Identità di genere come problema biogiuridico

gender_identityIustitia
(Rivista trimestrale di cultura giuridica dell’Unione Giuristi Cattolici Italiani fondata nel 1948)
n.2 Aprile-Giugno 2011

La questione “sex/gender” assume una rilevanza peculiare nell’ambito delle recenti problematiche bioetiche e biogiuridiche emergenti a seguito dei progressi delle conoscenze scientifiche e delle applicazioni tecnologiche in biologia e medicina.

L’articolo approfondisce in particolare il problema dell’ambiguità sessuale, ossia della disomogeneità tra gli elementi genetici, ormonali e morfologici del “sex” (le anomalie nel processo di differenziazione sessuale) e il problema della non corrispondenza tra “sex” fisico e “gender” psico-sociale (il caso del transessualismo).

Tali problemi sono affrontati alla luce del dibattito attuale delle teorie “gender” e “queer” che esaltano la scelta sessuale (anche intersessuale e trasgender) come libera espressione delle pulsioni. Contro il “gender” sono elaborate alcune argomentazioni filosofiche che mostrano la rilevanza della natura per l’identità sessuale e di genere della persona umana

Laura Palazzani

sommario: 1. ‘Sex/gender’: il dibattito nel biodiritto. — 2. Le teorie ‘sex/gender’ e applicazioni biogiuridiche. — 2.1. ‘Nurture theory’. — 2.2. ‘Gender-queer theory’. — 3. L’identità della persona tra identità sessuale e identità di genere. — 3.1. L’interazione ‘sex/gender’: percorsi filosofici. — 3.1.1. La rilevanza della natura per l’identità sessuale. 3.1.2. La variabilità (non arbitraria) della strutturazione dell’identità di genere. — 3.2. Applicazioni biogiudiriche. — 3.2.1. I disordini della differenziazione sessuale. — 3.2.2. Il transessualismo e il transgender. — 3.2.3. Perché il diritto non ‘de-generi’.

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1. L’espressione ”identità di genere” necessita di alcune distinzioni concettuali. La parola “genere” può essere usata in diversi sensi: a livello grammaticale, indica la distinzione tra “maschile/femminile” (ma in alcune lingue, anche il neutro); a livello concettuale è una categoria che raggruppa cose/persone con caratteristiche rilevanti simili e irrilevanti dissimili (si può usare anche per indicare l’ “umano”, senza distinguere uomini/donne); nel dibattito oggi, come traduzione dall’inglese “gender”, si riferisce, in modo specifico, ad una dimensione di significato che si contrappone a “sex”.

Con “sex” (1) si indica la condizione biologica o fisica dell’essere uomo/donna, maschio/femmina (“come si nasce”/”come si è”); con “gender” si indica la condizione meta-biologica dell’essere uomo/donna, la mascolinità/femminilità (“come si diviene”) (2)

Più precisamente, “sex” è costituito da un insieme di componenti, distinguibili in componente genetico-cromosomica, gonadica, ormonale, duttale, fenotipica-morfologica (genitali interni ed esterni, caratteri sessuali primari e secondari) (3). “Gender” va distinto in “gender identità”, ossia percezione psicologica interiore di sé nell’ambito della esperienza “privata” (“come ci si sente”) e “gender role”, ossia assunzione sociale di ruoli, nella espressione esteriore “pubblica” di sé agli altri (“come ci si dovrebbe comportare” in funzione di ciò che è ritenuto appropriato o ciò che ci aspetta in un certo contesto socioculturale). La distinzione “sex/gender” si inscrive nella distinzione più ampia e generale di natura/cultura, innato/acquisito, istintivo/ appreso.

La questione “sex/gender” assume una rilevanza peculiare nell’ambito delle recenti problematiche bioetiche e biogiuridiche emergenti a seguito del progresso delle conoscenze scientifiche e delle applicazioni tecnologiche in biologia e in medicina. In particolare: 1) il problema della ambiguità o ambivalenza della sessualità, ossia di disomogeneità tra gli elementi del “sex” (il caso delle anomalie nel processo di differenziazione sessuale, per assenza o incompletezza della mascolinizzazione o della femminilizzazione) (4); 2) il problema della non corrispondenza o contrarietà tra “sex” (in sé omogeneo) e “gender” (il caso del transessualismo, ove il soggetto percepisce un contrasto o dissonanza tra corpo fisico e identità psico-sociale, avvertendo il corpo sessuato come “gabbia” da trasformare e adeguare alla percezione di sé, con la mascolinizzazione del corpo femminile e femminilizzazione del corpo maschile).

2. Come a volte accade (soprattutto, ma non solo, in bioetica), i fatti e i problemi concreti emergenti dalla realtà “costringono” le teorie astratte a modificarsi e a ri-pensare alcune categorie tradizionali, che si rivelano inadatte e inadeguate. In questo senso, le problematiche della ambivalenza sessuale e della non congruità “sex/gender” hanno sollecitato la discussione teorica alla revisione del paradigma tradizionale del determinismo biologico o essenzialismo.

Tale teoria ritiene che “sex” sia determinato alla nascita, in quanto innato, in modo statico, fisso e immodificabile e che il rapporto tra “sex” e “gender” sia di causazione deterministica biunivoca (il “sex” causa il gender come effetto), consentendo la deduzione del gender (inteso come essenza del maschile e del femminile) dal “sex”. In altri termini, si nasce uomo e si diviene uomo, si nasce donna e si diviene donna: nulla può essere indeterminato o diversamente determinato.

