L’autore preferito di Bush? Un ex detenuto nordcoreano. Storia di Kang Chol Hwan: dai gulag alla Casa Bianca
di Ennio Caretto
Il tutto, grazie alla autobiografia scritta nel 2000 con il giornalista francese Pierre Rigolout: «Gli acquari di Pyongyang: 10 anni nel gulag nordcoreano». Sollecitato dall’ex segretario di Stato americano Henry Kissinger, Bush lesse il libro ad aprile, e ne rimase così sconvolto da invitare Kang alla Casa Bianca.
La scorsa settimana gli dedicò 40 minuti, lo stesso tempo riservato pochi giorni prima al presidente sudcoreano Roh Moo Hyn. «Mi subissò di domande sulla Corea del Nord» ha detto Kang al New York Times . «Penso che sia d’accordo con me che i diritti umani sono più importanti persino della questione nucleare».
La storia di Kang Chol Hwan è ancora più curiosa di quella di un altro ex detenuto di un altro gulag, Natan Sharansky, il dissidente sovietico divenuto uno dei leader politici di Israele, anch’egli consigliere a distanza del presidente. L’anno scorso, Bush lesse il libro di Sharansky «La ragione della democrazia: il potere della libertà di sopraffare la tirannia e il terrore» e ne abbracciò in pieno il contenuto. Gli fu di ispirazione, ammette, per la campagna per l’esportazione della libertà e democrazia in Medio Oriente su cui ha incentrato il secondo mandato.
«Ma Sharansky – rileva l’ex sottosegretario di Stato americano Strobe Talbott – era un protagonista della politica estera da vent’anni, Bush lo conosceva già. Kang invece era uno sconosciuto, un povero rifugiato». Il presidente si è accertato che non resti tale a lungo: l’ex prigioniero politico nordcoreano trascorrerà i prossimi due mesi in America partecipando a conferenze, concerti, cerimonie religiose da New York a Midland nel Texas, la città natale del presidente. Porterà ovunque il messaggio: il regime a Pyongyang cambi, se possibile pacificamente.
Kang Chol Hwan fu vittima di una delle folli dottrine del regime: che il dissenso è ereditario. Quando il nonno, un ex uomo d’affari che aveva fatto fortuna in Giappone, venne arrestato nel ’77, i suoi discendenti finirono con lui nel campo di concentramento di Yokod, aperto nel 1959, e furono addetti ai lavori forzati.
Yokod si rivelò un inferno. La mattina Kang andava a scuola con la sorellina di 7 anni e il pomeriggio lavorava in una miniera o come taglialegna oppure nei campi: un giorno, racconta, dovette trasportare a piedi un tronco per 20 km. Il cibo era così scarso che i detenuti si alimentavano di topi – di cui conservavano anche la pelle per rattoppare gli abiti – di salamandre, scarafaggi e insetti.
Tutti i ribelli venivano giustiziati e dopo le esecuzioni i compagni erano costretti a prenderne i cadaveri a sassate al grido di «Abbasso i traditori del popolo!». Miracolosamente, malgrado la fame e le sevizie la famiglia riuscì a sopravvivere, sino alla inaspettata liberazione nel 1987, grazie a un’amnistia in onore del compleanno di Kim Jong Il. Una decina di anni più tardi Kang fuggì a Seul.
L’ex prigioniero politico nordcoreano, che oggi ha 37 anni, godette di un’effimera fama negli Stati Uniti nel ’99, quando testimoniò sulla Corea del Nord al Senato a Washington, e Pyongyang lo denunciò come un uomo «privo di dignità e valore umani».
Ma la pubblicazione del suo libro l’anno successivo non ebbe alcuna eco alla Casa Bianca. Adesso Kang è il primo a sorprendersi del suo effetto ritardato e della sua straordinaria presa sul presidente, che ne ha suggerito la lettura anche al vicepresidente Richard Cheney e al segretario di Stato Condoleezza Rice. «Mi presentano come l’autore del libro letto da Bush» dichiara. «Lo stanno ristampando, è destinato a diventare un manifesto politico».
Sfruttando l’attuale celebrità, Kang ha fondato un’associazione, «La rete della democrazia contro il gulag nordcoreano», per indurre gli Usa a lanciare una campagna dei diritti umani nella Corea del Nord. «Molti miei compatrioti ignorano la realtà del Paese – afferma – Se riusciamo a persuaderli con la radio e i volantini che il gulag distrugge migliaia di famiglie, Kim Jong Il avrà seri guai».