di Luigi Fressoia
(archifress@tiscali.it)
Se andate nel sito di Magistratura Democratica e pigiate il pulsante “La nostra storia”, trovate già nella paginetta di presentazione che La certezza del diritto, la neutralità dell’interpretazione, il ruolo solo tecnico del giudice sono intesi come disvalori senz’altro da correggere e ribaltare.
Del resto il fondatore dell’associazione, Marco Ramat fiorentino, così si esprime nel congresso del 1975: “Il nostro compito consiste nella ricerca di una politica della magistratura e per la magistratura che sia capace di inserirsi utilmente nella lotta difensiva e offensiva condotta dal movimento democratico nel suo complesso”, ove il movimento democratico non è altro che la galassia della sinistra.
Verrebbe da chiedere se ad esempio la Democrazia Cristiana per caso non fosse stata un partito democratico…Da quel momento inizia sull’intera società italiana a imperversare siffatta accezione lugubre e strumentale dell’aggettivo democratico, democratica, democratici… Sempre nella stessa paginetta di presentazione, in basso, c’è il collegamento diretto al documento fondativo di Magistratura Democratica, del 1964.
E’ un documento terribile, di difficile lettura e linguaggio pienamente politichese, la prima cosa che viene in mente è che sia redatto a quattro mani con Botteghe Oscure, la funzione politica della magistratura a fianco della sinistra è dichiarata e rivendicata, c’è perfino teorizzata la prevalenza della magistratura sulla politica a garanzia degli equilibri politici più graditi, riferiti a una molto opinabile lettura della costituzione, e fumosamente rifacentesi alla unità antifascista poi superata dalla guerra fredda: tutto ciò che si oppone alla sinistra si ritrova automaticamente fuori della costituzione e quindi affiancare la sinistra diventa un dovere costituzionale.
Ne raccomando un’attenta e istruttiva lettura, c’è dentro tutto il futuro, cioè questo nostro presente.
Nel congresso del ’72 si teorizza in Magistratura Democratica un diritto diseguale, l’uso alternativo del diritto (chissà alternativo a che, evidentemente alla giustizia), si parla di giustizia borghese (da raddrizzare si presume con una imprecisata giustizia proletaria o popolare). L’autorevole esponente Elena Paciotti chiede più avanti “vanno considerati uguali un imprenditori e un lavoratore?”, qualsiasi imprenditore di sinistra – ce ne sono a bizzeffe potrebbe spiegarle che possono esistere benissimo operai che sfruttano l’impresa, e pure che gli imprenditori si considerano a tutti gli effetti lavoratori… Ma chi gliela toglie quella visione mitico/mistica della classe operaia, del lavoratore?
Libero Mancuso dal suo canto rivendica “siamo figli del ’68 perché siamo cresciuti con quelle lotte”, e tal Borraccetti nel 2000 dichiara lo schieramento politico del centro-destra pericoloso (naturalmente per la democrazia). Più avanti tali Scarpinato e Ingroia della procura di Palermo auspicano la creazione di interventi extraistituzionali –magari comunitari – qualora le elezioni vengano vinte da gente non democraticamente affidabile.
Invece un certo dott. Antonio Bevere trova il modo di proclamare “il capitalismo è il vero nemico della democrazia”, io tapino pensavo che senza capitalismo (società aperta di libero scambio) non può esistere democrazia, ma il mio – lo riconosco – è un povero pensiero marxista (Marx giustamente rivendicò al nascente capitalismo le istituzioni liberali e “borghesi”).
Io conto poco, ma capitalista è senza dubbio la nostra società europea e occidentale: come può darsi un giudice con tali idee antagoniste, antisistema? Non è una contraddizione in termini? Non è come mettere un islamico a capo di un salumificio? Nessuno può negare a rigor di logica che con siffatto clima e prassi non poteva che rimanere presto uccisa la prerogativa del diritto, l’imparzialità del giudizio.
Era quindi fatale che -come in effetti succede oggi- metà della popolazione non si fida della magistratura, e se mai succedesse un raddrizzamento dell’equilibrio e del buon senso, l’altra metà contesterebbe i giudici “borghesi”: come si vede siamo di fronte a un danno incalcolabile, che ci porteremo dietro almeno duecent’anni (200 se si raddrizzasse oggi, ma oggi siamo ben invece nel pieno di quella forza eversiva e contro-natura).
