer è per definizione ciò che è in conflitto con il normale, il legittimo, il dominante. Non si riferisce a nulla di particolare: è un’identità senza essenza” (“Saint Foucault: Towards a Gay Hagiography”, David M. Halperin, 1997). In quanto tale, non si può fissare né cristallizzare in nulla di definitivo, neppure entro le categorie di genere (LGBT), ma richiede una continua mutevolezza che, sola, garantisce l’esercizio di una vera libertà di scelta ed autodeterminazione.

Sul piano pratico, assistiamo all’allungamento degli elenchi dei generi possibili e disponibili. Il settimanale Repubblica, in data 4 luglio 2014, propone 58 generi diversi.

Ciò che appare più allarmante è che – nel dibattito interno al gender – si proponga di arruolare anche il “genere pedofilo”, fermo restando quanto specificato da John Money nel 1991: “… se la relazione fosse assolutamente reciproca e l’instaurarsi del legame autenticamente, assolutamente reciproco … allora io non lo definirei affatto patologico” (il grassetto è dell’autore; “Interview John Money; Paidika: the Journal of Paedophilia, 1991, vol.2, n.3, pg.5)

Questo è quanto richiede da decenni la NAMBLA (North American Man/Boy Love Association) organizzazione politica per i diritti civili dei pedofili e per la legalizzazione della pederastia.

Mi si permetta un breve break per un commento indispensabile.

L’espressione originale “identità senza essenza” esprime chiaramente il programma ideologico tanto del queer, quanto della filosofia post-moderna che ne costituisce la base.

Penso che già di primo acchito, essa appare come una teoria irrazionale, addirittura al suo stesso interno, dato che si caratterizza per una chiara intrinseca contraddizione: qualsiasi identità non può essere né proposta né conosciuta se non ha una definizione ed un contenuto identificabile. Da un lato, l’affermazione identitaria è necessaria per compiere la rivoluzione queer, ma ogni rivoluzione richiede di sostituire un’identità ad un’altra: quale, se il queer è per definizione privo di identità ?

Un soggetto queer è un soggetto che non è più in grado di definirsi, vagabondo ed errante fra un genere ed un altro, vittima di un non-identità peraltro impossibile, dato che nel momento stesso in cui dichiara una scelta, dichiara automaticamente un’identità.

E’ queer solo chi si autodefinisce e si dichiara pubblicamente tale; ma come può la società riconoscere pubblicamente ciò che – per definizione – non è? Si badi bene che lo stesso idolo del materialismo – il corpo – diventa materia fluida, porosa, senza sostanza, ininfluente.

La contraddizione è senza soluzione: da una parte, deliberata volontà rivoluzionaria di affermazione identitaria, dall’altra rifiuto di avere un’identità oggettivabile e, quindi, proponibile.

Butler, nel suo libro “Gender Trouble: Feminism and the Subversion of Identity” (scritto in USA nel 1990, comparso in Francia nel 2005 ed in Italia nel 2012) (“Turbamento di Genere”), sostiene che essere donna o uomo “non è qualcosa che si è, ma che si fa … uomo e maschio possono designare tanto un corpo maschile quanto uno femminile; donna e femmina lo stesso”

Linda Nicholson, nel testo “Interpreting Gender” (1994), riprende la Butler e propone il “modello attaccapanni”: il sesso biologico è l’attaccapanni, cui appendere il gender, che è l’abito cambiabile ogni giorno! Negli stessi anni, la biologa femminista Anne Fausto-Sterling, in un articolo apparso su “The Sciences” (marzo 1993) dichiara l’esistenza di cinque sessi: male, female, merm, ferm, herm (gli ultimi tre si riferiscono alle forme di ermafroditismo)

Con quale strumento si potrà realizzare questa “rivoluzione antropologica”? La risposta è chiara e pronta: con l’utilizzo del linguaggio performativo: Il linguaggio non è uno strumento per nominare il reale, ma è il prodotto di un progetto sociologico ed antropologico, attuato da ingegneri sociali .

il sesso non esiste prima del linguaggio; e’ linguaggio che costruisce la categoria sesso. Cade, quindi, anche lo zoccolo duro del relativismo di K. Popper (1902-1994), per il quale tutto può essere ripensato, rivisto, detto e contraddetto, ma una regola non può essere elusa, la “corrispondenza ai fatti”.

