I cattolici allo yoga

da Il Sabato n.50

16 Dicembre 1989

Ratzinger pubblica un documento sulla preghiera cristiana. Per arginare una moda che sta dilagando tra laici e sacerdoti

Gianni Valente

Il depliant verdognolo, esposto nelle bacheche di seminari, collegi religiosi e uffici parrocchiali, si rivolge «a tutti coloro che intendono trovare se stessi e trovare Dio in tutte le cose». Vi si sponsorizzano i corsi di «preghiera profonda» tenuti da padre Mariano Ballester, fiore all’occhiello del Centro internazionale di pastorale della preghiera.

L’organismo ha sede presso la Curia generalizia dei Gesuiti, a pochi passi da piazza San Pietro.  Vi si accenna con linguaggio iniziatico a un cammino spirituale che comprende anche la conoscenza del mondo onirico.

Il tutto a partire da una constatazione posta in apertura: «La divulgazione in Occidente dei metodi di meditazione orientale e il loro influsso sulla meditazione cristiana è un fatto sempre più evidente e diffuso».

Chiaramente il cammino si sviluppa secondo vari livelli di approfondimento. Le sole tre sessioni annue del primo livello, quello di «iniziazione», coinvolgono settecento persone.  

I corsi di padre Ballester sono solo un esempio dell’ultima moda che dilaga tra i gruppi di spiritualità cristiana: il ricorso a tecniche meditative nate nell’alveo delle religioni orientali e adottate come strumenti della propria vita di preghiera.

Il mix di preghiera cristiana e spiritualità orientale assume forme e intensità diverse con il variare del dosaggio degli elementi. Si va dalla semplice adozione delle posizioni yoga per raggiungere la concentrazione e il rilassamento «propiziatori» della preghiera, fino a tentativi più complessi di tracciare metodi per cacciatori di esperienze mistiche, fruibili da tutti gli adepti del grande partito dello spirito.

Un fenomeno che sorprende innanzitutto per gli aspetti qualitativi: il cocktail a base di meditazione orientale trova i suoi più fervidi sostenitori tra gli «addetti ai lavori» della spiritualità cristiana: congregazioni religiose che propongono ritiri annuali in forma di sessione yoga, parrocchie che includono sedute di zen nei propri programmi di catechesi, religiosi contemplativi che praticano la meditazione trascendentale come preghiera individuale nel chiuso della propria cella.

Ma anche da un punto di vista quantitativo il fenomeno impressiona: la rete di incontri, sedute e ritiri spirituali versione orientale si estende per tutto l’Occidente secolarizzato, per la gioia di tutti quelli che reclamano un supplemento d’anima come antidoto al materialismo imperante.

Gli antecedenti storici dell’infatuazione orientale si ritrovano nelle sperimentazioni attuate a partire dagli anni Cinquanta dagli ordini religiosi in India e Giappone. Tra i padri ispiratori il trappista Thomas Merton e i benedettini Henry Le Saux e Bede Griffiths. Gli ultimi fondarono in India due Ashram cristiani, monasteri in cui la dottrina dell’inculturazione e del dialogo interreligioso giunge fino all’innesto delle tecniche meditative orientali sui tempi e sulle forme della vita contemplativa cristiana.

Ma se gli inizi leggendari rimandano al lontano Oriente, l’attuale diffusione in Europa e in America si sviluppa intorno a centri di irradiazione locale: parrocchie, monasteri, case di preghiera.

In America moltissime parrocchie ospitano corsi di meditazione trascendentale. I seguaci della Christian meditation community nelle loro sedute si siedono in posizione yoga, chiudono gli occhi e praticano la tecnica del mantra, reiterazione ossessiva e ritmata di una formula che ha lo scopo di impregnare e «pulire» la mente.  

Ovviamente, per i cristiani, la parola ripetuta può essere un mantra cristiano. Lo conferma una collaboratrice del cappuccino Andrea Schnòller, deus ex machina della meditazione profonda nella Svizzera italiana: «Il rosario è uno dei mantra possibili, e lo suggeriamo insieme agli altri: come formula ripetitiva va benissimo».

Sempre in Svizzera, a Zurigo, il gesuita Nicolas Brantschen tiene corsi di meditazione zen a cui partecipano cattolici e protestanti. A simili tecniche ricorrono anche i gruppi di preghiera che si raccolgono intorno a padre Antonio Gentili, maestro dei novizi barnabiti già responsabile della casa di esercizi di Eupilio, e quelli che fanno riferimento al gruppo di meditazione profonda di Torino, diretto da padre Gian Vittorio Cappelletto.