In questa prospettiva non risulta nemmeno necessaria una distinzione tra “sex” e “gender”, essendo concetti interscambiabili, equivalenti, sostituibili: in ogni caso “sex” ha una antecedenza e priorità sul gender, assorbito nel “sex” o dedotto dal “sex”. È una teoria che si mostra inadatta a spiegare la problematicità del reale, emergente nella complessità del “sex” e nella variabilità del rapporto “sex/gender”.

2.1. La “nurture theory” (o teoria dell’allevamento), elaborata nell’ambito della psicosessuologia, riconosce la indeterminatezza e indeterminabilità del “sex” alla nascita (come fatto o possibilità) e afferma il determinismo ambientale o costruttivismo sociale. Secondo tale prospettiva il “gender” non è determinato dal “sex”, ma si acquisisce progressivamente mediante l’educazione e la socializzazione, che consente una associazione variabile tra “sex” e “gender”, associazione più o meno consolidata, in base alla diffusione e alla ripetizione nei diversi contesti sociali. Si parla di plasticità e malleabilità del “gender”, di priorità del “gender“ sul “sex“.

J. Money (5) teorizza l’esistenza nel corpo di “pre-disposizioni interne” (non pre-determinate) che, mediante “stimoli esterni” (osservazione della realtà ed esperienze) formano nel cervello degli “schemi mentali” interni su cosa significa essere maschio o femmina; tali schemi configurano “modelli di comportamento” che possono essere confermati o eliminati in funzione della approvazione o disapprovazione dalla società. Le predisposizioni interne vengono pertanto plasmate mediante l’apprendimento (l’educazione e la socializzazione): i fattori esterni esercitano una “spinta“ o “pressione“, costituiscono una “forza“ che imprime una forma al “gender“ malleabile.

La identità “gender“ si acquisisce progressivamente parallelamente all’acquisizione del linguaggio. Così come siamo pre-disposti a comunicare, ma quale lingua parliamo dipende dall’esterno, allo stesso modo la identificazione sessuale dipende da fattori interni e segnali esterni. I segnali esterni — secondo l’autore — hanno efficacia entro un anno e mezzo dalla nascita (analogamente al linguaggio): fino a quella data il “cancello“ è aperto, poi si chiude; eventuali modificazioni successive compromettono l’equilibrio psichico.

Money applica la sua teoria al caso di due gemelli di sesso maschile: John, a causa di un incidente operatorio a 18 mesi rimane privo di genitali e si decide la femminilizzazione (Joan), ritenuta tecnicamente più facile, concordando con i genitori un “allevamento” in senso femminile (6).

Money ha pubblicizzato il “caso” come “prova empirica” della sua teoria. Tale teoria è stata anche applicata ai casi di “disordini della differenziazione sessuale”, ritenuto un “falso problema”: si tratta di casi (considerati una sorta di “esperimento naturale”) risolvibili mediante un intervento chirurgico e ormonale di “riassegnazione/attribuzione del sesso”, scelta dal medico (in funzione della praticabilità tecnica) e dai genitori (in funzione delle aspettative e desideri). L’importante è che la decisione sia presa in tempi rapidi, entro i 15/18 mesi (bilanciando diversi fattori, tra i quali la funzione riproduttiva, sessuale, le infezioni, ecc.) e che, a seguito della modificazione del corpo, segua una educazione conseguente (orientata in senso maschile o femminile) (7).

Money applica la sua teoria anche al caso del transessualismo, ritenendolo un caso problematico in quanto emerge in età adulta, quando il “cancello” è chiuso, il gender non malleabile: in questo caso la modificazione del corpo, ossia l’adeguazione del “sex” anatomicamente e ormonalmente considerato “normale” al “gender” è dovuta, ma si manifesta come scelta difficile dal punto di vista fisico ed esistenziale. Anche in questo caso, pur non essendo noti quali fattori siano implicati in tale condizioni (se cioè fattori interni, genetici o ormonali, pre- o postnatali, o esterni, influenza familiare, sociale, culturale), in ogni caso il “gender“ deve avere una priorità sul “sex“.

La nurture theory, pur opponendosi al determinismo biologico tradizionale, si articola prevalentemente in senso duale bipolare, ossia all’interno della differenza uomo/donna, maschio/femmina. Ma in modo non assoluto. Money distingue tra “pensiero astratto“ che ragiona secondo la logica duale (luce/scuro, caldo/freddo, bene/male, vivo/morto, maschio/femmina) con una linea divisoria nitida e la “esperienza” che consiste in uno spettro tra estremi immaginati assoluti con sfumature e variazioni, di intensità e grado diverso.

Nell’esperienza dell’essere maschio o femmina “si diventa” per stadi, in modo graduale: la differenziazione è un processo, mai concluso, sempre suscettibile di modificazioni. Ammette la possibilità di oltrepassare la logica disgiuntiva maschile o femminile, nella logica congiuntiva (maschile e femminile). Money accenna a tali situazioni come “praticamente impossibili“ (8) (dunque sembrerebbe ammettere come teoricamente possibili); altre volte “rare” (9) (dunque anche praticamente possibili). E sembra ammetterle come possibilità, di principio, equivalenti alla scelta maschile/femminile: ogni possibilità distinta solo per grado e intensità (10), auspicando anche un cambiamento nel linguaggio e delle pratiche sociali con l’uso della terza persona neutra.

Le teorie gender sono state elaborate prevalentemente in ambito filosofico, nel contesto del pensiero femminista e postfemminista (11). È il post-femminismo che ha radicalizzato la categoria “gender” e applicata alla questione relativa alla liceità/illiceità degli interventi tecnologici e medici sul corpo, con riferimento alla ambivalenza sessuale.

