Tradizione Famiglia proprietà n.60 marzo 2014
L’8 maggio 1087 rientrava nel porto di Bari una spedizione partita qualche mese prima. Composta da 62 persone, era riuscita a penetrare nella città di Myra, caduta in mano agli islamici, per trarre a salvo le reliquie di san Nicola, portandole nel capoluogo pugliese
di Pier Paolo Picano
Ci sono storie che sembrano uscite dalla penna di un bravo scrittore, ma invece appartengono pienamente alla realtà. Ci riferiamo, in questo caso, ad un famoso episodio della Cristianità medioevale: l’impresa che compirono alcuni marinai baresi, traslando le reliquie di San Nicola di Bari dalla città di Myra alla loro terra natia.
San Nicola (6 dicembre 343+) è uno dei santi più venerati nel mondo cristiano. Il suo culto è diffuso e onorato sia nella Chiesa cattolica sia nella Chiesa ortodossa, con eguale vigore. Difensore dell’ortodossia cattolica contro l’eresia ariana, la sua vita fu dedicata interamente alle cure verso il prossimo, prodigandosi in innumerevoli miracoli.
La città di Myra, in Licia, l’odierna Demre in Turchia, aveva avuto la fortuna di ospitare San Nicola come vescovo. Per questo motivo, le sue sacre spoglie dimoravano in quella terra. Nel 1084 la città cadde in mano ai Selgiuchidi e le reliquie, benché fossero sotto la custodia dei monaci greci, rimanevano pur sempre in una terra in cui, al momento degli eventi narrati, i dominatori erano non cristiani. In effetti, la città, soprattutto grazie al poderoso movimento della prima crociata (1096-1099), tornò per breve tempo sotto il dominio bizantino, per poi cadere definitivamente quello turco.
Siamo ai tempi del papa beato Vittore III, successore del grandissimo San Gregorio VII, riformatore della Chiesa e strenuo difensore del primato del Papato, e predecessore del beato Urbano II, che esortò la prima crociata in Terra santa. È, dunque, un periodo in cui proprio dall’alto viene dato vigore e sostegno a coloro che credono e che combattano per la civiltà cristiana.
Nel 1087, Myra era, come detto, in mano islamica, ecco allora che due grandi città italiane, Bari e Venezia, entrarono in competizione per la traslazione delle reliquie del santo. La prima era passata dal dominio bizantino a quello normanno da non molti anni (1071). La seconda era coinvolta in un’importante espansione politica verso l’Istria e la Dalmazia.
La fonte più attendibile che la traslazione ebbe luogo nella primavera del 1087 è rappresentata dagli Annales Cavenses, note marginali apposte ad un Codice della Biblioteca di Cava. La venerazione per il santo di Myra nella città di Bari e nella regione era tale che l’evento fu organizzato nei minimi particolari. Non tutti sanno che nell’impresa un aiuto prezioso venne dai quattro monaci custodi delle sacre spoglie a Myra, tanto che due di essi vollero accompagnare le reliquie a Bari. Ciò dimostra che i religiosi non si opposero affatto all’impresa, come narra anche la “Leggenda di Kiev”, composta nel 1093 e certo non sospettabile di faziosità.
Infine, vi è anche un elemento soprannaturale a sostegno dell’impresa: un anno prima, il Santo apparve in sogno ad un sacerdote pio e devoto preannunziando la traslazione, in quanto la città di cui era stato vescovo, era diventato un luogo molto insicuro, essendo caduta in mano turca.
L’impresa fu organizzata con tre navi, con a bordo 62 uomini. L’equipaggio era così composto: tre nocchieri, Alberto, Giannoccaro e Summissino con il supporto di due sacerdoti, Lupo e Grimoaldo e 57 uomini di ciurma. Ciò è confermato in una pergamena del Codice diplomatico barese, custodito nell’Archivio di San Nicola, che riporta i nomi dei 62 membri della missione, tutti uomini pii e timorati di Dio.
La spedizione fu una vera e propria “crociata barese”. Preparata ed organizzata nei minimi dettagli, tenuta nel massimo riserbo e coperta dal trasporto mercantile di grano ad Antiochia. Gli audaci marinai baresi, arrivati nella città turca, vendettero il grano e acquisirono beni di loro gradimento per non destar sospetti. Ripartirono subito per Myra, nel timore di esser preceduti dai Veneziani che volevano tentar la stessa impresa, approdarono nel porto della città e tennero consiglio sul da farsi. Presero le armi, raggiunsero la chiesa di San Nicola, chiesero ai quattro monaci dove era il corpo.
I monaci glielo indicarono. Era sotto il pavimento della Chiesa. Allora scardinarono l’ammattonato e trovarono la tomba del Santo piena di manna. I baresi trasportarono tutto sulle loro navi, compresa la manna che fu messa in un vaso, e salparono il giorno 11 aprile del 1087 verso la loro città, accompagnati da due dei quattro monaci greci.
Giunsero nel porto di Bari, e precisamente nella rada di San Giorgio, domenica 9 maggio 1087 verso sera, deposero le sacre reliquie nella chiesa di San Giovanni precursore al mare. Tutta la popolazione e il clero in abiti corali li accolsero con grida di giubilo, candele, incenso.
Nel 1089, le reliquie del santo, deposte in primis nell’arca di argento, furono definitivamente collocate da papa Urbano II nella nuova e grande chiesa costruita appositamente, l’odierna romanica Basilica di San Nicola.
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San Nicola a Venezia
Quando, intorno all’anno Mille, i musulmani Selgiuchidi occuparono la città di Myra nell’attuale Turchia, dove erano custodite le spoglie del santo vescovo Nicola, due città italiane cominciarono a contendersi le reliquie: Venezia e Bari. Più svelti, i baresi fecero un raid nell’aprile 1087, impadronendosi delle reliquie e portandole a Bari.
I veneziani, però, non si persero d’animo. Nel 1099, in occasione della prima crociata, un gruppo di cavalieri veneziani approdò a Myra, dove fu loro indicato il sepolcro vuoto dal quale i baresi avevano trafugato le ossa. Qualcuno, però, rammentò di aver visto celebrare le cerimonie più importanti, non sull’altare maggiore, bensì in una cappella laterale. Fu lì che i veneziani rinvennero una gran quantità di frammenti ossei che i baresi non avevano potuto prelevare.
Questi frammenti, ritenuti appartenenti a san Nicola, vennero traslati nell’abbazia di San Nicolo del Lido, a Venezia. San Nicolo venne quindi proclamato protettore della flotta della Serenissima. Proprio a San Nicolo del Lido terminava l’annuale rito dello sposalizio del Mare, quando il Doge, navigando sullo sfavillante Bucintoro, gettava un anello d’oro nell’acqua, simbolo appunto dello sposalizio della Serenissima col Mare.
L’autenticità delle reliquie veneziane, tuttavia, non era universalmente accettata. Finalmente, le ricognizioni effettuate sui resti a Bari nel 1956, e a Venezia nel 1992, hanno appurato che essi appartengono alla stessa persona. Questo mise fine alla secolare contesa fra le due città