I valori del “sovranismo” europeo

Corrispondenza Romana 12 Giugno 2024  

di Giuseppe Brienza

Il vicepresidente della CEI mons. Francesco Savino intervistato dal quotidiano di sinistra la Repubblica pochi giorni prima delle elezioni europee dell’8 e 9 giugno ha dichiarato: «mi auguro che l’Europa torni ad essere coerente con lo spirito di Ventotene» (Savino: “Noi vescovi preoccupati dalle riforme, non possiamo tacere”, a cura di Iacopo Scaramuzzi, 4 giugno 2024). Invece di promuovere la partecipazione civica ispirata alla Dottrina sociale della Chiesa al processo d’integrazione o richiamare le radici cristiane dell’Europa, il presule ha rimandato nella prospettiva pre-elettorale a un documento filocomunista che, fra l’altro, è noto per aver invocato per primo nel nostro Paese l’abolizione del Concordato che, ha ricordato Antonio Socci, costituirebbe «una sorta di suicidio per la Chiesa italiana» (La CEI in lite con il Papa, con il Governo e con il buon senso (Vogliono addirittura abolire il Concordato?), Libero, 5 giugno 2024).

Significativamente il presidente del Consiglio Giorgia Meloni aveva pubblicamente letto, il 3 giugno ospite della trasmissione Mediaset Quarta Repubblica condotta da Nicola Porro, alcuni passaggi del citato “manifesto di Ventotene” (1944) dai quali emergeva chiaramente il carattere anti-popolare e anti-democratico degli estensori Altiero Spinelli (1907-1986), Ernesto Rossi (1897-1967) ed Eugenio Colorni (1909-1944).

Un documento elitario, quello scritto nel 1941 durante il confino presso l’isola di Ventotene dal comunista Spinelli e dal liberal-socialista Rossi, di tipo dirigista e ideologicamente avverso alle libertà politiche occidentali, a ragion veduta considerato il fondamento dell’Europa dell’Atto unico europeo (1986) e del trattato di Maastricht (1992). 

«La metodologia politica democratica sarà un peso morto nella crisi rivoluzionaria – scrivevano infatti Spinelli e Rossi (Colorni fece “solo” pubblicare il manifesto nel 1944 scrivendone la prefazione) –.[…] Nel momento in cui occorre la massima decisione e audacia, i democratici si sentono smarriti, non avendo dietro di sé uno spontaneo consenso popolare, ma solo un torbido tumultuare di passioni. […] [Il partito rivoluzionario] attinge la visione e la sicurezza di quel che va fatto non da una preventiva consacrazione da parte dell’ancora inesistente volontà popolare, ma dalla coscienza di rappresentare le esigenze profonde della società moderna. […] Attraverso questa dittatura del partito rivoluzionario si forma il nuovo stato, e intorno ad esso la nuova vera democrazia».

Mons. Mariano Crociata, presidente dal 2023 della Commissione degli episcopati dell’Unione europea (COMECE), nell’immediata vigilia della chiamata alle urne degli italiani (la cui affluenza è stata, oltretutto, inferiore rispetto alle due precedenti tornate, già dal loro canto più basse di sempre in termini di partecipazione elettorale dal 1979 in poi – ha votato solo il 49,69% degli aventi diritto, contro il 54,5 del 2019 e il 57,22 del 2014 -), ha aggiunto incredibilmente un ulteriore tassello alla campagna eurolirica dei vertici della CEI.

Il vescovo di Latina-Terracina-Sezze-Priverno ha accusato infatti leader e partiti sovranisti e populisti di “cadere in inganno”, in quanto «ritengono la nazione l’entità in grado di decidere del proprio destino e futuro […]. Un inganno concettuale. Dal punto di vista delle dinamiche sovranazionali politiche è chiaro che ogni nazione deve esprimere sé stessa e deve portare il proprio contributo e conservare la propria identità. Ma oggi la sovranità può essere conservata solo se condivisa, come dovrebbe accadere nell’Unione europea» (Elezioni europee, monsignor Mariano Crociata: “I sovranisti sono un pericolo, l’Ue è garanzia per le nazioni”, a cura di Domenico Agasso, 7 giugno 2024).