Il trend in aumento del fenomeno è confermato dall’interesse con cui l’editoria cattolica segue le evoluzioni del flirt tra preghiera cristiana e tecniche orientali. Le Paoline, le Dehoniane e le altre case editrici con approvazione ecclesiastica ospitano con percentuali sempre crescenti nei cataloghi sia i libri dei padri ispiratori, sia i centoni spiritualisti del tipo Antologia delle perle di tutte le religioni.

Numerosi anche i manuali di yoga cristiano, zen cristiano e meditazione profonda.  Un altro segnale dell’attualità del problema è stata la gran quantità di lettere ricevute dal mensile 30Giorni dopo la pubblicazione sul numero di agosto di un servizio intitolato «Yoga connection» che documentava l’estensione del fenomeno.

Ne è nato un dibattito acceso tra favorevoli e contrari al «nuovo corso» orientaleggiante della spiritualità cristiana. C’è stato chi ha descritto l’applicazione dello yoga alla vita cristiana come una forma di autoipnosi, e chi, al contrario, ha sostenuto che lo yoga è semplicemente una espressione di ciò che i mistici cristiani dicono da duemila anni. Chi ha ragione? Il documento della Congregazione per la dottrina della fede, che viene pubblicato questa settimana, troverà certamente una risposta.  

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IL DOCUMENTO

In gioco c‘è l’incarnazione

«Le cose che in passato mi sembravano tanto importanti non mi sembrano più tali, ora sono attratto da realtà come quelle di Achaan Chah, il maestro buddista, e sto perdendo il gusto per tutto il resto. Illusione? Non lo so…». Questo scriveva due anni fa, il giorno prima della sua morte improvvisa, in una stanza a New York, il gesuita indiano Antony De’ Mello.

Come lui numerosi altri religiosi si sono lasciati attrarre, in questi anni, dal fascino avvolgente della mistica orientale. Il benedettino francese Henry Le Saux, fondatore in India dei primi ashram cristiani, ha lasciato scritto nei suoi diari che, sperimentata sulle rive del Gange l’ebbrezza profonda dell’Assoluto, faceva fatica ormai ad accettare la cruda e “meschina” storicità della rivelazione cristiana.

Il documento sulla preghiera cristiana, che viene pubblicato questa settimana dall’ex Sant’Uffizio, nasce anche da queste drammatiche esperienze di religiosi che la vertigine della mistica orientale ha portato lontano dall’iniziale cammino di fede.

E’ un documento dalla storia lunga e travagliata. In cui si sono inevitabilmente riflesse le discussioni che hanno caratterizzato, nell’ultimo decennio, il grande tema del rapporto fra il cristianesimo e le religioni. Cristo, Budda, i guru indiani: vie culturalmente diverse ma sostanzialmente indifferenti per accedere allo stesso Ignoto?

In particolare c’era da decidere sulla compatibilità o meno delle tecniche di meditazione orientale con la preghiera cristiana; perché il fenomeno dilagava anche nella quiete dei conventi e nelle case di esercizi spirituali, qui da noi, in Occidente.

Tanti i contributi chiesti dalla Congregazione per la dottrina della fede, diverse le stesure del documento. Delicato anche il rapporto con il Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, forse più incline a valorizzare certi esperimenti. Infine la decisione di non entrare in dialettica diretta con i fautori dello “yoga cristiano” e di puntare più su una presentazione in positivo della preghiera cristiana.

Ma con una nettezza dottrinale così forte da non lasciare adito a dubbi o equivoci. Concetti come Trascendenza, rottura col mondo, distacco dalla carne, riesaminati ed eventualmente contestati alla luce della originalità cristiana.

Il professor Ignace De la Potterie, consultore presso la Congregazione, commenta: «La differenza tra la preghiera cristiana e la religiosità orientale sta tutta nell’incarnazione. Ho letto recentemente una poesia di Antony de Mello, raccolta in un libro intitolato La preghiera della rana. Parla dei “pilastri della religione”: il Culto, la Scrittura e la Carità. E dice che Dio ad un certo punto promise loro Uno che avrebbe fatto cose ancora più grandi. E’ Cristo, pensavo e speravo, mentre scorrevo quelle righe. E invece no. Quell’Uno è indicato nella “conoscenza-di-sé”. Ecco cosa è in causa, oggi: Cristo stesso. Come al tempo dell’eresia gnostica la Chiesa, per bocca del cardinal Ratzinger, ribadisce che la salvezza dell’uomo non sta nella conoscenza, neanche in quella esoterica, ma nella “meschina” carne di un Uomo».