L’autopoiesi, l’autocostruzione, l’autodeterminazione, l’autoreferenzialità non possono ammettere alcun tipo di “apriori”: il fattore biologico naturale (sesso) non ha alcun valore ne’ senso.

COSTRUIRE – DECOSTRUIRE – RICOSTRUIRE.

Nel libro “Gender and Power: Society, the Person, and Sexual Politics”, la transessuale australiana Raewynn Connel (1944, vivente) – nata Robert William Connell – professoressa di sociologia all’Università di Sidney, consulente Onu ed Unesco in materia di parità dei sessi – alla domanda se si sente uomo o donna, dichiara: “non mi sento donna. io lo so”. Un concreto esempio di gnosticismo in chiave XXI secolo.

L’essere o il sentirsi uomo/donna non è una questione di sentimenti o di percezione, bensì di possesso intellettuale, cioè di conoscenza.

Pescando nel pessimismo freudiano, Butler giunge anche a dichiarare che “il genere e’ sempre un fallimento: tutti falliscono”, ma aggiunge: “va bene cosi’”.  Il gender non è un cammino verso la felicità, ma l’affermazione di un nomadismo permanente di carattere stoico.

Il filosofo post-moderno Jacques Derrida (1930-2004) – su questa linea – dichiara che la ricerca dell’uomo post-moderno non può essere che continua ed “eroica”, perché sempre insoddisfatta, e la ricerca di ogni “soluzione” o di “risposte” porta soltanto alla “disperazione”.

Ciò che importa è restare “Libero”: libero da ogni impegno verso sé e gli altri, libero da ogni vocazione, libero da ogni linguaggio, libero dalla realtà come da ogni verità. Sul piano filosofico, nasce la “filosofia del nomadismo: un contesto culturale fluido, magmatico, fatto di “luoghi della non – identità”

Ciò dà origine a qualcosa che va oltre il “genere” per approdare ai “nuovi modi di essere”: partendo da DRAG (drag queen e drag king, cantanti travestiti del sesso opposto), FAG (diminutivo di faggot, effemminato) e QUEER (strano, eccentrico), si giunge, nell’ agosto 2008, a comporre un nuovo acronimo FABGLITTER (“scintillio favoloso”): Fetish, Allies, Bisexual, Gay, Lesbian, Transexual, Transexual Engendering Revolution.

Viene inaugurato il principio che non solo il genere può essere continuamente cambiato, ma la stessa “essenza” dell’umano va riscritta secondo nuove categorie (quelle elencate). (Per conoscenza, a vantaggio di chi non è specialista in materia, ritengo utile precisare che il feticismo (fetish) fa parte della categoria delle “parafilie” – errori di localizzazione dell’oggetto sessuale – spesso rappresentate da attrazioni erotico-sessuali per oggetti, strumenti, indumenti).

l’ autodistruzione: il post-gender.

Nel 1970 la femminista radicale Shulamith Firestone (1945-2012), nel suo libro “The Dialetics of Sex”, scriveva: “… l’obbiettivo finale della rivoluzione femminista deve essere non solo l’eliminazione del privilegio maschile, ma della stessa distinzione dei sessi: le differenze genitali fra gli esseri umani non avranno più alcuna importanza culturale … dobbiamo tornare ad una pansessualità senza ostacoli – la perversità polimorfa di Freud – può sostituire l’etero, l’omo, la bisessualità. … La riproduzione della specie sarà affidata alla riproduzione artificiale… la tirannia della famiglia biologica sarebbe spezzata”.

Nel 1991 la “postgenere” Donna Haraway (1944, vivente) scrive un saggio intitolato “A Cyborg Manifesto: Science, Technology and Socialist Feminism in the late 20th Century” (questo saggio fa parte di un libro della stessa autrice dal titolo molto significativo “Simians, Cyborgs and Women: The Reinvention Of Nature”!!), in cui si annuncia la vera liberazione della donna attraverso la sua trasformazione in organismo post-biologico e post-genere.

