di Vittorio Messori
Adesso, nella schiera vasta, talvolta inquietante dei «fatimisti» ci sarà fermento per mostrare che papa Benedetto XVI si è tradito, che ha smentito il cardinal Ratzinger quando fiancheggiò Giovanni Paolo II nella rivelazione del mitico Terzo Segreto.
Libri, pamphlet, articoli, inchieste televisive hanno sostenuto, con scialo di argomentazioni, che il duo Wojtyla-Ratzinger ci ha ingannati, che il Segreto era ben altro e riguardava la crisi della Chiesa dopo il Concilio.
Qualcuno, per attenuare la responsabilità degli illustri «falsari» — il Pontefice, il Prefetto della fede, suor Lucia stessa che confermò per scritto la loro versione — hanno ipotizzato, più che un inganno, una reticenza.
Il testo, cioè, sarebbe stato amputato. Vera la parte rivelata, ma un’altra esiste ed è stata nascosta, per non appannare il prestigio del Vaticano II, per non farlo responsabile della catastrofe ecclesiale.
Catastrofe venuta dall’interno, dunque, mentre si vorrebbe farci credere, con il testo pubblicato, che i nemici della Chiesa siano solo all’esterno. Si ricorderà, in effetti, la scena drammatica descritta da suor Lucia: «Il Santo Padre, prostrato in ginocchio ai piedi della grande Croce, venne ucciso da un gruppo di soldati che gli spararono vari colpi di arma da fuoco e frecce, e allo stesso modo morirono gli uni dopo gli altri i Vescovi Sacerdoti, religiosi e religiose e varie persone secolari, uomini e donne di varie classi e posizioni».
Ecco che ora, rispondendo alle domande dei giornalisti, Benedetto XVI mette lo scandalo della pederastia clericale tra ciò che in qualche modo sarebbe stato predetto nel messaggio di Fatima. Un attentato al Vangelo ma venuto da dentro, dal clero, talvolta dalla Gerarchia stessa: dunque, una crisi di fede, un disastro frutto della Catholica devastata dal Concilio. Proprio ciò che starebbe nel Terzo Segreto «vero» e che ci sarebbe stato nascosto.
Chi darà questa lettura non avrà visto le parole di papa Ratzinger nella loro interezza. La persecuzione di cui parla Fatima, rileva il Papa, può venire da fuori, come è annunciato nel testo noto, ma anche dall’interno. Le sofferenze della Catholica, a cominciare dallo strazio del Papa, sono inflitte da chi sta «fuori» ma pure da chi sta «dentro».
Questi abusi di sacerdoti sono per il Capo della Chiesa comparabili alle «pallottole e alle frecce» tirate dai miscredenti. I persecutori sono spesso quei sedicenti seguaci del Vangelo che in realtà lo tradiscono, sfidando le parole di Gesù. Dunque, dice papa Ratzinger, proprio la parola «penitenza» ripetuta per tre volte dagli angeli del Terzo Segreto, è un appello alla Chiesa perché non tema soltanto i nemici esterni ma provveda pure a purificare se stessa.
Parole di precisazione vane, per i sostenitori della mistificazione vaticana. Mi si permetta allora, per capire il milieu, una testimonianza personale. Durante le 24 ore di colloquio a tu per tu da cui nacque Rapporto sulla fede, chiesi all’allora cardinal Ratzinger se avesse letto il Terzo Segreto.
«Sì, l’ho letto», fu la risposta secca e immediata. Come naturale, su questo lo incalzai, non ottenendo, ovviamente, la rivelazione del contenuto ma alcune frasi significative. Il libro uscì nel giugno del 1985, ma nel novembre precedente alcune anticipazioni — tra cui quella su Fatima — comparvero sul mensile Jesus. Nel passaggio dal giornale al volume, rividi tutto il testo e lo feci completamente da solo, in piena libertà, visto che il Cardinale avrebbe esaminato con attenzione ogni riga prima dell’imprimatur. Così, anche a proposito di Terzo Segreto, a vantaggio dello stile e della leggibilità cambiai un aggettivo, soppressi una parola, un’altra la aggiunsi, inserii un particolare e così via.
Alla fine, Ratzinger lesse, si riconobbe, approvò e, nel caso specifico, senza alcun ritocco. Ebbene: molti anni sono passati da allora e ancor oggi cresce una massa di libri, inchieste, articoli in molte lingue dove infinite pagine sono dedicate al confronto tra le parole del cardinale stampate sul giornale e la versione delle stesse sul libro. Differenze che rivelerebbero strategie, trame, occultamenti, vendette, da parte di potenti «cupole»…
È solo un esempio. Fatima attira devoti ma anche visionari, complottardi, dietrologi. Finendo, così, per dimenticare che tutto, alla fine, è molto semplice e si riassume in due sole parole: «Preghiera, penitenza».