Da Edificati sulla roccia 10 Luglio 2018
di Franco Maestrelli
“Sono stato preso a lungo per un uomo del passato, un reazionario. Non si è mai immaginato un momento che il richiamo al passato poteva essere una nostalgia dell’avvenire” Gonzague de Reynold”
Se c’è in Europa, un europeo, è lui.” Così scrisse lo storico francese Daniel Halévy dello scrittore ed erudito elvetico Gonzague de Reynold (1880 – 1970).
In questo momento storico di crisi di credibilità dell’Unione europea appare strano che pochi si ricordino di un personaggio che fin dagli anni Trenta tanto scrisse sull’Europa e tanto aspirò alla sua unità spirituale.
L’erudito, storico, poeta ed uomo d’azione Gonzague de Reynold nacque nell’elvetica e bilingue Friborgo nel 1880 da una famiglia aristocratica che univa le ascendenze romande paterne con quelle tedesche materne. Imparò ad amare la storia aprendo gli armadi pieni di documenti e memorie di famiglia sotto lo sguardo dei ritratti degli antenati nella magione avita di Cressier.
I suoi antenati si erano fatti onore nelle vicende militari europee ma la sua debole costituzione e la scelta neutralista della sua Patria gli impedirono la carriera militare e scelse di combattere con la penna in un tempo in cui la Confederazione elvetica non permetteva più la spada. Negli anni della sua gioventù si sentì un esiliato in patria contro lo spirito radicale giacobino nato dopo la guerra del Sonderbund che vide la vittoria dei radicali prevalentemente protestanti sui sette cantoni conservatori prevalentemente cattolici. “Amo i vinti perché nato vinto” scrisse nelle sue ponderose memorie.
Allo scoppio della prima guerra mondiale nel 1914 però la neutrale Svizzera si mobilitò e, malgrado la sua fragile salute si offrì volontario nel servizio di sicurezza interna fino a raggiungere il grado di maggiore nel Bureau des Conférence de l’Etat –Major de l’Armée. Da questo posto di osservazione e dalla sua duplice anima francese e tedesca, non solo di nascita, ma altresì di studio, poiché frequentò corsi universitari sia in Francia che in Germania, si sviluppa la riflessione sulla necessità dell’unità europea, della comune “Casa Europa”.
Nel primo dopoguerra tale riflessione è condivisa da altri scrittori e saggisti. L’esperienza sanguinosa vissuta nelle trincee e la scia di devastazione lasciata dal primo conflitto mondiale hanno ispirato pagine antimilitariste di Remarque o militariste di Junger ma anche la realizzazione della Società delle Nazioni e progetti europeisti come quelli del 1922 del massone tecnocratico Richard Coudenhove-Kalergi.
De Reynold affronta il tema Europa da altra angolazione, secondo lo schema dei “cerchi concentrici” che darà il titolo a un suo libro del 1943: parte dall’esame della famiglia allargandosi poi al patriziato locale e al Cantone per arrivare alla Confederazione elvetica e infine all’Europa. Dalle sue prime raccolte di poesie e dai suoi studi letterari volti a riaffermare la specificità della letteratura svizzera passa all’illustrazione delle città e paesi svizzeri (Cités et Pays suisses), in un libro che è insieme letteratura, arte e storia.
Ormai docente universitario a Berna sostiene la difesa delle particolarità cantonali contro lo statalismo centralizzatore elvetico propendendo per la Confederazione contro lo Stato. In quegli anni del dopoguerra europeo anche la Svizzera sente la preoccupazione dell’avanzata delle idee socialiste mentre qua e là in Europa si affermano Governi autoritari e nazionalisti.
A modo suo Gonzague de Reynold è un nazionalista, influenzato dalle letture di Maurice Barrès e Charles Maurras. Prima della guerra aveva partecipato al III Congresso dell’Action Française ma il suo nazionalismo non è aggressivo, è molto “elvetico”. Nell’Action Française scorge uno spirito rivoluzionario che non è nel suo carattere:” Un movimento di destra i cui aderenti avevano un temperamento di sinistra” Delle letture maurassiane comunque resterà sempre la rivendicazione del suo essere monarchico, il che in una nazione che non ha mai avuto Re non è da poco.
