Avvenire mercoledì 5 dicembre 2012
Le periferie europee stanno diventando ghetti etnici. E l’antirazzismo è un alibi «politico» per non far nulla: il «j’accuse» di Heinz Buschkowsky, sindaco del quartiere berlinese di Neukölln
di Vito Punzi
La stessa cancelliere Merkel, dopo aver azzardato critiche a Sarrazin senza aver letto il suo libro, si è sentita in dovere di sancirei! fallimento del multiculturalismo come modello d’integrazione. Non è mancato neppure l’intervento del filosofo Jurgen Habermas, che per criticare Sarrazin ha denunciato le «aggressioni etniche contro i gruppi sociali più deboli», senza tener conto però che in molte città le parti siano ormai rovesciate, così che spesso sono proprio i tedeschi (e gli «occidentali» in genere) a risultare tra i «gruppi sociali più deboli».
Ne sapeva qualcosa il giudice minorile Kirsten Heisig, ritrovata morta il 4 luglio scorso nei dintorni di Berlino: ufficialmente si parla di suicidio, ma non pochi sospettano possa essere stata uccisa, visto che la donna era da anni in prima linea sul fronte della lotta alla criminalità giovanile berlinese, in particolare nel quartiere di Neukölln, quello con la più alta densità d’immigrati.
La Heisig conosceva bene coloro con cui aveva a che fare: il suo ultimo libro, La fine della pazienza, lo ha consegnato all’editore Herder poco prima di morire. Non è un caso dunque che l’ultima coraggiosa denuncia di fallimento del multiculturalismo tedesco provenga da Berlino e in particolare da Neukölln.
È il sindaco (socialdemocratico come Sarrazin) del quartiere tedesco più famoso, Heinz Buschkowsky, a lanciarla, aprendo un’altra breccia in quel vuoto di contenuti «sempre legato a un deliberato non far nulla, con il politicamente corretto a rappresentare nella maggior parte dei casi un alibi peri inerzia» (così si esprime Buschkowsky nel suo Neukölln è o-vunque, col quale traccia un riassunto della sua pluriennale attività amministrativa).
Un libro che attrae soprattutto per il senso della realtà. Le stesse idee che vi trovano espressione hanno preso forma direttamente dalla vita e non da un orientamento politico, da pregiudizi ideologici, religiosi o razziali.
Chi conosce la situazione a Neukölln, chi non chiude gli occhi di fronte ai segni che indicano il prossimo futuro, si rende conto che nel libro non vengono raccontate storie arbitrarie registrate in un quartiere marginale con un’elevata percentuale di popolazione di fede islamica. Il volto rilassato di chi rappresenta al massimo grado Berlino non deve far dimenticare che dietro tanti episodi ci sono storie terribilmente serie.
Il termine multiculturalismo è solo un modo di dire altisonante per descrivere una trasformazione della società nella quale, secondo la lettura che ne fa Buschkowsky, la presenza musulmana crescerà sempre di più e finirà per prendere il sopravvento.
Un processo che Costringe i tedeschi a migrare in altri tenitori e ambienti tra quelli ancora disponibili, oppure li lascia come individui insicuri ed atomizzati, offrendo loro un assaggio del futuro senza di loro: «Gli specialisti riferiscono che si presenterà a breve una penuria di vittime – ricorda Buschkowsky – nei punti focali e ai loro margini non ci sono più abbastanza giovani tedeschi. Già ora si registra un incremento dei reati compiuti tra le etnie degli immigrati. Dunque arabi contro turchi, arabi e turchi contro russi o bulgari e rumeni».
È partendo da questo punto che Buschkowsky cerca una soluzione. Un’integrazione malamente riuscita è per lui soprattutto un deficit di formazione, di educazione. Ed è qui che bisogna puntare per affrontare seriamente la questione.