da Il Corriere del Sud 7 Maggio 2019
di Andrea Bartelloni
Una delle prime descrizioni del mondo concentrazionario sovietico la dobbiamo ad un giovane scrittore polacco nato il 20 maggio del 1919, proprio cento anni fa, a Kielce in Polonia nella regione delle montagne di Santa Croce.
Montagne piene di boschi, di verde e di corsi d’acqua che videro trascorrere la sua infanzia poi gli studi ginnasiali, le prime esperienze letterarie e l’università a Varsavia.
Nella primavera del 1940 viene arrestato mentre cerca di lasciare la Polonia per andare a combattere contro i tedeschi e deportato in un Gulag sul mar Baltico. Vi trascorre tre anni fino alla sua liberazione che descriverà in quello che è il suo capolavoro: Un mondo a parte.
Liberato passerà dal medio Oriente, dall’Egitto e infine dall’Italia dove parteciperà alla battaglia di Montecassino. Scritto in un anno, tra il luglio del 1949 e il luglio del 1950, il testo “nacque da un’esigenza di verità perché i miei compagni di prigionia me lo hanno chiesto. Mi hanno salutato con le parole: «Scrivi su di noi la verità»”.
Immediatamente pubblicato in Inghilterra fu subito un grande successo. L’editore Plon, francese, lo acquista e traduce, ma qualcosa si inceppa, il contratto viene rotto. Un altro editore, Gallimard, non si discosta dal precedente.
Lo stesso Herling nella sua presentazione all’edizione italiana spiega che quello che scriveva un polacco non era attendibile perché polacchi e russi non si vedevano di buon occhio.
Anche Sartre era stato categorico sui campi di concentramento sovietici: “Anche se tali campi esistessero non dovremmo parlarne né scriverne, per non togliere la speranza ai lavoratori di Billancourt”, gli operai francesi della fabbrica della Renault, avanguardia rivoluzionaria.
In Polonia il nome di Herling “fu cancellato dal quadro della letteratura polacca contemporanea”, era proibito citarlo, Un mondo a parte veniva sequestrato, ma le edizioni clandestine spuntavano come funghi, vero e proprio samizdat.
Herling ha avuto come seconda patria l’Italia; infatti, dopo la morte della prima moglie, Krystyna, una pittrice, sposa Lidia, figlia di Benedetto Croce conosciuto a Sorrento durante un periodo di convalescenza mentre era militare e, dopo varie vicende, si stabilisce a Napoli (1955). Ma in Italia non poteva contare su nessuno, si sentiva sotto continua sorveglianza dei comunisti e lui, esule e anticomunista, aveva tutte le strade chiuse.
Ma non tutte: Nicola Chiaromonte lo invita a collaborare alla sua rivista “Tempo presente”, Ignazio Silone lo presenta a Giovanni Spadolini e collabora al Corriere della Sera, la Stampa, il Mattino e altre riviste: La Fiera Letteraria, il Mondo.
Ma Un mondo a parte non si pubblica, “di fatto ignorato in Italia (e, nel periodo in cui il Pci era molto influente, addirittura sabotato)”, nonostante lo stesso Silone lo definisse non solo una testimonianza “ma un’opera letteraria (…). Malgrado tutti gli orrori che descrive, è un libro di pietà e di speranza”.
Per leggere la prima edizione italiana bisogna aspettare il febbraio del 1994 grazie all’editore Feltrinelli, in Francia era uscito nel 1985, in lingua russa nel 1986 e la prima edizione moscovita sarà del 1990. Queste date la dicono lunga sull’egemonia culturale del partito comunista in Italia.
Tuttavia le vicissitudini culturali di Herling non finiranno: nel 1998 viene invitato dall’editore Einaudi, assieme a Piero Sinatti, a scrivere una prefazione all’edizione italiana dei Racconti di Kolyma di Varlam Tichonovič Šalamov.
Scritta sotto forma di dialogo viene respinta dall’editore in quanto la forma intervista non era ritenuta adatta alla nuova collana nella quale sarebbe uscito il volume. Mauro Bersani, responsabile dell’area Letteratura della casa editrice torinese, confessa che il testo era inadeguato e poi “nelle prime quindici pagine non si parla praticamente di Salamov ma solo di lager e gulag con relativi corollari”. Come se i Racconti di Kolyma descrivessero le vacanze di uno scrittore russo.
Infatti Herling e Sinatti sono molto chiari sui motivi del rifiuto: “consideriamo la cosa frutto di una tale grossolana ignoranza editoriale (condita di un pizzico di vetero-comunismo, secondo il detto su “il pelo e il vizio”)”. Herling, rispondendo al dottor Bersani, ricorda che appartiene “agli scrittori della “razza Orwell” (tanto vilipeso dal vostro Calvino nella lettera a Pampaloni), sempre pronti a bollare la human stupidity in nome della human decency”.
La prefazione rifiutata verrà pubblicata da l’Ancora di Napoli nel giugno del 1999 col titolo Ricordare, raccontare. Conversazione su Šalamov. Muore a Napoli il 4 luglio del 2000. La Polonia dedica il 2019 alla sua memoria e anche l’Italia si appresta ad onorarlo con un Meridiano Mondadori che raccoglierà saggi e racconti ed è stato annunciato come di prossima pubblicazione.
Fonti:
Gustav Herling, Un mondo a parte, Feltrinelli, 1994
Gustav Herling, Piero Sinatti, Ricordare, raccontare, Conversazione su Salamov, l’Ancora, 1999
Gustav Herling, Breve racconto di me stesso, l’Ancora del Mediterraneo, 2001