Le premesse filosofiche del post-femminismo decostruzionista e poststrutturalista “postmoderno“ sono riconducibili alla critica all’essenzialismo con la negazione della esistenza e conoscibilità della natura (intesa come sostanza eterna ed immutabile) e la riduzione del reale a contingenza “liquida” e fluida; su tali basi è teorizzato il volontarismo individualistico che assolutizza la volontà arbitraria in un contesto relativistico ove tutto è equivalente e indifferenziato.

J. Butler (12) ritiene che l’associazione “sex/gender“ corrisponda ad uno “schema“ che si costruisce a partire da come nasciamo (maschi o femmine), come ci comportiamo (esteriormente) in base alla educazione e al ruolo conseguente che assumiamo nella società, come ci percepiamo (interiormente). E uno schema (nascita/socializzazione/ percezione) che ci sembra “naturale/normale“, ma che è — in verità — una “costrizione“, una “naturalizzazione/normalizzazione“, che fissa in modo rigido binario la nascita e la società, dividendo l’umanità in due secondo la logica bipolare-oppositiva che soffoca le pulsioni e i desideri.

Ogni individuo può e deve costruire/decostruire, fare/disfare (13) (nel senso di de-naturare e de-socializzare) liberamente la propria identità “gender“ che coincide con la “performatività“ dell’agire e del fare. “Gender“ non è la recezione passiva dall’educazione e dalla socializzazione (come sosteneva Money), ma è creazione attiva e autodeterminazione individuale, l’insieme di atti, gesti e parole che esprimono liberalmente ciò che l’individuo vuole e desidera, nel momento in cui vuole e desidera (secondo la logica: agisco, dunque sono).

È l’affermazione della volontà sulla natura (detta anche “presunta“ natura sessuale), sulla società e sulla cultura; il “sex“ è annullato nel “gender“; il “gender“ produce il “sex“.

Ma anche la categoria “gender“, generalmente associata a “sex“, usato in senso binario, può risultare costrittiva. Compare una nuova espressione “queer“ (14), che indica dopo e oltre il “gender“, la dimensione fluida, flessibile e fluttuante, dinamica e nomade, del “pansessualismo/polimorfismo“ sessuale contro il binarismo sessuale.

“Gender/queer“ diviene la categoria della “in-differenza“ sessuale, della neutralità e neutralizzazione che annulla ogni differenza (ammettendo semmai solo “differenze“ al plurale) nella mescolanza, incrocio, confusione, dove scompaiono rigide classificazioni lasciando il posto solo a sfumature variabili per grado e intensità (espressioni ricorrenti sono: cris-crossing, mixing up). Non si parla più di “maschio o femmina“; semmai, in modo neutrale, di “maschio e femmina“ o “né maschio né femmina“.

In tale contesto l’esistenza di ambiguità genitali è considerata la prova fattuale dell’esistenza di un “genere neutro“ o “terzo genere“ che si colloca “oltre“ la classificazione binaria bipolare. È la condizione propriamente di “intersessualità“ (15), espressione che indica proprio la condizione intermedia “tra“ maschile e femminile, i poli estremi di uno spettro continuo, senza divisioni nette ma solo con sfumature variabili.

I casi di ambivalenza sessuale sono il segno empirico della espansione quantitativa/qualitativa della condizione sessuale: i c.d. “generi addizionali“. Bisogna prendere atto che i sessi non sono più due, ma almeno cinque, oltre al sesso maschile e femminile, anche l’ermafrodito (herms), l’ermafrodito maschile (merms) e femminile (ferms) (16).

In questo senso è proposta la depatologicizzazione delle ambiguità genitali: non sono né disordini né disturbi della differenziazione sessuale, ma stati che manifestano condizioni di indifferenziazione, da accogliere in senso positivo, non stigmatizzare in senso negativo. L’accoglienza o accettazione della discontinuità e delle differenze nella morfologia sessuale umana si dovrebbe esprimere nella rinuncia ad ogni trattamento chirurgico o ormonale (se non esplicitamente richiesto dal soggetto stesso in età adulta): l’intervento è considerato una “normalizzazione“ dei corpi (da parte dei medici e genitori rispetto ai figli), una assegnazione forzata di una scelta altrui in funzione di una adeguazione a parametri imposti dalla società; ogni intervento va dunque posticipato, essendo percepito come una mutilazione e dunque un trauma. Anche la educazione deve essere neutra accogliendo anche la “scelta di non scegliere“ (17).

È la prospettiva che ritiene il transessualismo, quale scelta di adeguazione del corpo alla identità vissuta, una condizione costrittiva, interna al binarismo. E preferibile la condizione di “transgen-der-transex“, quale condizione neutra (di uoma/donno) (18), “interstiziale” e transitoria. “Trans” indica il movimento da una polarità sessuale all’altra, l’accettazione (nel caso di nascita con ambiguità) o di ricerca trasgressiva della ambi-sessualità, della indeterminatezza del corpo con o senza intervento chirurgico, totale o parziale; della ambiguità psico-sociale nella identità e nei comportamenti che includono maschile e femminile.

A volte è preferita l’espressione “gender-queer”, in quanto “trans” indica un movimento tra poli ed anche questo è percepito come costrittivo; meglio la pura combinazione di elementi in atto senza transizioni, come “stile di vita” (19). In contrapposizione è usata la categoria “cisgender” (che suona quasi dispregiativo) riferita a chi vive in armonia la differenza sessuale sul piano fisico-psichico-sociale.

Tale teoria chiede il riconoscimento pubblico della libertà di vivere tale condizione e di trasformazioni sessuali come “diritto alla privacy”: ogni individuo deve fare la scelta che vuole, quando e come vuole (anche mediante una registrazione anagrafìca neutra) e la società è chiamata a rendere possibile, anche mediante un sostegno economico, la realizzazione della scelta dell’identità sessuale quale essa sia.

