Città Nuova n.4- 25 febbraio 2006
a cura di Pietro Parmense
*Giuseppe Scattolin, comboniano, abita al Cairo, dopo aver vissuto in Libano e Sudan. E’ professore dì mistica islamica al Pisai di Roma e di religioni comparate al Cairo. È uno dei massimi esperti di sufismo. Ha pubblicato diversi volumi, tra cui Islam e dialogo, Spiritualità nell’Islam, L’Islam nella globalizzazione (Emi).
«Sembra abbastanza evidente che reazioni così violente scatenale in lutti I paesi islamici sono frutto di un’azione concertata da varie parti interessale a radicalizzare l’opposizione del mondo islamico al mondo occidentale. Cosi dicono pure molti analisti politici. Ma occorre domandarsi come mai tale sentimento anti-occidentale sia così diffuso da infiammarsi in breve tempo e nel modo più ciecamente violento. In sé stessa la questione della rappresentabilità del profeta è una questione più che discutibile all’interno dell’Islam.
Anche se prevale la posizione negativa, l’altra non sarebbe da escludersi, visto che Maometto, secondo la più originale tradizione islamica, si è presentato come un semplice mortale (bashar). Questo sentimento negativo è stato diffuso soprattutto dall’Islam estremista, i movimenti legati ai Fratelli musulamani e ai Wahhabiti, che cercano di dominare tutto lo spazio informativo del mondo islamico, per chiari scopi politici. In tutto questo sì dimentica che quando si fa ingiustizia ad una persona concreta si fa un insulto all’immagine viva di Dio in essa. Questo è un principio riconosciuto pure dall’Islam».
Si ha l’impressione che le vignette non siano che un pretesto per sfogare rancori e timori di vecchia data. Conviene con questa visione delle cose?
«Il mondo islamico è stato soggetto negli ultimi anni ad una progressiva e sistematica fanatizzazione. I movimenti estremisti hanno inculcato, attraverso tutti i mezzi di comunicazione di massa, un astioso sentimento di identità in chiave anti-moderna e anti-occidentale, per estendere il loro dominio sul mondo islamico. I pensatori più aperti e moderati invece sono stati progressivamente marginalizzati, allontanati dalle masse islamiche.
Anche le politiche dei nostri paesi occidentali, per evidenti interessi petroliferi, hanno favorito proprio tale politica islamista integralista-estremista. Ora i risultati si fanno sentire, a cominciare dalle Torri gemelle! Non siamo più di fronte ad un Islam “ingenuo”, ma ad un Islam “ideologicizzato” che domina ormai quasi incontrastato la totalità del mondo islamico. Quindi il problema di fondo è come disarmare tale movimento planetario. Occorre una vera e propria rivoluzione culturale dall’interno dell’Islam… Ma l’impresa è tutt’altro che semplice. Avvenimenti come la guerra in Iraq, e queste vignette, non favoriscono certamente un’evoluzione dell’Islam verso una mentalità più aperta, pluralista e democratica».
Tra libertà di stampa e dovere al rispetto della religione, quali spazi ci sono, secondo lei? Cosa fare per evitare il ripetersi di simili incidenti e per favorire uno spirito di dialogo permanente?
«Il rispetto verso gli altri e i loro sentimenti, verso la verità dei fatti e delle persone dovrebbero essere dei valori acquisiti da una coscienza moderna illuminata. Purtroppo c’è tutta una corrente laicista che ha fatto della “bestemmia”, dell’offesa al sentimento religioso degli altri lo slogan della loro libertà di espressione. Basti pensare al libro Il codice da Vinci che si diverte a presentare la Chiesa cattolica come un’associazione dì criminali!
Una critica si può sempre fare, purché sia fatta nel rispetto, soprattutto quando si tratta di valori importanti. Gettare fango su tali valori non credo sia segno né di intelligenza né di civiltà. Per superare tali mentalità fanatiche occorre un dialogo serio fra religioni e culture. Non certamente un facile irenismo che vela i veri problemi. Il mondo islamico ha senza dubbio bisogno di una crescita in una dimensione autocritica verso la propria storia e la propria situazione attuale in cui molti diritti umani fondamentali sono negati nella maggioranza dei paesi islamici.
Questo è un lavoro lungo, che deve essere portalo avanti da persone responsabili, e non da giornalisti che cercano solo il marketing… dei propri prodotti».