In tutti i paesi del mondo incivilito (che è l’Occidente – ci dispiace per i noglobal di MD -, la fiducia della gente nella magistratura è alta sopra il 90%, solo in Italia non poteva che scendere intorno alla metà e anche molto meno. Non era possibile diversamente con quelle premesse degli anni ’60 e ‘70.
Veramente non si capisce perché nelle odierne polemiche politiche molti vogliano negare l’evidenza, lo sbilanciamento della magistratura italiana a sinistra: anche gente vagamente di sinistra (basta solo che non sia assatanata), vede bene che se la magistratura applicasse ai politici di sinistra -al centro e vieppiù nelle cento province- almeno il 10% dell’acribia che rivolge a Berlusconi, finirebbe in galera anche il gatto, non c’è un euro che non spendano senza corruzione, voto di scambio, associazione a delinquere, associazione di stampo mafioso, turbativa d’asta e un’altra cinquantina di reati non ultima la prostituzione (dalle mie parti già negli anni ’70, a fronte di assunzioni in Regione con la formula amministrativa della chiamata diretta, il popolo sghignazzava storpiando in chiavata diretta).
E’ pieno di due pesi e due misure (esistono libri che ne elencano i casi), l’accanimento contro Berlusconi trova plastica sintesi nella vicenda Ruby nel cui cellulare c’erano decine di numeri (clienti) ma nessuno è stato inquisito tranne Uno; si è riusciti perfino a condannare il direttore del Giornale per una pubblicazione illegittima di atti giudiziari (“Abbiamo una banca” aveva esultato Fassino al telefono), a fronte della pubblicazione abusiva di milioni di pagine riguardanti gente di centrodestra. Colui che scagliò la statuetta in faccia a Berlusconi fu assolto per essere stato provocato dai discorsi del premier, si immagini analoga sentenza contro il presidente francese, russo, americano o anche contro un premier italiano di sinistra.
Anche in provincia abbiamo lo stesso fenomeno, se due sindaci di diverso colore fanno gli stessi atti, è facilissimo averne incriminato uno e non l’altro; se scattano incriminazioni nelle amministrazioni, in quelle di destra il sindaco viene automaticamente coinvolto per responsabilità oggettiva, quello di sinistra neanche per sogno (abbiamo esempi sotto casa). Nel complesso a fronte di due politici uno di sinistra e uno di destra, l’atteggiamento istintivo è “buon uomo proceda pure, noi conosciamo le sue intenzioni” nel primo caso e “vieni fuori furbastro, dove credi di andare” nel secondo.
Essere non di sinistra, contrapporsi alla sinistra, è in sé il vero dato che conta e che è parente stretto del reato.
Non vede il due pesi e due misure (anzi, s’incazza come una bestia), esattamente chi, ugualmente alle pagine fondative di MD, non intende la democrazia come competizione tra destra e sinistra a chi meglio riesce nel risolvere i problemi di una nazione, bensì vede in destra e sinistra il bene e il male contrapposti, ove il primo deve prevalere coadiuvato dalla costituzione e quindi dal diritto.
E dunque, sempre a fil di logica, bisogna riconoscere che se i presupposti degli anni ’60 e ’70 sono giusti, è più che giusto che un sol uomo particolarmente sgradito al movimento democratico riceva il bombardamento di 500 perquisizioni, 105 iscrizioni nel registro degli indagati, 28 rinvii a giudizio, 2.560 udienze di tribunale, 1.500.000 pagine sequestrate, 1.000 magistrati mobilitati. Come si è permesso di disturbare il sol dell’avvenire?
Se però si esaminano i singoli capi di imputazione (falso in bilancio, corruzione, tangenti, finanziamento illecito dei partiti, appropriazione indebita, frode fiscale, abuso d’ufficio, diffamazione, concussione, etc.), anche fossero tutti veri, emerge netto che si tratta di reati compiuti quotidianamente dall’intera classe politica vieppiù dai presidenti sindaci e assessori del grande e glorioso partito, che hanno ben da mantenere in piedi un consenso e apparati oceanici, su cui non si può scherzare, che riempirebbero facilmente scaffali di libri di Gomez e Travaglio. Ma nessuno di costoro riceverà quel bombardamento. Ben invece ne riceverà chi, dopo Berlusconi, saprà come lui far piangere i compagni, come del resto avvenuto con Craxi e Andreotti. Statene certi (le prime avvisaglie s’erano già viste nei confronti di Marina).