Si tratta di una prospettiva provocatoria, che si presenta nel dibattito con argomentazioni razionali alle quali (nella misura in cui non le si condivide) bisogna rispondere con contro-argomentazioni. Se non altro evidenziando la contraddizione in cui cade chi pretende di esprimere un pensiero radicalmente scettico senza mettere in discussione se stesso. Non è possibile contrapporre alla “normalizzazione” di ciò che è “anormale”, la “anormalizzazione” di ciò che è “normale”.

3. A fronte delle problematiche emergenti dalla prassi e delle “teorie gender”, non è possibile, oggi, quando si parla di “identità sessuale” (in senso fisico) richiamare l’esperienza di nascere come uomini o donne o quando si parla di “identità di genere” (in senso psico-sociale) postulare aproblematicamente una deduzione dalla identità sessuale. Le nuove conoscenze scientifiche e nuove applicazioni tecnologiche biomediche mettono in discussione il paradigma del determinismo biologico, secondo il quale l’identità sessuale coincide con il sesso biologico accertabile alla nascita; le “teorie gender”, nelle versioni debole ed estreme, provocano la teoria dell’essenzialismo, secondo la quale l’essenza della femminilità/mascolinità è radicata nella natura della stessa identità sessuale. Insomma, “sex/gender” non sono intercambiabili e la teorizzazione e applicazione del loro rapporto necessita di una adeguata giustificazione tra determinismo (premoderno) e relativismo (postmoderno).

3.1. L’identità sessuale non è riconducibile esclusivamente al fattore fisico presociale preculturale (come sostiene il determinismo biologico) e l’identità di genere non è riconducibile solo al fattore socio-culturale (come secondo il determinismo/costruttivismo sociale) alla volontà (come esige il volontarismo individualistico). Si può dire che la identità sessuale e l’identità di genere si costituiscono nella interazione. Secondo la prospettiva interazionista tra essere (nascita) e divenire (cultura/volontà) vi è e vi deve essere un interscambio costante e continuo: “sex” e “gender” sono inestricabilmente interconnessi.

Per rendere ragione della interazione bisogna superare la separazione “sex-gender” che produce da un lato l’annullamento del “sex” (natura) dall’altro la prevaricazione del “gender” (cultura/volontà). È una separazione nuova, che si inserisce nel dualismo che periodicamente ritorna nel contesto del pensiero filosofico occidentale (da Platone, corpo/anima, attraverso Cartesio res extensa/res cogitans).

I percorsi filosofici nella direzione del superamento della separazione offrono una tematizzazione che si contrappone da un lato alla pre-determinazione del “sex”, dall’altro alla post-determinazione del “gender”. Si tratta di mostrare da un lato la rilevanza della natura nella costituzione della identità sessuale e dall’altro la variabilità ma non arbitrarietà nella strutturazione della identità di genere.

3.1.1. La stessa osservazione del processo di differenziazione sessuale evidenzia la rilevazione di modificazioni “a cascata” coordinate da un programma non casuale o necessitato, che si sviluppa gradualmente e progressivamente secondo una successione lineare e regolare di fenomeni strettamente interconnessi. La configurazione genetica e cromosomica determina la morfologia gonadica che produce ormoni, i quali svolgono un ruolo determinante per la formazione dell’apparato riproduttivo interno/esterno e dei caratteri sessuali primari/secondari. Tale processo si articola in una direzionalità teleologica: le anomalie dello sviluppo sono “disordini” che presuppongono un “ordine”; sono irregolarità a causa di fattori che interferiscono nel normale e regolare processo.

Anche nei casi di anomalie della differenziazione sessuale ci sono segnali biologici obiettivi: è importante richiamare la scoperta della rilevanza dell’esposizione prenatale agli ormoni sessuali (la sessualizzazione cerebrale in epoca fetale), che mostra come sussistano anche in tali condizioni fattori interni determinanti per l’identificazione (20). Sono tali fattori che offrono indicazioni obiettive per il “riconoscimento” della identità sessuale, in contrapposizione alla “attribuzione” arbitraria, del resto spesso causa di profondi e traumatici disagi clinici (21).

Nell’ambito del transessualismo, il forte trauma che l’individuo vive nella trasformazione del corpo alla psiche è segno della rilevanza della natura, che non è manipolabile a piacimento. Il fatto, inoltre, che la condizione di transgender sia proposta come “trasgressione”, ne evidenzia implicitamente il rimando alla natura che si intende trasgredire; trasgredire significa eccedere i limiti, dunque non ci sarebbe trasgressione se non si riconoscessero i limiti che si intendono superare.

Tali considerazioni portano a comprendere che la natura, intesa come dati obiettivi e limiti costitutivi di ciò che “è”, sia da “prendere sul serio”, costituisca la misura critica nella costituzione della identità sessuale. In questo senso si può dire, a livello fìlosofico, che tra essenzialismo (quale pretesa di conoscere in modo assoluto, esaustivo e definitivo la verità eterna e immutabile) e relativismo decostruzionista (rinuncia scettica alla verità) si inserisce la ricerca intermedia della conoscibilità e interpretabilità di un senso e di una finalità intrinseca alla natura, non riducibile a mera attualità causale o necessitata. È questa prospettiva che — tra premoderno e postmoderno — consente di comprendere che “sex” non è solo questione di grado, ma di senso e di fine.