Nasce così il POST-UMANO o il TRANSUMANESIMO, concretamente realizzabile attraverso l’utilizzo di biotecnologie quali la fecondazione artificiale, la clonazione, l’utero artificiale, la relazione virtuale cervello-computer, le presenze virtuali dello spazio cibernetico (avatar).

L’umanità sarà finalmente liberata dal sesso e dal gender: sarà contemporaneamente dionisiaca ed apollinea, abitando uno spazio virtuale più che reale, androide, in cui sarà abolito qualunque confine identitario. Non a caso Lee Edelman (1953, vivente), uno dei maggiori teorici del queer, intitola un suo libro “No Future: Queer Theory and the Death Drive” (2004).

Va detta, anche, una prospettiva di speranza: in USA le cattedre di Gender Studies sono state istituite negli anni ’70 (in Francia nel 2010; in Italia – per ora – non esistono), ed ora si sta facendo marcia indietro. Certamente, non senza duri contrasti, ma è forte il ritorno culturale alla biologia che documenta inequivocabilmente le differenze maschio/femmina ad ogni livello, anche a livello cerebrale, sia anatomico-strutturale che funzionale (oggi si parla di “cervello sessuato”).

Prima di concludere, dobbiamo rispondere ad una domanda che sono certo più e più volte ha percorso la vostra mente: se il gender è una pura costruzione astratta intellettuale, ad opera di una ristretta elite culturale di “ingegneri sociali”, come ha potuto invadere tutto il mondo?

A quest’ultimo passaggio vorrei dare il titolo:

“DA PURA TEORIA A NORMA POLITICA E CULTURALE MONDIALE:

COME È STATO POSSIBILE?

Dopo la caduta del Muro di Berlino (1989), l’Onu si è proposto di costruire un nuovo consenso mondiale, stabilendo norme, valori e priorità (cosiddetta MONDIALIZZAZIONE) quale antidoto ad una nuova “guerra fredda”. La costruzione di questo consenso si è basata su 9 grandi Conferenze Internazionali:

Educazione – Chom Tian, 1990

Bambini – New York – 1990

Ambiente – Rio 1992

Diritti dell’ Uomo – Vienna 1993

Popolazione e demografia – Il Cairo 1994 (Diritti sessuali e riproduttivi, aborto sicuro)

Sviluppo Sociale – Copenaghen 1995

Donna – Pechino 1995 – (si afferma in modo categorico il termine GENDER)

Habitat – Istanbul 1996

Alimentazione – Roma 1996.

In queste Conferenze si sono affermati nuovi paradigmi, espressi anche con un linguaggio nuovo: il gender è uno di questi

Nel 1996 ad Istanbul, avviene un fatto destinato ad incidere profondamente nel funzionamento stesso dell’Onu: il riconoscimento del cosiddetto “diritto di partnership di attori non statali”, rendendoli, di fatto, collaboratori uguali (partner) e necessari dei governi, per la costruzione del nuovo consenso mondiale. Nasce il neologismo GOVERNANCE MONDIALE, ad indicare un’autorità che va oltre i governi (che sono espressione della volontà popolare che li ha eletti) per approdare verso una linea di potere non definibile, perchè non eletta, autogovernata, che non deve rispondere a nessuno:

Entrano nella partnership Attori definiti ONG (organizzazioni Non Governative):

  • Amnesty International
  • Planned Parenthood
  • Women’s Environment and Development Organization
  • GreenPeace
  • Bill and Melinda Gates Foundation
  • Rockfeller Foundation
  • Unicef

Si realizza in questo modo, silenziosamente e nascostamente, un trasferimento di potere dagli stati e dai governi, ad attori non eletti, che perseguono interessi particolari, che scavalcano ogni possibilità di controllo democratico.