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Tutto ciò rimanda a un fatto preciso da cui nessuno può più prescindere, rimanda alla pluridecennale strategia dell’infiltrazione dentro le istituzioni dello stato inaugurata da Togliatti, specificatamente nel ministero della giustizia nel ’46, ma portata avanti parallelamente dentro le università, le scuole, la burocrazia, i sindacati, gli organi di informazione, le case editrici, la stessa confindustria, le banche, la polizia, la chiesa, secondo il dettato gramsciano della conquista delle “casematte” del potere, così da costruire il socialismo pur in campo occidentale. E ci sono riusciti perfettamente, si consideri l’odierna dittatura dello stato -burocrazia e tasse – col fisco reale al 70%.
E dove non arrivò Togliatti arrivò il Sessantottismo (il primo seminò, il secondo concimò a dovere), col quale l’ignoranza marxista penetrata nel profondo finì per relegare le università italiane in posizioni ridicole nelle classifiche mondiali, bensì producendo schiere di laureati – la odierna classe dirigente italiana, ci piaccia o no – con la testa farcita di tutti i luoghi comuni, le superstizioni, le ignoranze, le approssimazioni tipiche della “cultura” progressista (e quindi dell’opinione pubblica contemporanea): il padrone sfrutta, il progresso inquina, i ricchi causano la povertà, il pubblico è buono e il privato cattivo, la sinistra è il bene la destra il male, lo stato deve creare il posto di lavoro, l’occidente è brutto e cattivo, i fanatici islamici fanno bene a odiarci, gli americani…
Da qui i quotidiani deliri giuridici sull’Ilva, sulla Fiat, sui terroristi islamici (intercettare e processare i propri servizi segreti!), sugli immigrati e clandestini, su criminalità e cosiddetta microcriminalità (già la parola la dice lunga, dice tutto), sulla droga, ove la sistematica liberazione degli spacciatori in tutta Italia non è altro che obbedienza a un disegno politico internazionale ben preciso.
Casi frequenti di cittadini condannati duramente per difendersi da malintenzionati pescati in casa propria, offendono nel profondo l’anima del cittadino medio italiano, di destra e di sinistra, che intimorito tace, trasale di rabbia ma è costretto a tacere.
Parallelamente si può avere con perfetta nonchalance l’incriminazione dei massimi esperti nazionali per non aver saputo prevedere il terremoto di l’Aquila! (Noi siamo convinti che nessuno avrebbe mai preteso poteri divinatori dalla commissione Grandi Rischi se al governo fosse stato qualcun altro).
L’Italia suona del tutto inaffidabile secondo i consueti parametri giuridici del mondo occidentale e infatti scoraggia qualsiasi investimento estero. L’Italia sembra nella buccia un paese europeo democratico e normalmente occidentale, in verità può avvenire di tutto, l’arbitrio della pubblica amministrazione alita diuturno sul collo di chiunque.
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Veniamo alla politica. Berlusconi per tutti i due decenni ha ovviamente polemizzato contro la magistratura, ma è stato un vacuo lamentio, del tutto al di sotto di quanto la gravità richiede. Berlusconi si è difeso ma non ha attaccato, l’errore è evidente. Non ha senso infatti limitare la polemica, l’attacco, per timore delle reazioni, per non infiammare ulteriormente la situazione: è evidente che a fronte del fanatismo ideologico (parente stretto di quello religioso), i consueti criteri di equilibrio, moderazione e fair play non hanno senso perché la reazione del fanatico è sempre massima, anche su questioni e momenti secondari, anche se stai fermo e zitto, basta che esisti, sicché il calcolo prudenziale anzidetto è mero autolesionismo, specie quando si potrebbe vincere (come fu nella primavera 2008).
Coi fanatici in buona sostanza non hanno senso tregua o pacificazione o dialogo, può esserci solo la liquidazione e dunque in luogo del prudente passo dopo passo (che non passa mai), è doveroso porre il primo giorno in palio l’intera posta. Ma soprattutto Berlusconi sbaglia quando limita il problema alla sola Magistratura Democratica. Sempre per non infiammare troppo la situazione, non vuole vedere la forza delle minoranza creative, come invece bene individuate dall’acume di Papa Benedetto.
