L’ideologia animalista, profondamente antiumana, contagia anche il mondo cattolico. Ma la Chiesa insegna ben altro
Federico Catani
Dal 27 dicembre 2012 è entrato pienamente in vigore il decreto relativo all’obbligo di soccorso stradale degli animali, che va così a concludere l’iter di modifica del Codice della Strada iniziato nel 2010. D’ora in poi, chiunque avrà l’obbligo di fermarsi e soccorrere un animale ferito.
L’omissione di soccorso sarà punita con pesanti sanzioni amministrative. Pertanto, se si assiste o si è coinvolti in un incidente stradale che ha provocato lesioni ad un animale, è necessario assicurare un intervento immediato di soccorso, provvedendo personalmente a portarlo in una struttura veterinaria o coinvolgendo le forze di polizia.
Si tratta dell’ennesima vittoria dei gruppi animalisti, che nel tempo sono riusciti a cambiare il pensiero comune della gente facendo credere che esista una perfetta uguaglianza tra uomini e animali. Alcuni sono addirittura arrivati a definire questi ultimi come “animali non umani”.
Leggendo i giornali o guardando la tv siamo travolti da messaggi più o meno espliciti volti a farci comprendere che pure gli animali hanno dei diritti e che è giunto il momento di riconoscerli. Resta però da chiedersi dove e quando cani, gatti, cavalli e galline abbiano stabilito democraticamente di darsi una carta dei loro diritti fondamentali.
La superiorità ontologica dell’uomo
Purtroppo anche molti cattolici cedono all’ideologia animalista, dimenticando l’insegnamento del Catechismo della Chiesa Cattolica, che per l’Anno della Fede il Papa ci invita a riscoprire. Se prendiamo questo testo, ci accorgiamo che l’unico vero e autentico amore per gli animali è quello cristiano, non certo quello degli ideologi alla Peter Singer, autore del celebre quanto dannoso Liberazione animale. Peraltro, la Chiesa ha previsto persine un santo protettore degli animali, specie domestici: il grande sant’Antonio abate, venerato in tutte le campagne cattoliche nostrane.
Il libro della Genesi esprime chiaramente la superiorità ontologica dell’uomo su tutte le altre creature e la sua sostanziale differenza da esse (Gn. 2,19-20; vedi anche CCC 371): qualunque manuale di antropologia filosofica sta lì a confermarlo.
L’uomo è a immagine a somiglianza di Dio e possiede un’anima immortale. L’animale no. Certamente, ciò non implica la liceità di abuso del creato. «Il dominio accordato dal creatore all’uomo sulle risorse minerali vegetali e animali dell’universo, non può essere disgiunto dal rispetto degli obblighi morali, compresi quelli che riguardano le generazioni future. Gli animali sono affidati all’uomo, il quale dev’essere benevolo verso di essi. Possono servire alla giusta soddisfazione dei suoi bisogni» (CCC 2456-2457).
Ma cosa significano tali parole nel concreto? Il Catechismo lo spiega molto bene, con buona pace degli animalisti. «Il settimo comandamento esige il rispetto dell’integrità della creazione. Gli animali, come anche le piante e gli esseri inanimati, sono naturalmente [ovvero è deciso così da Dio stesso, ndr] destinati al bene comune dell’umanità passata, presente e futura» (CCC 2415; vedi anche Gn. 1,26-31; 9,1-4).
Quindi, nel piano di Dio, l’animale è per l’uomo e non il contrario, sebbene l’essere umano, non avendo signoria assoluta sul creato, debba sempre usare le risorse della natura in maniera etica.
L’insegnamento del catechismo sugli animali
Ma cosa sono gli ammali e come ci si deve comportare in concreto con essi? «Gli animali sono creature di Dio. Egli le circonda della sua provvida cura. Con la loro semplice esistenza lo benedicono e gli rendono gloria. Anche gli uomini devono essere benevoli verso di loro. Ci si ricorderà con quale delicatezza i santi, come san Francesco d’Assisi o san Filippo Neri, trattassero gli animali» (CCC 2416).
Da tener presente, in ogni caso, che né questi due, né tantomeno Nostro Signore erano vegetariani. Quei santi invece che evitavano la carne lo facevano non certo per ideologia ma per ascetismo e mortificazione del corpo.
Contro chi straparla di diritti animali e ritiene l’uomo sempre e solo un nemico del creato, il Catechismo afferma: «Dio ha consegnato gli animali a colui che egli ha creato a sua immagine. È dunque legittimo servirsi degli animali per provvedere al nutrimento o per confezionare indumenti. Possono essere addomesticati, perché aiutino l’uomo nei suoi lavori e anche a ricrearsi negli svaghi. Le sperimentazioni mediche e scientifiche sugli animali sono pratiche moralmente accettabili, se rimangono entro limiti ragionevoli e contribuiscono a curare o salvare vite umane» (CCC 1417).
Toni pacati, equilibrati e di profondo buon senso. Buon senso assente invece in molte dichiarazioni di politici e uomini dello spettacolo che condizionano l’opinione pubblica. Oggi si può arrivare a criminalizzare qualcuno perché, in un impeto di rabbia, tira un calcio al proprio gatto, oppure perché, come il Papa, indossa la mozzetta bordata di ermellino (come si usa da secoli!) e si ammette con tutta serenità che negli ospedali vengano ammazzati bambini innocenti nel grembo delle loro madri in virtù di una legge dello Stato.
Uno Stato che da una parte salvaguarda gli animali e dall’altra consente l’aborto di esseri umani. In tv sentiamo ripeterci che siamo delinquenti se abbandoniamo un cane per strada o ci divertiamo al palio di Siena, ma nessuno alza la voce contro la solitudine di molte persone anziane o per la violenza sui cristiani nel mondo. È proprio vero: il mondo è alla deriva, è impazzito.
Chiaramente, avversare l’ideologia animalista (e antiumana) non significa sposare il sadismo e godere della violenza sugli animali. Anche qui la Chiesa è molto precisa. «E contrario alla dignità umana (umana, non animale! ndr) far soffrire inutilmente gli animali e disporre indiscriminatamente della loro vita. È pure indegno dell’uomo spendere per gli ammali somme che andrebbero destinate, prioritariamente, a sollevare la miseria degli uomini. Si possono amare gli animali; ma non si devono far oggetto di quell’affetto che è dovuto soltanto alle persone» (CCC 1418).
Se dunque la violenza gratuita, come ovvio, è biasimata, sono d’altra parte criticate tutte quelle azioni di cura eccessiva e morbosa per gli animali, che a volte risultano essere a scapito delle persone. Quante coppie, non potendo avere un figlio, anziché adottarne uno, si “consolano” con un cane o un gatto, ai quali magari lasciare l’eredità! Non è forse assurdo tutto ciò? Eppure accade.
D’altronde si sa, quando non si rispettano più i diritti di Dio, non si hanno più a cuore nemmeno i diritti dell’uomo. E allora non resta che blaterare su quelli delle bestie.