3.1.2. Per quanto attiene alla strutturazione della identità di genere (sul piano psicosociale) si può ammettere la variabilità, ma non la arbitrarietà. Il “gender”, sia costruito dalla cultura che dalla volontà, non può imporsi in modo arbitrario sulla natura. Tale percorso filosofico passa attraverso la dimostrazione che la sessualità è una determinazione sostanziale (non accidentale), duale (non plurale), disgiuntiva (non congiuntiva) del corpo.

II corpo non è materia indeterminata, inerte, amorfa, meramente quantitativa. Il corpo non è un oggetto di cui si dispone a piacimento, che può divenire qualsiasi cosa si vuole, suscettibile di qualsiasi trasformazione che si desidera. Il corpo è una materia (oggetto) determinata/individuata da una forma/soggettività; si ha il corpo, si è il corpo. Il corpo è soggetto incarnato, presuppone il soggetto incarnato.

La sessualità è una determinazione sostanziale qualitativa del corpo. La sessualità qualifica il corpo in modo costitutivo, non accidentale. Il corpo è ciò che è in quanto determinato (solo ciò che è determinato/individuato può esistere): la sessualità, in quanto determinazione sostanziale del corpo, è la condizione dell’esistere, ma anche del pensare.

O il corpo del soggetto è sessuato o non è (nemmeno pensabile). Non possiamo immaginare un uomo neutro senza una determinazione sessuale. Non può esistere un corpo inde­terminato sessualmente. La indeterminatezza come anomalia che va determinata; la indeterminatezza come scelta si pone come trasgres-sione che presuppone la determinatezza.

La determinazione sessuale sostanziale del soggetto incarnato non può che essere duale e oppositiva. Si tratta di dimostrare, contro il polimorfismo, le ragioni del dimorfismo sessuale. I sessi sono (solo) due: maschio o femmina. Perché i sessi sono ‘solo’ due e non possono che essere solo due?

Una prima risposta rimanda alla dualità sessuale quale condizione di possibilità della socialità, intesa come continuazione della umanità, del ‘genere’ umano. La differenza sessuale è la condizione necessaria e sufficiente per consentire e favorire “di principio” (non di fatto) la capacità procreativa, assecondando la inclinazione naturale alla procreazione. In questo senso la sessualità non può essere una questione di scelta arbitraria e di grado, in quanto è questione “di senso” e “di fine” (22).

Ma si potrebbe obiettare che la capacità naturale procreativa è sostituibile dalle tecnologie che rendono possibile il fine (la procreazione) con mezzi artificiali, scindendo natura e procreazione. In verità, ad oggi, la riproduzione assistita, per quanto artificiale, rimanda sempre alla procreazione naturale: anche con l’uso delle tecnologie riproduttive, l’embrione si costituisce dall’incontro di due gameti, di provenienza materna e paterna (sia nella fattispecie omologa che eterologa).

Ma, immaginando un modo futuro, in cui la clonazione fosse possibile sull’uomo, si creerebbero le condizioni per la procreazione di un individuo a partire da un solo individuo (23): la donna potrebbe auto-procrearsi anche in assenza dell’uomo (avendo cellula somatica, utero e ovocita). Se immaginiamo la possibilità della ectogenesi, con l’uso dell’utero artificiale e di gameti artificiali, potrebbe essere possibile procreare (dunque garantire la sopravvivenza umana) senza due sessi. Basterebbe un solo sesso; ma potrebbero essercene molti. Non sarebbero più necessari e sufficienti due sessi: la sessualità sarebbe scissa radicalmente dalla procreazione naturale, che potrebbe avvenire solo artificialmente.

Ma anche in questo caso immaginato, la differenza sessuale avrebbe senso di essere. Perché la dualità oppositiva sessuale (essere uomo o donna, maschio o femmina) è la condizione di pensabilità e possibilità della identità. La identità (quella logica del pensiero e quella ontologica dell’esistenza) è possibile nella differenza: un individuo è quello che è (in senso positivo) in quanto distinto/diverso da ciò che non è (in senso negativo).

L’identità presuppone la differenza, come opposizione; se tutto fosse indifferenziato, l’io non potrebbe identificarsi. Se non ci fosse la differenza sessuale, non ci sarebbe l’identità. La condizione della identità è il riconoscimento di essere parte e non tutto, di essere una polarità, una prospettiva, un punto di vista che non può pretendere di essere tutto, escludendo che esista un modo di essere, agire, volere diverso da sé. La “trans-identità” è una contraddizione logica e una condizione irrealizzabile nella prassi.

In questo senso “gender/queer” è l’evanescenza dell’io: l’entità si riduce a “schema immaginato” o “crocevia” che si frantuma nella molteplicità dei caratteri (M/F sono solo “cluster of concepts”, un grappolo di caratteri in uno spettro di sfumature senza rigide distinzioni, scelti in modo arbitrario), si disperde negli atti, nella performatività del fare. L’identità è solo il processo del dis-fare e ri-fare che si riproduce indefinitamente in modo mai conclusivo, sempre destabilizzante.

L’io diviene instabile, provvisorio, nomade, fluido, liquido: una mera confusione e mescolanza di caratteri/atti. Ma i caratteri/atti presuppongono una sostanza incarnata e determinata (in una sessualità duale) che è di più delle somma e della serie delle parti, ce le unifica nello spazio e permane nel tempo. Altrimenti non posso dire che i caratteri sono “miei” che gli atti sono espressione di “me”. È nell’ambito del riconoscimento di una identità soggettiva incarnata in un corpo sessualmente determinato duale, che è possibile ammettere la variabilità del “genere” (non arbitraria).

