Alcune idee per le famiglie davanti alla crisi. Domani conferenza dell’economista Giovanni Vecchi a Roma. Il professore sta anche presentando in Italia il libro del premio Nobel per l’economia Angus Deaton
Giuseppe Brienza
Mancanza di libertà, secondo Angus Deaton, lo scozzese che ha vinto il Premio Nobel per l’economia nel 2015, significa «vivere nella povertà e nella malattia» e, nonostante oggi, come recita l’incipit del suo ultimo libro “La grande fuga” (Il Mulino, Bologna 2015), la vita sia «meno dura di quanto sia forse mai stata nel corso della storia», il mondo è sempre attraversato da «diseguaglianze straordinariamente profonde».
Il discorso vale anche per non pochi italiani che, a causa della crisi, fanno fatica ad arrivare alla fine del mese, soprattutto se con due o più figli. L’Autore della Presentazione all’edizione italiana dell’ultima opera di Angus Deaton, è il prof. Giovanni Vecchi (pp. 7‐12), docente di Storia Economica all’Università di Roma “Tor Vergata” e consulente della Banca mondiale.
Domani mattina (alle 11.15), nella serie degli “Incontri di famiglia” organizzati dalla Parrocchia di San Josemaria Escrivà a Roma (quartiere EUR, largo Josemaria Escrivà 7, tel. 06 5191933, e-mail: info@psanjosemaria.it) terrà un incontro sul tema “La crisi economica. Come affrontarla in famiglia”, presentando tendenze e offrendo strade d’uscita sui consumi individuali che stanno compiendo le famiglie, cercando di mantenere il proprio benessere o combattere l’impoverimento.
Seguendo l’impostazione di Deaton, il discorso di Vecchi sottolinea il rapporto esistente tra le decisioni individuali di consumo e gli effetti sull’insieme dell’economia, centrale soprattutto in tempi di crisi e nella valutazione dei meccanismi che generano le situazioni di povertà, soprattutto familiari.
Uno dei contributi più importanti dell’economista scozzese vincitore dell’ultimo Premio Nobel, al riguardo, è l’individuazione di un meccanismo che spiega come gli individui spendono le loro entrate, quali beni e servizi acquistano e quali sprecano. Questo sistema, sviluppato da Deaton assieme all’economista John Muellbauer negli anni Ottanta, ha dei riflessi anche sulla politica economica, ad esempio sull’impatto che una certa decisione di politica fiscale (pensiamo ad una riforma dell’Iva) può avere o meno sul benessere di un determinato ceto sociale.
Scozzese di nascita, ma docente negli Stati Uniti a Princeton dal 1983, Deaton è stato insignito il 12 ottobre scorso del riconoscimento dell’Accademia di Svezia per i suoi studi su consumi, povertà e welfare. Nel 2009 scoprì che la “soglia della felicità” economico-individuale è a quota 75mila dollari. In pratica oltre la soglia dei 67mila euro all’anno, la “felicità” delle persone non aumenta perché diminuiscono i desideri da appagare.
Commentando l’assegnazione a lui del Premio Nobel, l’economista di “Affari e Finanza” Eugenio Occorsio ha così definito Deaton: «È un personaggio fuori dagli schemi, un po’ come papa Bergoglio, che parla diretto. Analizza i modelli di consumo dei paesi più poveri e da questo riesce a capire dove è più urgente intervenire».
Gli studi di Deaton si sono concentrati su tre aspetti dell’economia: come i consumatori distribuiscono la loro spesa su prodotti diversi, quanto di ciò che guadagna la società viene speso e quanto risparmiato, qual è il modo migliore per valutare e analizzare il benessere e la povertà.
Il modello cui ricorre sulla base della stessa impostazione di Deaton il Prof. Vecchi nello spiegare l’economia italiana dalla Repubblica ad oggi è quello di un processo “dalla ricostruzione al declino”. La globalizzazione, poi, «non è un processo neutrale dal punto di vista distributivo», spiega ai suoi studenti di Tor Vergata, e le sue dinamiche economiche ci spiegano anche il “Perché il Sud è rimasto indietro”, com’è intitolato un libro che adotta nel suo corso di Storia economica, pubblicato nel 2013 per i tipi del Mulino da Emanuele Felice.
Secondo Vecchi, poi, il dato del Pil per abitante non restituisce una buona rappresentazione della dinamica del benessere degli italiani la crescita non può che ripartire dalla famiglia e dal “capitale umano”. La stagnazione che caratterizza l’economia italiana dall’inizio degli anni Novanta, infatti, non è un fenomeno temporaneo e reversibile, ancorché persistente e di grave intensità, ma l’espressione di una crisi più profonda. Quella, cioè, di una società vuota, che non crede in sé stessa, una società senza solidità, senza passioni e, quindi, senza lavoro né prospettive di futuro.
Per migliorare il “welfare collettivo”, comunque, è necessario comprendere correttamente le modalità di consumo individuali. Questa, insomma, è la tesi sostenuta da Deaton e, sulla sua scia, dal Prof. Vecchi: per realizzare una politica economica che promuove il welfare e riduce la povertà, bisogna innanzitutto comprendere le scelte che stanno dietro i consumi individuali.
In certo modo è lo stesso concetto che, dal punto di vista spirituale, il Santo Padre ci ha rivolto nel Messaggio per la cinquantesima giornata mondiale delle comunicazioni: «L’ascolto ci consente di assumere l’atteggiamento giusto, uscendo dalla tranquilla condizione di spettatori, di utenti, di consumatori. Ascoltare significa anche essere capaci di condividere domande e dubbi, di percorrere un cammino fianco a fianco, di affrancarsi da qualsiasi presunzione di onnipotenza e mettere umilmente le proprie capacità e i propri doni al servizio del bene comune» (Papa Francesco, Comunicazione e misericordia: un incontro fecondo, 22 gennaio 2016).
Così come nella comunicazione, anche nelle scelte economiche e di consumo rimane sempre fondamentale, come scrive lo stesso Pontefice, «il cuore dell’uomo e la sua capacità di usare bene i mezzi a sua disposizione».