Ma le sue idee “reazionarie”, cattoliche, la sua difesa delle peculiarità dei corpi intermedi e degli enti locali, il suo patriottismo militarista nella Svizzera radicale gli costarono l’allontanamento dalla cattedra di Berna. Tornò a insegnare nel 1932 nella nativa Friborgo dove vedrà la luce l’analisi della situazione dell’ultimo cerchio concentrico, l’Europa, nel libro L’Europe tragique (1934).
Come incaricato della cooperazione intellettuale della Società delle Nazioni partecipò a incontri e dibattiti in tutto il mondo e ebbe modo di incontrare Capi di Stato compreso Mussolini che vedrà più volte. Nell’Europe tragique ci sono le speranze e i timori per il futuro europeo e dalla coscienza della Svizzera si eleva del tutto naturalmente alla coscienza dell’Europa. La sua inquietudine è riassunta in questo pensiero: “l’Europa cesserà forse di esistere se non prende coscienza del carattere distruttivo delle sue guerre civili. Federarsi o perire!”
Durante gli anni del secondo conflitto mondiale oltre a riprendere il suo impegno nello Stato Maggiore elvetico iniziò la stesura di quella che sarà la sua opera di più largo respiro: otto volumi riuniti sotto il titolo generale di La Formation de l’Europe.
Mentre l’Europa intera è scossa da quella che de Reynold considera una guerra civile scrive che “l’Europa è una nella sua geografia, nella sua storia, nel suo spirito, nei suoi interessi svariati, una nella sua civiltà, nella sua cultura. Ed essa si accanisce all’autodistruzione”.
Nel periodo più buio della guerra uscì il primo volume Qu’est-ce que l’Europe? a cui seguirono gli altri sette di quella che non è solo una storia d’Europa, già raccontata, ma una serie di questioni sussidiarie che toccano l’etimologia, la geografia, la mitologia e di volta in volta, partendo dalla preistoria trattano le varie epoche del vecchio continente: il mondo greco, l’ellenismo, l’impero romano, il mondo barbaro, il mondo russo e alla fine il completamento, il tetto cristiano.
La pubblicazione di quest’opera copre un arco di anni che va dal 1941 al 1957.
Il risultato è un grande affresco che lascia percepire la sua aspirazione a un’Europa modellata sulla Confederazione elvetica e non una democrazia centralizzatrice che opprime gli uomini, il loro spirito e il loro destino particolare, una Confederazione di popoli europei in cui ciascuno di essi possa vivere in pace secondo il suo genio fraterno ma differente. de Reynold ha davanti l’esempio della Svizzera, una piccola Europa: celtica, romana, burgunda e alemanna, più razze, due religioni, quattro lingue.
La morte colse Gonzague de Reynold nel 1970 impedendogli, per sua fortuna, di vedere come invece verrà realizzata l’Unione europea che aveva tanto desiderato: uno Stato burocratico e oppressivo. non una Confederazione di popoli liberi.
Ecco perché proprio oggi sarebbe necessario rileggere le sue pagine ricche di spunti quanto mai utili a superare la crisi di credibilità dell’Unione europea e con una particolare attenzione anche al vero federalismo ben diverso da quello propugnato con imprecisione nelle cronache politiche.
Purtroppo la vastità della sua opera e la sua Weltanschauung conservatrice e rigorosamente cattolica lo rendono non gradito al mondo culturale italiano. Solo nel 2003 un editore di Locarno, Armando Dadò, diede alle stampe il suo Città e paesi svizzeri. Nel 2015 è stata pubblicata da D’Ettoris Editori La Casa Europa. Costruzione, unità, dramma e necessità, un’esauriente raccolta di suoi testi da noi inediti.