Giovanni Volpe e la cultura di destra

Totalità.it 19 Febbraio 2025

Ricordo dell’editore che fra gli anni ’70 e ’80 con una casa editrice e gli incontri annuali raccolse dette vita ad una cultura controcorrente

di Andrea Bartelloni

Appena chiusi i lavori del dodicesimo incontro romano della Fondazione Gioacchino Volpe, subito dopo i suoi saluti e uno scrosciante applauso, un improvviso malore interruppe la vita di Giovanni Volpe (1906-1984), «morto in trincea […], morto coerentemente come è vissuto» come lo ricorderà Alberto Giovannini (1912-1984), allora direttore del Secolo d’Italia.

Era domenica 15 aprile 1984 e l’incontro, dedicato al tema della pace (“Sì alla pace, no al pacifismo”), era iniziato il venerdì 13. Di altissimo livello, come in tutti e gli undici incontri precedenti, del resto, gli interventi previsti. Oltre allo stesso Volpe, infatti, parteciparono al convegno personalità della cultura tradizionale, alcuni ormai defunti come Augusto Del Noce (1910-1989), Salvatore Valitutti (1907-1992), Julien Freund (1921-1993), Ettore Paratore (1907-2000), Giano Accame (1928-2009) e Fausto Gianfranceschi (1928-2012), altri che sono ancora protagonisti della Buona Battaglia come Roberto de Mattei, Gennaro Malgieri e Marcello Veneziani, solo per ricordarne alcuni.

La Fondazione che Giovanni volle per contribuire alla riaffermazione in Italia dei valori della Tradizione porta il nome del padre, Gioacchino Volpe (1876-1971), storico e politico che ancora viene ricordato dal comune de L’Aquila – era nato a Paganica, all’epoca comune, adesso frazione del capoluogo – con un premio letterario, che fu nella prima metà del Novecento con Giuseppe Prezzolini (1882-1982), Leo Longanesi (1905-1957) e l’ultimo Panfilo Gentile (1889-1971) espressione di una Destra culturale nazionale di tutto rilievo, certamente “laica”, ma non anticattolica.

«Un milieu anti-comunista e “nazionale” – ha ricordato Oscar Sanguinetti -, che mai riuscì a tradursi in una forza egemone, né a modificare lo status quo», ma nondimeno costituì «un mondo variegato, una fetta di cultura anticonformista che oggi non esiste più, almeno a quel livello qualitativo» (Cultura&Identità. Rivista di studi conservatori, anno VIII, nuova serie, n. 11 – 9 marzo 2016, p. 33).

La Fondazione Gioacchino Volpe nacque a Roma il 29 marzo 1972 con lo scopo di riaffermare i valori tradizionali della cultura «come espressione autonoma della personalità umana, libera da ogni costrizione o suggestione, nel pensiero, nell’indagine scientifica, nell’arte» (art. 4 dello Statuto). Si poneva come programma l’organizzazione di seminari e convegni, anzitutto gli Incontri Romani, che come detto saranno dodici, con la pubblicazione degli atti puntualmente nell’anno successivo. Saranno incontri di alto livello internazionale con la partecipazione di intellettuali da tutto il modo e che, riletti oggi, mantengono una loro importanza per i temi trattati, che superavano le contingenze del momento riproponendo la «validità della cultura tradizionale nell’epoca moderna».

I temi trattati nei dodici incontri sono stati i seguenti: Autorità e libertà (1973); Una società contro l’uomo (1974); Linee per uno Stato moderno (1975); La libertà dello storico tra storia e politica (1976); La memoria storica e la sua difesa (1977); Il non primato dell’economia (1978); Ordine e disordine (1979); Nazione ed Europa (1980); Cultura e Nazione negli anni Ottanta (1981); Stato democratico e Società, oggi (1982); Quale democrazia può risolvere la crisi delle istituzioni italiane? (1983); Sì alla pace, non al pacifismo (1984).

L’elenco dei partecipanti gli Incontri Romani della cultura sarebbe lunghissimo. Come non ricordare però, oltre a quelli già nominati, esponenti di rilievo del pensiero cattolico e conservatore del XX secolo come Gustave Thibon (1903-2001), Marcel De Corte (1905-1994), Gianfranco Morra (1930-2021), Giuseppe Sermonti (1925-2018), Marco Tangheroni (1946-2004), Augusto del Noce (1910-1989), Renzo De Felice (1929-1996), Marino Gentile (1906-1991), Cristina D’Ancona, Sergio Ricossa (1927-2016), Thomas Molnar (1921-2010), Louis Salleron (1905-1992) e Massimo Introvigne?

