L’Occidentale 26 Ottobre 2017
di Roberto Santoro
Molto rumore per le figurine antisemite degli ultras laziali e per le cadute di stile imbarazzanti del presidente Lotito, ma visto che si torna a parlare di Anna Frank qualcosa di più preciso diciamolo su cosa fu l’Olocausto in Olanda. La tollerante Olanda che ospitava una delle più antiche comunità ebraiche europee, dove prima della occupazione nazista giunsero decine di migliaia di profughi scampati alle persecuzioni tedesche in Europa Orientale, quando ancora non c’era Wilders e il problema per i governi arancioni di allora era questo tipo di immigrazione.
Qualcuno ha ricordato che dopo la guerra, nelle scuole olandesi, quando il professore chiedeva agli studenti ‘chi di voi in famiglia ha protetto un ebreo?’ tutti alzavano la mano, peccato però che l’Olanda fu uno dei Paesi europei dove la persecuzione della comunità ebraica avvenne nel modo più sistematico e brutale.
La comunità ebraica di Amsterdam fu quasi completamente annientata durante l’occupazione nazista. Per vari motivi. Dall’Olanda era difficile scappare e in Olanda era difficile nascondersi. L’encomiabile burocrazia olandese e l’amministrazione pubblica nordica prese già da allora a modello di efficienza spianarono la strada alla identificazione e successiva epurazione degli ebrei. Secondo lo storico americano di origine ebraica Noam Chomsky, lo sterminio in Olanda fu qualcosa di molto, molto peggio del trattamento che Paesi come l’Italia fascista riservarono agli ebrei.
La storiografia olandese del dopoguerra avrebbe impiegato altrettanto, troppo tempo, per fare i conti con l’accaduto (dopo la guerra la questione dirimente divenne la decolonizzazione ed il rapporto con i nuovi immigrati provenienti dalle ex colonie), e in questo quadro va inserito il successo editoriale del diario di Anna Frank, che tutto sommato dà l’impressione di un popolo olandese non del tutto complice dell’occupante nazista e quindi disposto a nascondere in casa gli ebrei perseguitati come la famiglia di Otto Frank. Le cose purtroppo in Olanda andarono diversamente.
Da noi se n’era accorto Primo Levi, che si mise a tradurre lo storico Jacob Presser, quello di “Ondergang”, il saggio che è anche il racconto della “distruzione degli ebrei olandesi”. Perlomeno fino agli anni Settanta, però, a parte casi come Presser, la rappresentazione consolatoria di un popolo olandese pronto a difendere gli ebrei fu quella dominante. Sicuramente anche in Olanda ci furono eroi e tante persone normali che si schierarono dalla parte degli ebrei cercando di salvarli.
Amsterdam è anche la città dello Sciopero di Febbraio del ’41 (“Februarystaking”), quando una mobilitazione dei portuali e della sinistra socialista e comunista si trasformò in una protesta di massa che coinvolse decine di migliaia di abitanti della città. Il più grande sciopero contro i nazisti nei Paesi occupati in Europa Occidentale. Ma questi atti di resistenza rimasero isolati.
Per cui va bene denunciare l’antisemitismo sempre strisciante nella nostra società, ma attenzione a non cadere in certe trappole, come definirle, rassicuranti della memoria, usando magari il diario di Anna Frank in modo salvifico, come quei ragazzini a cui avevano insegnato a dire siamo tutti buoni, siamo tutti fratelli, siamo tutti Anna Frank, e invece non era vero niente.