Giuseppe Brienza
Il 31 agosto è stato beatificato a Bucarest, in una cerimonia presieduta dal cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, monsignor Vladimir Ghika (1873-1954), martire non molto conosciuto del regime comunista rumeno.
La conversione al Cattolicesimo
Proveniente da una famiglia nobiliare di religione ortodossa, Ghika nasce a Costantinopoli il giorno di Natale del 1873, battezzato nel rito di questo grande Patriarcato “Ecumenico”, scismatico rispetto alla Chiesa Cattolica dal 1054.
Dopo aver studiato da giovane in Francia, dove si laurea in giurisprudenza e poi s’iscrive a all’Institut d’Études Politiques di Parigi, decide di trasferirsi a Roma, per avanzare in quel cammino di conversione al Cattolicesimo che, nonostante forti pressioni contrarie della famiglia, a 28 anni, lo conduce a fare il suo ingresso ufficiale nella Chiesa di Roma. S’iscrive subito dopo al collegio San Tommaso dove, nel 1906, consegue la laurea in filosofia e, successivamente, il dottorato in teologia, con l’intento di farsi sacerdote. Viene quindi ordinato nel 1923, a 50 anni, Ghika vivendo il resto della sua vita tra malati, poveri, bisognosi, vagabondi e detenuti.
Vladimir Ghika e Pio XI
Non appena diventato sacerdote, Ghika viene ricevuto in udienza da Pio XI, dal quale è incoraggiato ad impegnarsi tanto nel campo della carità quanto in quello, fondamentale allo stesso modo per Papa Ratti, dell’apostolato dei laici. Anche per questo Pio XI lo nomina protonotario apostolico e, in tale veste, il neo-sacerdote prende «parte a molte missioni in diversi Paesi del mondo: viaggiando in Africa e in America latina, recandosi in Giappone e in occasione dei congressi eucaristici, tra l’altro, anche a Sydney, Dublino, Buenos Aires, Manila e Budapest» (E Pio XI lo chiamava «il grande vagabondo apostolico», in L’Osservatore Romano, 29 agosto 2013, p. 8).
Il martirio ad opera del regime comunista
Per il suo grande operato sociale in patria Ghika è costantemente tenuto sott’occhio dal regime comunista rumeno che, alla fine, finisce per imprigionarlo nonostante la veneranda età di quasi 80 anni. Il 18 novembre 1952, infatti, mentre si recava al capezzale di un moribondo, Ghika è arrestato e imprigionato dalla Securitate, cioè dalla polizia segreta della Romania Comunista.
Gli viene strappata la veste e, per quasi un anno, è tenuto recluso al freddo, con indosso i soli indumenti intimi. In questo periodo è sottoposto a più di ottanta interrogatori notturni, durante i quali è anche picchiato a sangue, finendo per perdere la vista e l’udito, per confessare d’essere una spia del Vaticano oppure per rinunciare alla comunione con Roma. Nonostante fosse anziano e fragile, non Ghika non si piega ed, anzi, la sua dignità e coraggio sono un esempio per tutti gli altri prigionieri.
Carità sociale e “liturgia del prossimo”
Monsignor Ghika aveva aperto a Bucarest il primo dispensario gratuito e, in seguito, aveva anche dato vita nella capitale ad un grande sanatorio intitolato a San Vincenzo de Paoli. Assiste quindi le vittime della guerra dei Balcani del 1913 e, durante la prima guerra mondiale, si occupa anche di missioni diplomatiche umanitarie e di soccorrere i numerosi feriti di guerra delle varie nazioni belligeranti.
Durante la seconda guerra mondiale rimane in Romania, rifiutando di lasciare il paese per stare con i poveri e gli ammalati e visitando i detenuti nella terribile prigione costruita dal regime alla periferia di Bucarest. In questo periodo vive appieno quella che chiama la “liturgia del prossimo”, cioè «Doppia e misteriosa liturgia: il povero vede Cristo venire a lui sotto le specie di colui che lo soccorre, e il benefattore vede apparire nel povero il Cristo sofferente, sul quale egli si china. Ma, per ciò stesso, si tratta di un’unica liturgia» (cit. in Antonio Gaspari, Era di sangue blu e scelse di diventare il principe della strada, in Agenzia Zenit, 1 settembre 2013).
Secondo Ghika, in questo modo la liturgia eucaristica, già celebrata sull’altare, si prolunga nella visita ai poveri. In un certo senso, si tratta di «dilatare la Messa nella giornata e nel mondo intero, come onde concentriche che si propagano a partire dalla comunione eucaristica del mattino» (art. cit.).
La beatificazione di Vladimir Ghika, secondo l’Arcivescovo di Bucarest Ioan Robu che ne ha rievocato la figura sull’Osservatore Romano, è oggi molto importante anche per la nazione rumena, perché egli è divenuto ormai «un faro non solo per la gente del suo tempo ma anche per le generazioni future» (Mons. Ioan Robu, Principe per nascita, mendicante per amore, in L’Osservatore Romano, 29 agosto 2013, p. 8). Anche Papa Francesco ha reso omaggio al novello Beato definendolo dopo l’Angelus di domenica 1 settembre, «esemplare testimone del Vangelo» (Angelus, Piazza San Pietro, 1 settembre 2013).
Come ha testimoniato monsignor Robu, Ghika è stato «un “principe” per nascita che ha seguito la via regale della Croce, diventando per scelta un “mendicante” di amore per Cristo, con la convinzione che non amiamo Dio come si dovrebbe se nel nostro amore verso di lui non riusciamo a farlo amare anche dagli altri» (art. cit.).