In buona sostanza è evidente che se Magistratura Democratica raccoglie non più del 10-15% dei 9.000 magistrati italiani, tutti gli altri rimangono pesantemente condizionati dalla minoranza attiva, organizzata e fortemente determinata. Infatti quei deliri giuridici cui abbiamo fatto cenno, che rendono l’Italia pese singolare, mostruoso e inaffidabile, non sono certo farina dei soli aderenti a MD: i suoi valori sono ormai largamente senso comune delle istituzioni, sicché l’humus culturale della categoria oscilla tra l’ideologismo estremo e il politicamente corretto, tra la febbre e l’influenza.
E dunque l’intera posta non può che andare alla radice dell’universo giudiziario, al ’46, al ’64, al ’72 e successivi; è la possibilità stessa che esista un’associazione del tipo di Magistratura Democratica che deve essere posta con forza. E poi un severo criterio d’esame per il reclutamento, che al contrario di quanto scrive MD nella sua prima pagina, selezioni magistrati che tengano come beni preziosi e irrinunciabili La certezza del diritto, la neutralità dell’interpretazione, il ruolo solo tecnico del giudice, al pari dei propri occhi.
C’è insomma poco da tergiversare, in una prossima e necessaria stagione politica. C’è da ripartire chiedendo alla Nazione e all’Europa cosa succederebbe in un qualsiasi paese occidentale se dentro la magistratura si formasse un gruppo, una corrente che avesse a programma “Il nostro compito consiste nella ricerca di una politica della magistratura e per la magistratura che sia capace di inserirsi utilmente nella lotta difensiva e offensiva condotta dal movimento di sinistra nel suo complesso”.
E’ evidente che non sarebbe tollerata una simile setta di cosi evidente militanza politica, sarebbe vietata fermamente e i suoi componenti sarebbero espulsi e, qualora scoperti, le cause istruite e giudicate dai tali adepti sarebbero riaperte. C’è da chiedere all’Europa e al mondo incivilito se in quei paesi costumati sarebbe mai consentito a un procuratore-capo proclamare a fronte di un governo sgradito “resistere, resistere, resistere” e se paresse normale che un siffatto eversore fosse invece elevato –in quest’Italia capovolta- a esempio di virtù democratica tanto che, comparendo impettito nel foyer de la Scala, tutto il popolino intellettuale gli fece ampia ala, capo chino e sussurrio d’esclamazioni.
Siccome sappiamo la risposta (No, non sarebbe possibile e chi ci provasse a calci in culo sarebbe preso), diciamo che una nuova necessaria stagione politica deve nascere con idee chiarissime in merito alla Giustizia, con adeguato programma scandito per tappe e patti d’alleanza, da portare in fondo a suon di voti reiterati anche dieci/cento volte nel giro dei primi tre mesi, checché ne pensino il Presidente della Repubblica, la Consulta, la Cei, la commissione europea e il mago Telma.
Un delirio e una strategia cinquantennali hanno da essere cancellati e la magistratura ha da tornare credibile poiché imparziale, come sostanzialmente fu perfino nel Ventennio (Mussolini fu costretto a inventarsene una apposita), come fu nel regno Umbertino quando a fronte dei massicci espropri con cui nacque lo stato unitario, non di rado quella magistratura indipendente dette ragione ai preti malamente espropriati.
Non siamo visionari, sappiamo bene di esserne lontanissimi, siamo consapevoli della immane difficoltà poiché il corpo della Nazione è oggi troppo infetto e improponibile è il paragone col ’22: allora l’infezione ideologica e contro-natura era sostanzialmente circoscritta e alcuni antibiotici si rivelarono efficaci. Oggi non sapremmo davvero dove mettere le mani.
Ma è la stessa forza vitale a imporre di agire. E l’azione – comunque vada – non potrà essere che porre in palio l’intera posta. Se così non è – lo dimostra l’inutile ventennio berlusconiano – è vano vincere, è vano votare.
P.S. Leggo che due poveretti, Michele Serra e Gadget Lerner, non si danno pace che qualche decina di milioni di italiani non danno grande importanza alla sentenza del dott. Esposito da Sapri. Che volete che gli dica, poveretti, nati e cresciuti con quella testa, non gli sarà mai possibile che lo sconcerto e la rabbia.
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