Lucio Brunelli

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François Dermine

da Il Sabato n.50

16 Dicembre 1989

La Malattia spiritualista  

«I vescovi non se ne accorgono ma questa visione della preghiera è un dramma per la Chiesa» Intervista a François Dermine

Antonio Socci 

«Non sono tecniche innocenti, ma veicolano un messaggio, un’ideologia che non ha nulla a che fare con il cristianesimo. Sono espedienti colti per sfuggire alla concretezza della condizione umana, alla carnalità della vita quotidiana. E per questo contengono l’implicito rifiuto dell’Incarnazione di Cristo che è l’unica salvezza».

Chi parla è padre François Dermine, un domenicano canadese che insegna allo studio teologico domenicano di Bologna. «Lo yoga, ad esempio», riprende padre Dermine, «è un anestetizzante per tentare di far dimenticare all’uomo la sua umanità, la sua condizione quotidiana. E una fuga. L’opposto del cristianesimo».

Dietro queste pratiche orientali fanno capolino antiche eresie che già attaccarono il cristianesimo delle origini?

Sì, senz’altro l’eresia gnostica. La presunzione che l’uomo sia una particella del divino, che vi sia un continuum fra uomo e Dio e che la salvezza sia una tecnica che semplicemente faccia prendere coscienza di questo continuum. L’idea che la salvezza sia una «conoscenza», e il peccato una «ignoranza». Nel cristianesimo non è così: la conversione è il dramma che liberamente un uomo vive nella vita concreta, rinunciando a una mentalità consolidata e accettando il dono della salvezza da Dio.

Cosa è che ha favorito la penetrazione, fra i cattolici, di queste pratiche?

Direi una diffusa tentazione sincretista. Dietro l’idea del dialogo ecumenico si è aperta la breccia del sincretismo ed oggi rappresenta un pericolo terribile per la Chiesa, per la verità cattolica. E poi uno spiritualismo mal compreso, un devozionalismo tutto interiorizzato, superficiale, molto ambiguo. In realtà l’ascesi cristiana deve alimentare il senso della propria povertà e l’apertura alla misericordia di Dio.  

Chi è che sta introducendo queste «culture»?

Si rivolgono allo yoga in genere laici del ceto medio alto. Ma nella Chiesa, paradossalmente, sono proprio ecclesiastici che introducono queste pericolose dottrine. Il colmo è che i vescovi non lo sanno o non afferrano la pericolosità del fenomeno.

Come spiega che siano soprattutto ecclesiastici, monaci, preti ad abbracciare queste nuove dottrine?

C’è innanzitutto un vuoto personale, un ripiegamento su se stessi e l’illusione della ricerca dell’assoluto nella solitudine. Ma mi permetto di dire che davvero impressionante è il dramma attuale della Chiesa che traspare da questi fatti. Stiamo attraversando una vera crisi di fede. E’ terribile. Poi i singoli cercano di rimediare una frustrazione personale con questi espedienti affrettati. Ma ciò che davvero impressiona è il contesto: nella Chiesa sta dilagando una spaventosa crisi della fede in Gesù Cristo.

Potrebbe descrivere i punti di contrasto di queste dottrine con la verità cattolica?

Ne accenno solo due: il monismo, ovvero l’idea che l’uomo sia una particella del divino e che una tecnica possa ricongiungerlo ad esso (in questo sono impressionanti le testimonianze di preti e monaci che raccontano visibilmente entusiasti di aver trovato lì la «pace» che prima non avevano mai provato); e poi una concezione socratica del peccato, considerato come ignoranza (invece è una scelta libera da cui si esce attraverso il sofferto cammino di una conversione). Ma su questo certamente il documento della Congregazione per la dottrina della fede farà chiarezza meglio di me. Negli Usa queste pratiche sono molto diffuse da una quindicina di anni. Il documento scatenerà contrasti e critiche. Dovrà far breccia nell’onda dell’ecumenismo, quello equivoco, che rinuncia a sottolineare gli aspetti delle altre dottrine che sono incompatibili con la verità cristiana. Mi permette un’ultima considerazione?  

Dica pure.

Sono assai sorpreso che siate venuti a interpellare me su questo fenomeno. Non sono uno specialista, è strano e preoccupante che nessuno nella Chiesa abbia finora sentito il bisogno di studiare attentamente queste pericolose pratiche e fondare un giudizio cattolico su di esse. Ancora una volta constato con amarezza che la Chiesa è disarmata e spensierata di fronte al pericolo che l’attacca e mina alle fondamenta la verità di Cristo

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Leggi il documento

lettera ai vescovi della chiesa cattolica su alcuni aspetti della meditazione cristiana

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Yoga e cristianesimo: oltre le apparenze