La variabilità è dei tratti psicologici e dei ruoli sociali (accidentali), non dei sessi o soggetti sessuati (sostanze) (24). L’identità sessuata (fisica) “è” e “diviene” identità di genere (psico-sociale), nella interazione e nella integrazione. L’uomo “è” e “diviene” uomo; la donna “è” e “diviene” donna, mediante la interazione tra fattori fisici intrinseci e fattori psico-sociali esterni. La donna, nella fisicità sessuale femminile, tende a tratti psicologici e ruoli sociali segnati generalmente dalla accoglienza e dall’accudimento; l’uomo dalla forza e dalla trasformazione.

Ma i cambiamenti della società in cui viviamo possono portare la donna ad essere più aggressiva o l’uomo docile. La mascolinità della donna o la effeminatezza dell’uomo possono evidenziare una interferenza di tratti e ruoli, ma non una interscambiabilità di corpi o compresenza di identità.

3.2.1. La ricerca della armonia tra identità sessuale e identità di genere nel contesto dei “disordini della differenziazione sessuale” è attuabile mediante una diagnosi precisa e precoce (se possibile già in fase prenatale) che consenta di riconoscere sulla base di elementi a disposizione (genetici, gonadici, ormonali, fenotipici) — caso per caso — le “indicazioni obiettive” che portino ad una scelta non arbitraria ma adeguata alle esigenze reali. Ogni decisione di intervento (chirurgico o ormonale), soprattutto se irreversibile o difficilmente reversibile, deve essere ispirato a ragioni terapeutiche che abbiano l’obiettivo di garantire il benessere armonico del soggetto, sul piano fìsico-psichico-sociale.

Gli interventi non possono mai essere giustificati da mere ragioni estetiche, da scelte pragmatiche di sola agevolezza tecnica (ciò che è più “facile” da realizzare da parte del medico) o da aspettative esterne (dei genitori nei confronti dei figli). L’intervento medico deve essere ispirato a criteri che bilancino l’urgenza, la gradualità, la prevedibilità del beneficio e la minimizzazione del danno (ove benefici e danni vanno commisurati al benessere globale della persona).

Nei casi – peraltro rari – di indecidibilità sulla base di indicazioni obiettive, è ritenuto illecito un intervento frettoloso (a volte richiesto dai genitori per una “normalizzazione biologica” che consenta di calmare uno stato di ansia); è invece lecita una “vigile attesa”, una posticipazione dell’intervento al fine di consentire — nella misura del possibile — una partecipazione attiva del minore alla decisione (a volte irreversibile e traumatica) di modificazione del corpo.

In ogni caso si ritiene indispensabile una “assegnazione sessuale” in senso maschile o femminile e una educazione conseguente, che sappia porre una particolare attenzione ad “inclinazioni spontanee” e all’emergere graduale della consapevolezza sessuale, di una identità diversa da quella assegnata (25).

L’assegnazione precoce della identità sessuale è indispensabile: vivere con ambiguità può comportare un trauma psichico (portare a disarmonia), oltre che una difficoltà di accettazione da altri (famiglia, società). In ogni caso va ricercata una condivisione della scelta tra medico e genitori e va garantito un adeguato supporto psicologico ai minori e ai genitori, con la comunicazione della diagnosi e della strategia terapeutica che sia attenta alla capacità di comprensione e alla gradualità della accettazione.

Nel caso di adulti che abbiano già sviluppato una identità di genere congruente al sesso fenotipico (diverso da quello genetico o gonadico) e non manifesti un desiderio di correzione, è auspicabile che la informazione sia data con cautela per evitare traumi o destabilizzazioni. La verità va comunque detta, anche al fine di evitare che si tratti di una condizione di cui ci si debba vergognare, di una condizione stigmatizzabile. Particolare attenzione va posta alla consulenza e al supporto psicologico, che sappiano bilanciare la precisione scientifica e lo stato emotivo dei soggetti, nel rispetto della confidenzialità.

Nell’ambito della normativa italiana il D.P.R. 3 novembre 2000 n. 396 “Regolamento per la revisione e la semplificazione dell’ordinamento dello stato civile” richiede che la dichiarazione di nascita sia fatta entro 3 giorni dal parto presso la direzione sanitaria dell’ospe­dale oppure entro 10 giorni presso l’Ufficio di Stato Civile del Comu­ne ove il bimbo è nato o del comune di residenza dei genitori: nella dichiarazione è richiesta anche esplicitamente l’indicazione del “ses­so del bambino” (art. 29) e il nome di quest’ultimo deve corrispondere al sesso (art. 35).

Se la dichiarazione è fatta dopo più di 10 giorni dalla nascita (dichiarazione tardiva, art. 31), l’ufficiale dello stato civile può riceverla solo se il dichiarante indica espressamente le “ragioni del ritardo” tale ritardo viene data segnalazione al Procuratore della repubblica. Nei casi di “omessa dichiarazione” o di dichiarazione tardiva senza indicazione delle “ragioni del ritardo”, l’ufficiale dello stato civile ne riferisce al Procuratore della Repubblica per il promovimento del “giudizio di rettificazione” (art. 32). Il Comitato Nazionale per la Bioetica ha ritenuto opportuno segnalare al legislatore l’opportunità di prevedere una annotazione riservata sulla patologia, affinchè il giudice possa autorizzare la rettificazione anagrafica.

È inaccettabile la proposta di chi ritiene legittima la iscrizione in un “genere neutro” (26), perché tale stato lederebbe il diritto di identificazione sessuale oltre che esistenziale del soggetto. Anche se non ci sono prove del trauma o del disagio che si potrebbe procurare ad un bambino facendolo crescere fisicamente e psicologicamente con ambisessualità, il solo dubbio che ciò possa ostacolare un adeguato processo di identificazione, causando anche gravi difficoltà nella accettazione sociale, porta a ritenere doveroso che il diritto tuteli la possibilità di acquisire una determinazione sessuale ed una educazione e socializzazione conseguente in senso maschile o femminile.