Giovanni Volpe era ingegnere e di grande successo ma, impegnato culturalmente, riuscì a riunire attorno alla Fondazione intitolata al padre uomini e donne che consolideranno le basi della cultura occidentale di Destra. Lo farà, oltre che con i convegni, con la casa editrice Giovanni Volpe Editore (1964) e le riviste «Totalità» e «Pagine libere».

La casa editrice è stata in effetti la sua sfida principale, rimuovendo ad esempio dall’oblio grandi autori censurati o dimenticati come, fra gli altri, il tedesco Ernst Jünger (1895-1998), José Ortega y Gasset (1883-1955), Oswald Spengler (1880-1936), Titus Burckhardt (1908-1984), Mario Vinciguerra (1887-1972) e Jean Madiran (1920-2013).

Augusto Del Noce

L’editrice Volpe pubblicherà anche una collana tascabile, l’Architrave, diretta da Gianfranco De Turris, con la copertina disegnata da Sigfrido Bartolini (1932-2007), con testi di autori come i già citati Ortega y Gasset, de Mattei e D’Ancona, oltre a quelli di “classici” come Joseph de Maistre (1753-1821), Éduard Drumont (1884-1917) e Roberto Michels (1876-1936).

Del 1970 è il primo numero della rivista «La Torre», mensile che Volpe dirigerà personalmente; nel 1971 nacque «Intervento», bimestrale di più alto respiro culturale.

Come non richiamare poi alla memoria gli anticonformisti francesi del Novecento che hanno trovato molto spazio nel catalogo della casa editrice Volpe? Si va dai già menzionati de Corte, Freund e Salleron ai più conosciuti – sempre entro ristrette cerchie culturali – Régine Pernoud (1909-1998), Gustav Thibon e Pierre Gaxotte (1895-1982).

Gustav Thibon

La cultura italiana in definitiva, e non solo quella di Destra, dovrebbe ricordare quindi Giovanni Volpe come un uomo lungimirante e coraggioso che in venti anni di attività culturale ha fatto conoscere in Italia autori che anche oggi vengono citati e ricordati, oltre ad aver saputo valorizzare giovani intellettuali che gravitavano all’epoca nell’ambiente cattolico tradizionale, come, fra gli altri, Maurizio Cabona, Gennaro Malgieri, Marcello Veneziani, Stenio Solinas, Gianfranco De Turris e Adriano Romualdi.

Con la diffusione capillare dei suoi libri Volpe contribuì alla formazione di gruppi molto uniti che si fecero a loro volta organizzatori di conferenze, testate e centri culturali che dettero la possibilità alle varie anime della Destra di esprimere il meglio di sé, favorendo un fronte comune “in rivolta contro il mondo moderno”.

Quello di Giovanni Volpe è stato un “marchio” importante della cultura italiana del secondo Novecento che, «talvolta in maniera pionieristica e praticamente sempre “catacombale” – non certo per scelta snobistica o per vezzo bohémien, ma come triste risultato del tracotante trionfo di un regime culturale omologante e violento nel tacitare i “diversi” -, ha saputo offrire al pubblico opere preziose di autori non allineati, non conformisti nel senso più pregnante e autentico dell’espressione e – oso l’inosabile in un mondo in cui più lo si afferma pubblicamente e meno di solito lo si è davvero – liberi.

Con Volpe, il regime culturale socialcomunistico gramsciano che per decenni – ancora? – ha inibito e rattrappito il nostro Paese, oggetto di una sovversione subdola attuata per permeazione, infiltrazione e disarmo dell’avversario, ha avuto un cavalleresco, coraggioso e indomito avversario, capace di dar voce ad autori controrivoluzionari, conservatori o comunque non di sinistra» (Marco Respinti, Nelle vigne del Signore, Introduzione a Gustave Thibon, Ritorno al reale. Prime e seconde diagnosi in tema di fisiologia sociale, Effedieffe, Milano 1998, p. XII).

Giuseppe Sermonti

In particolare, in questi anni sarebbe fondamentale evidenziare le radici culturali della Destra politica italiana nel momento in cui vi è la pressione pervasiva di un pensiero unico globalizzante, anche al fine di trarne insegnamenti e spunti per affrontare le situazioni contingenti e future.

L’articolo qui pubblicato costituisce il cap. 28 del volume Giovanni Volpe, uomo lungimirante e coraggioso, contenuto nel vol. 3 di prossima uscita per l’editore Solfanelli dal titolo: Le serate di San Pietroburgo, oggi (a cura di Giuseppe Brienza, Chieti 2025, pp. 184, € 15).