[Didaché IV, 2; CN ed., Roma 1978, pag. 32].
Questo sacerdote spagnolo era nato nel 1883 a Játiva, in diocesi di Valencia. Dopo gli studi universitari entrò nel seminario del capoluogo e nel 1906 fu ordinato sacerdote. Esercitò il suo ministero in varie parrocchie prima di essere nominato canonico nella Collegiata di Játiva. Era un uomo dalla cultura impressionante e dagli interessi molteplici, tanto da venire nominato Cronista ufficiale dalla municipalità cittadina nel 1917.
Scrisse e pubblicò parecchie opere di carattere storico, archeologico, giornalistico, narrativo e poetico. Nel 1936 aveva cinquantatré anni ed era ancora in piena attività. Ma scoppiò la guerra civile e una personalità di spicco come la sua non poteva non entrare nel vasto programma di epurazione fisica che i miliziani andavano conducendo per sveltire l’avvento delle “magnifiche sorti e progressive” nel Paese.
Don Gonzalo venne acciuffato a Vallés, un sobborgo della sua città, e fucilato senza tanti complimenti. Per la sorte della Spagna era stata decisiva l’invasione napoleonica. Il popolo era insorto e aveva inventato la guerrilla, provocando la prima incrinatura nella conquiste del Corso.
Ma questi aveva lasciato le sue uova di drago che, puntualmente, avevano costellato gli anni a seguire di rivoluzioni, colpi di Stato, guerre civili. Già se n’era accorto il grande pensatore politico Juan Donoso Cortés fin dal 1846: vedrete – diceva alle Cortes in cui era deputato – cosa succederà quando il socialismo arriverà in Spagna. Donoso Cortés, tra parentesi, fu il principale consulente del papa Pio IX per la stesura del famoso Sillabo.
Il Giornale 10 dicembre 2005