Qualche esempio importante del loro funzionamento, lo possiamo dedurre dall’analisi di alcuni dati che hanno caratterizzato alcune Conferenze Internazionali, dove le ONG hanno fatto da padrone assoluto:

  1. la parola “madre” è totalmente assente nella Convenzione contro la Discriminazione delle Donne (1979), mentre già vi compare il termine gender
  2. la parola “madre” è presente una sola volta nella Convenzione sui Diritti dell’Infanzia (1979)
  3. la parola “padre” è assente in tutti i trattati sui diritti dell’uomo

Eppure, il “testo base”, cioè la Dichiarazione Universali dei Diritti dell’Uomo (1948) dichiara :

  • la famiglia (non “famiglie”!) come base naturale e fondamentale della societa’
  • avente diritto alla protezione della societa’ e dello stato (art.16/3)
  • fondata sul matrimonio fra un uomo ed una donna (art.16/1 e 16/2)
  • il diritto dei genitori all’educazione dei figli (art.26).

La Carta di Pechino (Conferenza sulla Donna, 1995):

  • utilizza il termine gender 272 volte, senza mai darne una definizione precisa;
  • l’espressione “uomini e donne” è presente 39 volte;
  • l’espressione “madre e maternità” 28 volte (solo riferite ai casi di “madri adolescenti” e “madri lavoratrici”);
  • “sposi” 5 volte
  • “matrimonio” 29 volte (riferito a “matrimonio precoce o forzato”)

Circa il tema della “definizione” e del significato del termine gender, va notata la volontà di non definire, lasciando alla libera inventiva di ciascuno modellarlo come gli conviene.

Nel 2010 l’Assemblea Generale dell’ONU dà vita ad una super-agenzia denominata United Nations Women (operativa dal 2011), avente come mandato di far applicare a livello nazionale, universalmente, la prospettiva gender. Nel testo di istituzione dell’agenzia si dà la seguente definizione di gender: “attributi sociali ed opportunità legate al fatto di essere uomo o donna, e alle relazioni fra donne e uomini e ragazze e ragazzi, come anche alle relazioni tra donne e alle relazioni tra uomini”.

Come si comprende facilmente, è una definizione ampia, non definita chiaramente, confusa, opaca, fluida; entro il contesto del termine “relazione” ci sta tutto: affettive, sessuali, matrimoniali, fra donne, fra uomini, ecc..

NB: a tutt’oggi l’unica definizione giuridicamente vincolante è quella dell’ ART.7/3 dello Statuto Della Corte Penale Internazionale:  “con il termine gender si fa riferimento ai due sessi, maschile e femminile, nel contesto sociale. Tale termine non implica altro significato da quello qui menzionato”

Ancora due “pericolosi” passaggi vanno ricordati:

  • Aprile 2012, l’Onu stila un piano d’azione per controllare i progressi raggiunti in tema di “Parità dei sessi” (System-wide Action Play, SWAP), che affida a UN Women;
  • Annuncio di una prossima Conferenza Mondiale (si badi bene: è la prima volta che invece del termine “internazionale”, si utilizza quello di “mondiale”!) sulle donne, a Pechino 2015, per affrontare le “questioni emergenti”, coinvolgendo soprattutto le nuove generazioni.

E’ la solita politica della “foglia di fico”: utilizzando il pretesto della giusta e condivisibile lotta per l’affermazione della dignità della donna, si propongono ed impongono gli assiomi propri dell’ideologia Gender.

CONSIDERAZIONI FINALI

Il Gender non è soltanto PURA TEORIA, è CULTURA in via di MONDIALIZZAZIONE, e la CULTURA è PAIDEIA, cioè EDUCATRICE.

In fondo, il Gender non inventa nulla: è la riedizione in chiave post-moderna della lotta per il potere, il piacere, il possesso – da Adamo ed Eva in poi:

  • autocreazione
  • autoidentificazione
  • autodeterminazione
  • autoredenzione
  • il mito dell’onnipotenza: io sono dio ed è la mia parola che crea.

Come ogni rivoluzione, il Gender ha avuto un punto di partenza teorico-astratto; è, quindi, stata assunta da personalità determinate e di spicco sul piano politico-culturale e intorno ad essi si sono condensati attivisti, militanti, movimenti, lobbies.