3.2.2. Il transessualismo costituisce un “disturbo” che si manifesta nella disarmonia tra sesso fisico e percezione di genere psicosociale. Non sono ancora chiare le cause che portano a tale stato (se organiche o inorganiche), ma è rilevante consentire al soggetto il recupero di condizioni di armonia tra elementi interni ed esterni.

È indispensabile che il medico accerti, con una corretta diagnosi, che escluda in modo certo la presenza di un disturbo mentale, che sussista un desiderio persistente (non transitorio), permanente ed irreversibile, di malessere psicologico e di lacerazione intcriore che determinano un senso di estraneità rispetto al proprio corpo e di disagio sociale. Va anche escluso che si sia in presenza di “disordini della differenziazione sessuale”, che comportano un’altra linea terapeutica.

La strategia terapeutica di “riassegnazione/attribuzione del sesso” chirurgico-ormonale deve prevedere un percorso di transizione fisico-psichico-sociale che consenta il recupero di una condizione di armonia soma/psiche. Non è accettabile che il soggetto chieda un cambiamento come mera scelta arbitraria di volontà o desiderio transitorio, né che un medico assecondi tale richiesta, senza capire la autentica motivazione.

È in questa direzione che si giustifica la normativa italiana Norme in materia di rettificazione di attribuzione di sesso (legge 164/1982), che ammette una eccezione all’art. 5 del codice civile che vieta atti di disposizione del corpo. L’obiettivo è quello di garantire la difesa della integrità fisica, la salute come benessere fisico-psichico-sociale, in senso oggettivo e soggettivo. In questo senso la normativa intende assicurare il diritto alla salute nei limiti imposti dal rispetto della persona umana (art. 32 Cost.) e lo sviluppo della personalità (art. 2 Cost.).

Si discute sulla possibilità di ammettere una normativa che preveda come non obbligatorio l’intervento modificativo del corpo, se vissuto in modo traumatico dal soggetto, pur ammettendo la rettificazione anagrafica (27).

3.2.3. In questo contesto, non è facile delineare il percorso del diritto (28)). Il diritto non può essere neutrale registrazione di pulsioni, strumento di liberazione della volontà senza limiti. Il diritto non è legittimazione della volontà illimitata di realizzazione di tutto ciò che è possibile tecnologicamente e desiderato in modo irrazionale, istintivo ed emotivo, ritenendo ogni scelta, quale che sia, equivalente rispetto a qualsiasi altra possibile scelta (29). Non può nemmeno imporre in modo dogmatico una verità in un contesto sociale complesso, pluralistico e secolarizzato.

Il diritto, semmai, ha il compito strutturale e costitutivo di difendere le condizioni obiettive della identità della persona, quale protezione della identità/differenza sessuale e integrità del corpo sessuato. Ciò non significa negare il “divenire”, ma legittimare il “divenire” nell’ “essere”: il divenire non va inteso come mero spostamento casuale ed arbitrario da un luogo all’altro, da una identità ad altra identità (“trans”); ma come movimento (aristotelicamente) “da qualcosa verso qualcosa”, come riconoscimento razionale nella natura del senso e del fine, della direzionalità dello sviluppo, della potenzialità intrinseca da attuare.

In questo senso si difende la identità come ricerca di armonia tra la componente fisica, psichica e sociale, come ricerca di una corrispondenza armonica tra nascita/percezione interiore/ruolo sociale, nella accettazione del limite del corpo. Nella misura in cui l’identità di genere è intesa come “inveramento” della identità sessuale, come divenire ciò che si è, si potrà evitare il rischio della “de-generazione” del diritto.

Note

1) “Sex” va distinto da “sexuality”: “sex” indica la sessualità non come rapporto sessuale con l’altro, ma come condizione individuale sessuata. Nella lingua italiana “sessualità” indica sia “sex” che “sexuality”.