In pratica, come commentato da Socci, al Vescovo non è sembrato importante avvertire i cattolici sul pericolo di sostenere con il voto «partiti anticristiani o che, per esempio, di recente hanno votato per inserire l’aborto nella Carta dei diritti. Gli importa solo che combattano i sovranisti» (La nuova (ir)religione di certi vescovi: la UE idolatrata come il Vitello d’oro, Libero, 8 giugno 2024).

Ma chi sono questi “sovranisti” e, soprattutto, quali sono i loro valori?

I gruppi nei quali si raccolgono i partiti e movimenti così definiti, fino ad ora, sono due nell’ambito del Parlamento europeo: Id, Identità e Democrazia, nato nel 2019 dalle ceneri di Europa delle Nazioni e della Libertà ed Ecr e il Gruppo dei conservatori e riformisti europei che, dal 2020, è presieduto dalla premier italiana Giorgia Meloni. Al primo aderisce la Lega per Salvini premier, l’FPÖ, il partito austriaco che fu dell’ex Governatore della Carinzia Jörg Haider (1950-2008) e il Rassemblement National di Jordan Bardella e Marine Le Pen, mentre il movimento di destra tedesco Alternative für Deutschland (AfD) ne è stato recentemente espulso dopo una serie di scandali e dichiarazioni equivoche o indulgenti verso il nazionalsocialismo.

Al secondo gruppo “sovranista” appartiene naturalmente Fratelli d’Italia e, tra gli altri, gli spagnoli di Vox e i polacchi di Diritto e Giustizia (PiS), partito cattolico fondato nel marzo del 2001 dai gemelli Lech e Jarosław Kaczyński.

Come previsto dallo stesso quotidiano la Repubblica, l’unione e il rafforzamento di questi due gruppi a seguito delle elezioni europee di sabato e domenica scorsi potrebbero farli diventare influenti come mai prima. Nonostante le loro divergenze sul piano internazionale, insomma, «il sogno di ribaltare gli equilibri europei, conquistando una nuova influenza sulle decisioni dell’Ue, non è stato mai così forte» (Anais Ginori-Tonia Mastrobuoni-Alessandro Oppes, Dai diritti al rapporto con Putin, l’unità impossibile dei sovranisti europei, la Repubblica, 9 giugno 2024).

Per quanto riguarda i valori del “sovranismo” (o “populismo”) europeo, essi sono in parte endogeni, cioè inscritti nel DNA politico-culturale dei rispettivi leader, spesso provenienti dai ceti medi o popolari, in parte esogeni, ovvero indotti dalla pressione totalitaria dell’Europa di Maastricht.

In reazione del processo strisciante di cancellazione delle identità religiose, culturali, economiche e statali dei rispettivi Paesi, in definitiva, questi partiti e movimenti “sovranisti” hanno sviluppato e dato veicolo politico a discrimini valoriali fondati sulla riaffermazione, in termini e modalità nuove, di temi un tempo fondanti per lo schieramento di destra e/o liberal-conservatore quali l’ordine, la nazione, le tradizioni, le libertà economiche, la famiglia, la religione storica del Vecchio continente etc. In definitiva, tali leader e movimenti hanno puntato sul ridare dignità ad istanze, bisogni e identità dei propri “popoli” di provenienza.

E non si tratta, come confermato dall’incremento di voti registrato per essi alle ultime europee in quasi tutti e 27 i Paesi UE, di sole affermazioni di principio, bensì di temi forti intorno ai quali si è tentato di articolare modalità d’intervento contro quella «violenta imposizione della volontà di entità politicamente più forti su quelle più deboli», denunciata nella Carta dei Valori firmata il 2 luglio 2021 da 16 movimenti provenienti dai gruppi Id, Ecr e Non iscritti (v. Fidesz di Viktor Orbán), nel segno di un rafforzamento dello spirito di comunità e sovranità nazionale, che continua evidentemente a pervadere le famiglie e le società del nostro continente. 