Ecco il percorso, a tappe, in estrema sintesi:

  • femminismo egualitario ed emancipatorio: parità di dignità e di diritti
  • rivoluzione sessuale – femminismo radicale
  • autodeterminazione assoluta
  • ideologia gender
  • nuova cultura da imporre a livello sociale, politico, educativo

Partendo dalla richiesta di tolleranza e di libera scelta, si passa ora ad una imposizione dura, faziosa, chiusa: il gender non può essere messo in discussione e/o disapprovato. E’ la morte della democrazia e del suo fondamento, rappresentato dalla liberta’ di pensiero e di espressione.

La “maggioranza silenziosa” è assai spesso ignorante, manipolabile e manipolata, e diventa inconsapevolmente rassegnata, rinunciataria e compromessa. Chi ha coscienza di dover resistere, oggi, è certamente una minoranza.

Come diceva Dostoevsky nei Fratelli Karamazov: “ io sono solo, e loro invece sono tutti”…. Soli contro tutti.

Che cosa è necessario e si può fare ?

  1. RISVEGLIO DELLA COSCIENZA
  2. RISVEGLIO DELLA RAGIONE – il DISCERNIMENTO
  3. RISVEGLIO DELLA FEDE

Per essere completo, l’atto umano deve passare dalla coscienza, dalla ragione, dal cuore e dalla volontà La persona LIBERA, non solo cerca la VERITA’, ma anche il BENE e l’AMORE. Spesso ricorre questa affermazione, che tende in qualche modo a giustificare e dare libero corso anche a ciò che non si condivide: “OGNI ERRORE CONTIENE UNA PARTE DI VERITA’”.

Permettetemi di dire che questa – a mio avviso – è un’interpretazione traviata del grande valore del DIALOGO Ben più autorevolmente del sottoscritto, S. Tommaso d’Aquino affermava che il male e’ “assenza di un bene dovuto”, ed utilizza per sedurre l’apparenza del bene.

Ciò significa che un male si riferisce sempre ad un bene che nega, e poichè nega e combatte quel bene,è impossibile che lo contenga. Non può esistere coesistenza pacifica fra male e bene, fra verità e menzogna, fra amore e odio. La zizzania cresce insieme al grano buono – è vero – ma non fa parte di esso: non esiste un frutto ibrido.

Il male è anche – e forse soprattutto oggi – decidere di non impegnarsi nel bene e nell’amore: amore ricevuto – amore dato – amore condiviso.

Desidero concludere con un appello rivolto a tutti coloro che mi stanno ascoltando, credenti e non credenti, uomini di buona volontà, che sono lucidamente consapevoli che questa ideologia, che potremmo definire “neopaganesimo”, dilaga laddove non incontra resistenza.

La voce laica è quella di George Orwell: “nell’era dell’inganno universale, affermare la verità è un atto di coraggio rivoluzionario” (G. Orwell, 1984).

La voce cristiana è di S. Paolo, illuminante per sgombrare il campo da improvvidi malintesi (e da ignobili, false accuse) secondo i quali dovremmo desistere da ogni impegno, perché il nostro Maestro ci ha insegnato a non giudicare né condannare nessuno:“la nostra battaglia non e’ contro creature di sangue e di carne, ma contro gli spiriti del male che abitano questo mondo di tenebra” (Epistola agli Efesini).

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Bibliografia essenziale

Atzori, “Il binario indifferente. Uomo, donna o LBGTQ?” – Ed. Sugarco 2010

Marchesini, “Omosessualità maschile” – Ed. Studi e Ricerche, Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, Roma, 2011

Atti Convegno “La teoria del Gender: per l’uomo o contro l’uomo?”, Verona 2013, Ed. Solfanelli

Atti X Congresso Nazionale SIBCE “Identità di Genere”, Quaderni Fileremo n.1, 2013, Ed. Petruzzi

Heyer, “Paper Genders. Il mito del cambiamento di sesso”, Sugarco Ed. 2009

de Mattei, “Gender Diktat”, Ed. Solfanelli 2014

A. Peeters, “Il Gender: una questione politica e sociale”, Ed. S.Paolo 2014