I moti rivoluzionari del 1848 solo contro i Borboni

Quotidiano di GelaI moti rivoluzionari del 1848 solo contro i Borboni – 4 Marzo 2020 

di Luigi Maganuco Gela.

Abbiamo avuto occasione di mettere in evidenza parte delle eccellenze, che in tutti i campi produttivi, il Regno delle due Sicilie vantava emergendo e, progressivamente, migliorando la sua posizione economica e sociale, ma mai abbiamo riscontrato che i moti rivoluzionari del 1848, fossero una rivolta solo contro i Borboni. 

L’autore di un quadernetto, Carmelo Di Martini, mette in evidenza due aspetti fondamentali per giustificare l’invasione dei piemontesi e lo “Sbarco dei mille” in Sicilia.

Sicuramente un antiborbonico per eccellenza è un venduto ai Savoia, quando esordisce dicendo che “lo Stato di estrema indigenza della popolazione in Sicilia, permise lo scoppio del 12 gennaio del 1848 dei moti rivoluzionari capeggiati da Rosolino Pilo”, per liberare il popolo del sud da quella estrema miseria in cui versava, sotto la tragica pressione fiscale ed economica dei regnanti Borbonici. 

Questa rivolta ebbe effimero successo, ma permise la nascita di uno Stato Siciliano, che ebbe come presidente Ruggero Settimo e come Ministro Francesco Crispi di idee indipendentista e separatista.

Anche i Florio parteciparono a questa iniziativa, i cui fautori offrirono la corona di Sicilia ad Alberto Amedeo di Savoia, figlio di Carlo Alberto, il quale rifiutò la richiesta.

Romualdo Trigona, principe di sant’Elia e duca di Gela assunse la carica di presidente del consiglio di Palermo, ma l’esito di questa procedura naufragò dopo pochi mesi a settembre del 1848, quando i Borboni ultimarono la loro conquista della Sicilia, terminata  il 14 maggio 1849 ad opera del Filangieri a cui i Palermitani consegnarono le chiavi della città di Palermo.

Altra iniziativa antiborbonica dei siciliani, fu intrapresa subito dopo la conquista di Garibaldi di Palermo con lo “Sbarco dei mille” ed a capo venne nominato Francesco Crispi e, come luogotenente generale del re a Palermo, inviato Massimo Cordero di Montezemolo con cui collaborò Romualdo Trigona, principe di Sant’Elia e duca di Gela. 

Romualdo fu nominato Ministro ai Lavori pubblici e fu uno dei primi senatori che con tutti i nobili siciliani si mise a disposizione del nuovo governo presieduto dai Savoia.

Proclamata l’Unità dell’Italia, il 17 maggio del 1861 si dichiarò ufficialmente la forma della monarchia parlamentare Bicamerale.

La nomina dei senatori a vita era riservata al re Vittorio Emanuele II di Savoia, secondo lo statuto Albertino, che scelse, il 20 gennaio del 1861, Alessandro Manzoni tra i primi senatori. Fu scelto anche il principe di Salina della famiglia Tomaso di Lampedusa (personaggio principale del Gattopardo) che declinò l’invito. Il primo senato del regno d’Italia fu tenuto presso il palazzo Madama di Torino e il primo presidente del senato fu il siciliano Ruggero Settimo.

Il senatore Romualdo Trigona, principe di sant’Elia e duca di Gela. fu eletto a norma dell’artico 33 della categoria 21, prevista dallo Statuto Albertini tra quelli che per censo avevano pagato per almeno 3 anni la somma di Lire 3.000 all’anno.

Per quanto riguarda i deputati eletti dal popolo, potevano partecipare alla votazione solo i maschi che avevano compiuto i 25 anni di età e che pagavano, per le Regioni più povere, come la Sicilia, almeno lire 20 di imposte all’anno, mentre per le Regioni più ricche, come il Piemonte, lire 40.

Il 27 gennaio del 1861 si tennero le elezioni della camera dei deputati e su un totale di 22.182.377 abitanti, ottennero il diritto al voto solo 418.696 persone, circa 2.1 % della popolazione, ma i voti validi furono 170.567 (0,5%%).

La prima seduta della camera si ebbe a palazzo Carignano di Torino di proprietà dei Savoia. Il primo presidente della camera fu Urbano Rattazzi. Il primo presidente del Consiglio dei Ministri fu il Conte Camillo Benso di Cavour fino alla morte avvenuta il 6 giugno 1861. Gli succede Bettino Ricasoli. Ci siamo permessi di fare questo breve tracciato storico, per mettere in evidenza gli uomini di cultura, padri della Patria, che parteciparono alla formazione dell’Unità d’Italia, e alla costituzione dello Stato Savoiardo, massacrando il popolo del sud con l’uccisione di oltre 1 milione di meridionali.