L’ascesa dei partiti “sovranisti” alle elezioni europee dell’8 e 9 giugno è stata netta in diversi Paesi. Il caso più clamoroso è stato quello della Francia dove il 31,37 % dei consensi ottenuto dal Rassemblement National (Rn) di Marine Le Pen ha più che doppiato la percentuale del 14,6 della lista liberal Besoin d’Europe del Presidente della Repubblica Emmanuel Macron, tanto che quest’ultimo, con una mossa spregiudicata, ha deciso di convocare elezioni legislative anticipate per il 30 giugno e il 7 luglio prossimi.

Al voto del Rn va anche aggiunto quello del 5,47%, della coalizione La France fière, frutto dell’alleanza elettorale tra il movimento dal giornalista e scrittore Éric Zemmour Reconquête! ed i conservatori e ruralisti del Centre national des indépendants et paysans (Cnip). Il primo partito aderisce al gruppo europarlamentare Identità e Democrazia, il secondo ai Conservatori e Riformisti europei.

Analogo terremoto politico si è registrato nell’altro Stato-roccaforte dell’Unione europea così come attualmente configurata, ovvero il Belgio, dove oltre alle europee si è votato anche per le elezioni federali e locali.

Anche qui il premier liberale (ma alleato dei socialisti) Alexander De Croo, dopo il disastroso risultato elettorale (il suo partito, l’Open VLD, è piombato infatti sotto al 6 %), ha rassegnato le dimissioni.

Il fronte sovranistaè andato particolarmente bene nelle Fiandre con il 14 % conseguito dal partito N-VA e il 14,5 % del Vlaams Belang di Tom Van Grieken, che hanno saputo convincere molti nuovi elettori presentandosi come i difensori delle “campagne dimenticate” del Belgio.

I partiti di destra euro-critici hanno ottenuto ottimi risultati anche in Germania e Austria. Alternative für Deutschland (AfD) ha ottenuto infatti quasi il 16 % dei voti, superando persino i socialisti del cancelliere tedesco Olaf Scholz, fermi attorno al 13,9 %, mentre il partito dell’ex Governatore della Carinzia Jörg Haider (1950-2008), il Freiheitliche Partei Österreichs (FPÖ), ha conquistato la percentuale del 25,4 %, impensabile prima delle elezioni. L’Afd infatti, un mese prima delle elezioni, era stata espulsa dal gruppo Identità e Democrazia a cui apparteneva. 

Non ha sfondato, invece, la destra sovranista in Spagna, dove il movimento VOX guidato dal cattolico Santiago Abascal si è fermato al 9,6 %, sebbene alle precedenti europee avesse preso una percentuale molto inferiore, il 6,21 %. Anche nei paesi Bassi, nonostante l’aumento dei seggi non c’è stato l’exploit del Pvv di Geert Wilders, superato dalla coalizione dei Laburisti-Verdi guidati da Frans Timmermans.

In Italia, Fratelli d’Italia (FdI), con il 28,8 per cento si è confermato il primo partito a livello nazionale con un milione di voti di stacco dal Pd, che ha conquistato il 24,1% dei consensi.

Al terzo posto, con il 10 % dei voti, è risultato il Movimento Cinque Stelle di Giuseppe Conte, laddove in una posizione apparentemente equivalente, rispettivamente al 9,6 % e 9 %, si sono attestati Forza Italia (Fi) e la Lega.

Diciamo “apparentemente” perché, dal punto di vista sostanziale, il partito di Matteo Salvini si conferma davanti a quello guidato dal ministro degli esteri Antonio Tajani in quanto nella percentuale di quest’ultimo sono inclusi circa due punti percentuali apportati dai centristi di Noi Moderati di Maurizio Lupi e dal Movimento per l’Autonomia dell’ex presidente della Regione, Raffaele Lombardo, entrambi alleati di lista alle europee con Fi.

Alla Lega si calcola peraltro che abbia portato circa un due % il generale Roberto Vannacci, primo degli eletti in Italia, dopo Giorgia Meloni, con 550.000 voti.