2) Secondo la distinzione introdotta da S. De Beauvoir “donna non si nasce, ma si diviene”, seppur in un contesto filosofico diverso. Cfr. Il secondo sesso (1949), tr. it., Saggiatore, Milano 2002. Cfr. anche R.J. Stoller, Sex and gender. On the development of masculinity and femininity, The Hogarth Press, London 1968
3) Sex genetico-cromosomico si distingue in 46,XX (femminile) e 46, XY (maschile); sex gonadico, in ovaie (femminile) e testicoli (maschile); sex ormonale in androgeni (maschili) e estrogeni/progesterone (femminili); sex duttale in dotti di Muller (femminili) e di Wolf (maschile); sex genitale interno e sex genitale esterno (coincidente con il sesso anatomico); caratteri sessuali secondari maschili (voce, peluria) e femminili (seno, distribuzione del grasso, mestruazioni).
4) È la condizione bisessuata nota come “androginia” o “ermafrodismo” : è la condizione che indica la compartecipazione al maschile e al femminile (va distinto da “bisessuale” che indica compresenza tra etero-sessualità e omo-sessualità, intesi come “orientamento sessuale”). Tali anomalie sono indicate con l’espressione “disordini/disturbi della differenziazione sessuale”: sono anomalie causate dalla discordanza tra le diverse componenti del sex. Le più note: la sindrome di Klienefelter e di Morris. La sindrome più complessa, e rara, è l’ovotestis, con ambisessualità. Per una sintetica presentazione cfr. Comitato Nazionale per la Bioetica, I disturbi della differenziazione sessuale nei minori: aspetti bioetici, 25 febbraio 2010 www.governo.it/bioetica (in particolare § 3)
5) J. Money, A.A. Ehrhardt, Uomo, donna, ragazzo, ragazza, tr. it. e ed. a cura di R. Forleo, Feltrinelli, Milano 1977; J. Money, P. Tucker, Sexual signatures. On being a man or a woman, Little, Brown and Company, London-Toronto 1975, spec. p. 86 ss., tr. it. Essere uomo essere donna: uno studio sull’identità di genere, Feltrinelli, Milano 1986. Per uno studio sulla teoria di J. Money cfr. M. Faggioni, Ermafroditismo e pseudoermafroditismo: un’analisi teologico-morale, II Baudino, Fiesole 1994, p. 30 ss
6) J. Colapinto, As nature made him. The boy who was raised as a girl, New York 2001.
7) J. Money, J.G. Hampson, J.L. Hampson, Hermaphroditism: recommendations concerning assignment of sex, change of sex, and psychologic management, in “Bullettin of the Johns Hopkins Hospital”, 1955, 97, pp. 284-300
8) It is practically impossible for a person to develop any sense of identity at all without identifying as either a male or a female” (J. Money, P. Tucker, Sexual signatures, cit., pp. 87-88).
9) “The third possibility is almost unherard of” (ibidem, p. 107).
10)Gender identity: the sameness, unity, and persistence of one’s individuality as male, female, or ambivalent, in greater or lesser degree, especially as it is experienced in self-awareness and behaviour”. “Gender role: everything that a person says and does, to indicate to others or to the self the degree that one is either male, or female, or ambivalent” (ibidem, p. 9).
11) II femminismo filosofico ha in particolare focalizzato la questione “sex/gender“ in riferimento all’analisi delle condizioni di diseguaglianza delle donne rispetto agli uomini, con l’obiettivo di liberare la donna dalla “schiavitù“ biologica della maternità (gestazione, parto, accudimento) che l’hanno relegata al ruolo domestico/privato (rispetto al ruolo sociale/pubblico dell’uomo). Cfr. K. tono, Feminist thought: a more comprehensive introduction, Allen and Uniwin, Sidney 1998; F. Restaino, A. Cavarero, Le filosofie femministe, Paravia, Torino 1999.
12) J. Butler, Gender Trouble, Routledge, New York-London 1990, tr. it., Scambi di genere, Sansoni, Milano 2004; Bodies that matter, Routledge, New York-London 1993, tr. it., Corpi che contano, Feltrinelli, Milano 1996.
13) J. Butler, Undoing gender, Routledge, New York 2004, a cura di O. Guaraldo, La disfatta del genere, Meltemi, Roma 2006. Il titolo originario indica “undoing”, al gerundio (tradotto in italiano al participio passato), essendo un processo continuo che non può mai terminare.
14) Traducibile con “strambo”, opposto a “straight”, inteso come “diretto”. “Queer” è una espressione in genere usata in senso dispregiativo nei confronti di transessuali o omosessuali, usata orgogliosamente in questo contesto di pensiero. Cfr. A.Jagose, Queer theory: an introduction, New York University Press, New York 1996
15) “Intersex” o “middle sex” sono le espressioni usate in questa corrente di pensiero.
16) A. Fausto Sterling, The five sexes: why male and female are not enough, “The Sciences”, 2000, 33, 2, luglio, pp. 20-25.
17) Intersex Society of North America.
18) Nella lingua inglese la neutralità è resa con i pronomi “it” o “s/he” .
19) Nella comunità LGBTI (lesbiche, gay, bisessuali, transgender, intersex).
20) M Diamond, H.K. Sigmundson, Management of intersexuality. Guidelines far dealing with persons with ambiguous genitalia, “Archives of Pediatrics and Adolescent Medicine”, 1997, 151, pp. 1046-1050.
21) II caso raccontato da money, John/Joan, finì tragicamente: Joan dopo avere chiesto di ri-mascolinizzarsi, morì suicida all’età di 38 anni. S.J. Kessler, Lessons form the intersexed, New Brunswick (NJ) 1998.
22) F. D’agostino, Dialettica dei sessi e dimensioni della familiarità (tra dimensioni teologiche e dimensioni filosofiche), in Linee di una filosofia della famiglia nella prospettiva della filosofia del diritto, Giuffrè, Milano 1991, pp. 81-114.
23) La clonazione per trasferimento di nucleo, consiste nel trasferimento del nucleo di una cellula somatica di un individuo in una ovocellula denucleata. Il clone è la copia genetica di un organismo
24) P. Ricci Sindoni, C. Vigna (a cura di), Di altro genere: etica al femminile, Vita e Pensiero, Milano 2008.
25) Cfr. Comitato Nazionale per la Bioetica, I disturbi della differenziazione sessuale nei minori: aspetti bioetici, cit.
26) È questa la direzione della Transgendergesetz (progetto di legge in Germania, 2000), ove si prevede “IS” come stato intersessuale accanto M (maschio) e F (femmina).
27) In Italia ci sono stati progetti di legge in tale direzione. Su questa linea si veda: in Inghilterra, Gender recognition act (2004) e in Spagna, Legge sulla rettificazione del sesso nei registri civili (2007), ove è ammesso il cambiamento del nome/del sesso se non corrisponde all’identità di genere (senza accertamenti medici né interventi).
28) S. Amato, Maschile e femminile: il genere del soggetto, in II soggetto e il soggetto di diritto, Giappichelli, Torino 1990.
29) E. Roccella, L. Scarrafia, Contro il cristianesimo. L’ONU e l’Unione Europea come nuova ideologia, Piemme, Casale Monferrato 2005. Le autrici sottolineano i percorsi che sta intraprendendo il diritto, a livello internazionale, nel contesto delle teorizzazioni “gender”.