Gli uomini di cultura più rinomati sono: Francesco De Sanctis, Alessandro Manzoni, Francesco Crispi, Romualdo Trigona e Ruggero Settimo, ipocriti e ignoranti su quello che succedeva al sud, beatamente seduti sugli scranni del nuovo parlamento dell’Italia finalmente unita, dov’è la morale di questi letterati? 

Nessuno conosceva l’apporto in denaro liquido delle singole Regioni al nuovo Stato italiano? Il regno delle due Sicilie ha partecipato con 443,2 milioni su un totale apportato dalle regioni d’Italia di 668 milioni e il Piemonte più ricco partecipò con solo 27  milioni, la Lombardia con 51,942. Forniamo altre informazione statistiche.

Gli occupati in Italia, nelle industrie delle provincie napoletane, risultavano 1.189.582, mentre nell’agricoltura erano 2.569.117 e nel commercio 189.504: In Sicilia rispettivamente 405.777 – 564.149 – 82.546 che confrontate con la Regione più ricca, il Piemonte più Liguria abbiamo: 345.562 – 1.341.867 – 110.477, i poveri nella solo Sicilia erano 33.890, nelle province napoletane 90.844, nel Piemonte e Liguria 35.281 e nella Lombardia 51.951, però Carmelo Martino mette in evidenza le ricchezze dei paesi del nord, non considerando nessun dato statistico e solo per sostenere la linea dei letterati italiani senza testi dimostrativi.

Non ci scandalizziamo più di tanto perché i testi scolastici in circolazione ereditati dal De Sanctis, parlando di unificazione, associano all’azione del governo Sabaudo problemi quali “il divario economico tra nord e sud”, di “enorme debito pubblico (solo dei piemontesi forse)”, analfabetismo (solo delle regioni del nord), “divisione linguistica e culturale (il regno delle due Sicilie era abbastanza provvisto di scuole pubbliche, prima della colonizzazione)”. Cosi, giustificano azioni come quella del 1876 della destra storica e, successivamente, fino al 1896, la sinistra storica, con importanti riforme strategiche che hanno penalizzato sempre più il sud dell’Italia, aumentando il divario con le regioni del nord.

Il paragrafo, dei test storici e nei documenti ufficiali, si conclude con la citazione dello sciopero dei panificatori di Milano, contro il rincaro del pane e con l’intervento del generale Bava Beccaris.

Il generale massacrò 127 milanesi, ne ferì 500 e 1000 furono arrestati, tutto questo con il consenso del re Savoiardo. Uccisi a cannonate dal generale Bava Beccaris. La cosa non soddisfò l’anarchico Gaetano Bresci che uccise Umberto I, nei massacri di Casalduni, Pontelandolfo e tanti altri Paesi del sud. Il re Vittorio Emanuele II si congratula con il criminale di guerra Cialdini e lo premia con onorificenze particolari. In questa circostanza non esiste nessun Bresci a rivendicare le offese ricevute.

Così viene liquidata l’uccisione di più di 1 milione di meridionali del nuovo, oggi vecchio, Stato italiano, visto che gli uomini di cultura non ritengono minimamente affrontare il problema. Tanto si tratta di meridionali e briganti, perciò “Ninco Nanco deve morire”. La storia dei vincitori, racconta dell’operato di certe bestie senza anima e dignità umana con il consenso della cultura italiana.

Altri  esempi di copertura di eccidi sono quello che fecero nel 1915 i Turchi agli Armeni (ma loro non vantano grande tradizione morale, ma hanno il coraggio di affrontare il drammatico problema) . Gli studenti Turchi sterminarono circa 1.500.000 Armeni con uccisione di massa, deportazione e abbandoni nel deserto per farli morire di freddo e fame e così per giustificare il loro eccidio instaurarono una dittatura militare che si impegnò a sostenere la necessità di difendere la razza Mongola e la religione Islamica.

I nostri pensatori italiani si sono dimenticati di tutto per vergogna o perché disumani. Così, i Turchi salvarono il loro operato e si dimostrarono molto più moralisti degli italiani falsi.

Da noi il problema è ancora più serio perché hanno escogitato il metodo del silenzio e della negazione assoluta dei fatti, così che con la dimenticanza, ogni cosa sparisce e la coscienza degli scrittori rimane pulita, anzi da noi vengono osannati e premiati. Ci vantiamo di possedere una tradizione democratica millenaria e un’origine risorgimentale del massimo rispetto, però per occultare questa vergogna, la cultura Italiana si è valsa del silenzio più spregiudicato, ha cancellato la storia.

Infatti, dopo un secolo e mezzo, quale essere umano onesto può permettersi di criticare l’operato di un grande scrittore come il Manzoni, il Verga, il Pirandello o il grande narratore della letteratura italiana come De Sanctis, senza incorrere nella ignominia di tutti gli studiosi italiani attaccati alla conservazione delle loro poltrone e allo sviluppo delle loro attività produttive?

Oggi chi tenta di fare emergere situazioni di questo tipo è solo un disfattista o un miserabile vigliacco!

Come gli interessi personali possono stravolgere, a ragione, i principi morali!

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