In Ungheria le urne hanno confermato nettamente al primo posto il partito Fidesz del premier Viktor Orbán, sebbene la percentuale stratosferica del 44,8 % sia stata presentata da alcuni media di sinistra o filo-Ue come in “calo significativo” rispetto alle precedenti elezioni. In realtà la percentuale andrebbe letta con quella rilevantissima conquistata dal nuovo partito TISZA dell’ex membro di Fidesz Péter Magyar che, presentatosi per la prima volta alle europee, ha conquistato quasi il 30% dei consensi (ne consegue che, alle urne, la sinistra ungherese è risultata del tutto irrilevante). 

In Slovacchia non è andato benissimo il partito Smer del premier sovranista di sinistra Robert Fico, vittima il 15 maggio 2024 di un grave attentato, che ha raggiunto il 24,8 %, mentre in Polonia testata a testa fra la Coalizione civica (KO) del capo di governo europeista Donald Tusk, con il 37,1 % ed i nazional-cattolici di Diritto e Giustizia (Pis), che hanno ottenuto il 36,2%. 

Dalla Croazia si è unito al gruppo dei Conservatori e Riformisti europei Stjepo Bartulica del Movimento per la Patria (Domovinski Pokret); da Cipro, Geadi Geadis del Fronte Popolare Nazionale (Ethniko Laiko Meri e topo, Elam), e dalla Lettonia, Reinis Poznaks della Lista Unita (Apvienotais Saraksts, As).

Infine, con Fernand Kartheiser del Partito riformatore democratico alternativo (Alternativ Demokratesch Reformpartei, Adr), l’ECR avrà per la prima volta anche un delegato del Lussemburgo e il neoeletto Sebastian Tynkkynen del Partito dei finlandesi (Perussuomalaiset), che però già faceva parte della famiglia politica dei Conservatori. In tutto il gruppo conterà 76 eurodeputati.

Il Partito Popolare Conservatore Estone e il Partito Popolare Danese con gli eletti “sovranisti” di Austria, Belgio, Francia, Italia e Repubblica Ceca, fanno parte dei 58 deputati di Identità e Democrazia. 

Ritornando alla Francia, il Rn che ha ottenuto ben 30 seggi all’Europarlamento ha ora «la possibilità di vincere le elezioni» legislative anticipate del 30 giugno con la prospettiva di formare un «governo di unità nazionale», come dichiarato da Marine Le Pen all’indomani dell’ufficializzazione dei risultati delle urne.

La storica leader della destra francese, oltretutto, nel 2022 ha lasciato intelligentemente la presidenza del partito al giovane, classe 1995, Jordan Bardella, personalità che non ha avuto nulla a che fare con gli estremismi del Front National del padre di Marine, Jean Louis Le Pen, neutralizzando così le residue obiezioni di condizionamenti del passato da parte della leadership del Rn. Tanto che il presidente del gollista Partito repubblicano Eric Ciotti, prima di essere inspiegabilmente estromesso dalla carica (la sua espulsione è stata comunque annullata dal tribunale di Parigi che ha accolto il ricorso dell’interessato), ha per la prima volta nella storia della Quinta Repubblica(1958-2024) neutralizzato la storica conventio ad excludendum (ovvero “patto per escludere”) dei partiti tecnocratici e di sinistra che, anche in vista delle elezioni anticipate, hanno annunciato un “Nuovo fronte popolare” per arginare artificiosamente la destra. Un’altra “espulsione” sta facendo discutere in Francia.

Dopo il fallimento dei negoziati per un’alleanza tra Reconquête e il Rassemblement National in occasione delle elezioni legislative del 30 giugno, un’esponente di punta di Reconquête, Marion Maréchal, nipote di Marine Le Pen, ha invitato a votare per i candidati del Rn, criticando Éric Zemmour, che a sua volta l’ha espulsa dal partito.

In definitiva si può dire che dall’esito delle elezioni francesi del 30 giugno e del 7 luglio dipenderanno in gran parte valori e programmi della nuova legislatura del Parlamento europeo, la quale sarà avviata dalla prima sessione plenaria a Strasburgo dal 16 al 19 luglio. 

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