CulturaCattolica.it 23 Dicembre 2016
Gianfranco Amato
Il mio viaggio in Messico mi ha dato l’opportunità di approfondire una scoperta storica interessante su un personaggio che mi è particolarmente caro. Si tratta del Generale Enrique Gorostieta Velarde, il comandante dell’Esercito cristero.
La vulgata, fomentata anche dagli avversari, ha sempre voluto presentare il Generale come un ateo mercenario. A me questa immagine, in realtà, non ha mai convinto. Ora abbiamo le prove che non era così. Sono venuto a conoscenza di alcune lettere inedite inviate da Gorostieta alla moglie Tula, da cui si ricava inequivocabilmente che il Generale era un cristiano, convinto e praticante, e che a muoverlo non era il soldo del militare, ma quella che nelle lettere alla moglie definisce espressamente la sua «fé ciega en Dios».
L’epitaffio sulla sua tomba al Panteon Español di Città del Messico, che io ho avuto l’onore di visitare, è inequivocabile. Nella parte finale recita: «Fue cristiano, patriota, militar y caballero. Tuvo un ideal en su vida y por él supo morir: Dios, Patria y Libertad». Prima di tutto «cristiano», e i suoi soldati lo sapevano bene.
Ho intenzione di pubblicare queste lettere inedite di Gorostieta una volta conclusa la traduzione, perché ritengo sia doveroso togliere definitivamente qualunque ombra sulle motivazioni che spinsero il Generale a combattere, e per mostrare al mondo la sua autentica ed incrollabile fede cattolica.
Oggi desidero pubblicare, in assoluta anteprima, come scoop, la prima di queste lettere, scritta esattamente novant’anni fa, il 22 dicembre 1926, quando Gorostieta, lontano da casa, scriveva alla moglie rammaricandosi di non poter trascorrere il Natale in famiglia, avendo scelto il cammino impervio e ostico della lotta per la libertà della fede cristiana. E’ la lettera commovente di un uomo davvero innamorato di sua moglie e della sua famiglia. Testo:
«Mia amata,
Questa lettera sarà il tuo regalo di Natale e quello dei nostri figli. Non potendo trascorrerlo con Voi e non potendo rendermi utile per la tradizionale Festa, non mi resta che ricorrere a questo mezzo per farmi sentire da te e da loro.
La parola scritta dovrebbe servire ad esprimere ciò che pensiamo, ma limita la gioia di poterlo fare davvero. Quanti pensieri si affastellano nella mente che se esternati sarebbero luminosi ma che espressi inadeguatamente risultano solo nebulosi, oscuri e incomprensibili! Che posso fare se non tentare di farti giungere attraverso questa lettera, come meglio mi riesce, qualcosa di quello che serbo nel mio cuore? Ascolta, il tuo regalo di Natale è questa confessione che ti faccio: prima di conoscerti per la seconda volta, ossia quando solo e isolato pensavo a te, ti ho sempre riservato un posto speciale nel mio cuore accanto a quel poco di bene del tanto bene che Dio mi ha donato, e che mi restava. Il tuo ricordo palpitava con le mie uniche speranze e i miei unici aneliti, e fui sempre casto per te e solo per te. Più tardi, ti ho incontrato e ho realizzato i miei sogni, e quando hai accettato il mio affetto, ti ho posta al centro della mia vita.
Benedetta è la nostra unione sulla terra, e al tuo amore mi sono totalmente consacrato al punto che nemmeno una piccola ombra nella mia anima ha mai potuto oscurare la luce dell’affetto che nutro per te, mogliettina mia. Benedetta, poi, è la nostra unione dall’Altissimo, con uno, due, tre, quattro angioletti, non solo perché sono stato fedele al tuo amore come unico della mia vita, ma anche perché il mio sentimento si è concretizzato nell’elevarti in maniera incommensurabile, rendendomi pieno di orgoglio e facendo di te la mia Regina, per la cui felicità darei tutto me stesso, il mio corpo e la mia anima.
Affinché questo mio amore, questo mio sentimento, questa mia venerazione non diminuiscano e siano sempre degni del tuo affetto, ho messo in atto tutti i miei sforzi per correggermi e perfezionarmi, e ho intensificato la mia disciplina morale al punto di poterti dichiarare (e questo è ciò che oggi ti dono come regalo) che il tuo sposo è un uomo casto, più ancora di quando lo era da fidanzato; che il tuo sposo ti ama più di quanto ti amava da fidanzato, e che oggi tuo marito ti venera, ti adora, ti ama, ti desidera e ti rispetta molto più, molto più di quando, ieri, tu accettavi il suo amore arrossendo come una fidanzatina di provincia e gli concedevi un “sì” che prometteva il paradiso.
Con questa confessione (il tuo regalo di Natale) abbi la certezza che continuerò su questa strada per essere degno delle tue virtù e delle tue grazie. Questo è per te, vita mia. Ai miei figli, a cui non posso dare un bacio, non posso comprare una palla, che non posso far addormentare tra le mie braccia, come ho fatto molte volte, in un giorno tanto grande per il mondo come è il Natale, in un giorno in cui persino le belve si inteneriscono ascoltando il Gloria, mando, attraverso te, come regalo questa considerazione: tutte le privazioni che loro soffrono, tutti i dolori che tu ed io soffriamo hanno uno scopo: insegnare loro un cammino, tracciare loro una rotta. Io so bene che ci sono cammini più facili nel mondo, e Dio sa bene come io conosca anche il modo di percorrerli. Ma non sono questi i cammini che io ho deciso intraprendere. Ai miei figli lascerò lo stesso cammino impervio e ostico che ha seguito il loro nonno. L’unico cammino che può rendere sempre un uomo contento di averlo percorso fino in fondo, e felice per averne alla fine compreso il significato. L’unico cammino che mentre si percorre può donare una vera pace.
Io dono ai miei figli come regalo le privazioni e i dolori che sto provando nel cammino che ho intrapreso. Dà loro un grande bacio da parte mia, e non stancarti mai di evitare – non dico ora ma in futuro – che perdano la fede in questo cammino.
Con tutto il mio amore ti bacio sulla bocca».
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