II declino del materialismo e la rinascita dello spirito

Marx-Engels

Marx ed Engels

Vita e Pensiero n.4 luglio-agosto 2009

Da Talete a Einstein, lo scrittore friulano rilegge la storia della conoscenza e del pensiero umano analizzando il ruolo giocato dalla prospettiva materialistica, di cui constata la grave crisi di fronte a un irresistibile ritorno dello spirituale.

di Carlo Sgorlon

Questa mia lettura avrà un carattere piuttosto didascalico, fortemente etico. Sono aspetti che la gente di oggi non ama. Per molti parlare di etica significa fare moralismo, e ai nostri tempi la morale è considerata spesso un argomento noioso e discutibile. Viviamo in una temperie culturale che autorizza gli uomini a fare ciò che vogliono, ad assecondare il proprio egoismo ed edonismo istintivi, che sono sempre esistiti, ma ora certamente alimentati dal relativismo, l’individualismo, la perdita del sentimento di sacralità, la marginalità dei sentimenti religiosi e così via.

L’ultimo scacco alla morale è venuto da alcune posizioni della cosiddetta rivoluzione sessantottesca. Ne sono derivati molti aspetti della società permissiva, che sta creando tanti guai nell’ambito della giustizia, della scuola, in ogni settore della vita civile.

Il permissivismo diffuso, l’individualismo e il relativismo etico senza dubbio originano dalla filosofia di fondo del nostro tempo, da quella metafisica generalizzata che è il materialismo. Do subito, per cancellare ogni possibilità di essere frainteso, una definizione precisa del materialismo teorico, substrato filosofico di quello pratico, che sembra essere diventato il criterio di comportamento di gran parte dell’umanità. Il materialismo teorico è edificato su questo postulato: tutto ciò che fa parte della sterminata realtà dell’universo è fatto di materia.

È come dire che possiede una massa e un’estensione nello spazio. Il termine “massa” è scientificamente esatto, ben distinto dal “peso”, che è la forza con cui un oggetto è attirato dalla gravita. Questa è direttamente proporzionale alle masse che si attirano e indirettamente al quadrato delle loro distanze. Un oggetto che sulla Terra pesa cento chilogrammi, sulla Luna, che ha una massa di circa cinquanta volte minore del nostro pianeta, peserà pressappoco due chili.

Il postulato su cui si basa il materialismo ha grandi conseguenze psicologiche, filosofiche e pratiche. Esso esclude che esistano entità prive di massa e di spazialità, ossia quelle che apparterrebbero, secondo le concezioni non materialistiche, alla dimensione dello spirito. Prima di proseguire è opportuno che fornisca un altro chiarimento: ho affermato che il materialismo è una metafisica.

Uso questo termine, infatti, non nel senso aristotelico, ma in quello moderno. Per Aristotele le cose metafisiche infatti stanno al di là della realtà fisica, mentre oggi si intende qualunque opinione che riguardi la totalità del reale. Quindi il materialismo, che è una filosofia totalizzante, universale, può essere definito metafisica. Esso ha una sua storia, che accennerò per sommi capi.

Lo troviamo già – a volte in forme ambigue, a volte esplicite e indubitabili – nella filosofia greca, che è quasi sempre una forma del pensiero sulla totalità dell’Essere, quindi è metafisica. Anche i filosofi presocratici, come Talete, Anassimandro, Anassimene, Empedocle, Anassagora, Eraclito, Democrito, Parmenide, sono dei metafisici, perché si occupano del problema fondamentale dell’Essere.

Cos’è per loro la realtà: materia? Materia e spirito insieme? Qual è la sua origine e il destino? È sostanzialmente immutabile, come voleva Parmenide, o in perenne divenire, come pensava Democrito? Si può dire con certezza che Eraclito, Democrito, gli Stoici e gli Epicurei furono sostanzialmente materialisti. Intuirono come la materia sia fatta di atomi. E l’etica epicurea giungeva all’edonismo, ossia a cercare il piacere, magari nelle sue forme più raffinate, e a sfuggire il dolore.

Sono punti di contatto con il materialismo moderno. Per gli epicurei, i più coerenti materialisti dell’antichità, anche le cose che paiono spirituali, come l’anima, il pensiero, sono fatte di atomi più raffinati e sottili. Ma i maggiori filosofi dell’antichità, come Socrate, Platone, Aristotele, sono dualisti, ossia credono che esistano nella realtà due dimensioni fondamentali: quella dello spirito e quella della materia.

A esse assegnano un’importanza diversa. Infatti per Platone la realtà vera è quella dello spirito, ossia delle idee. Prima vengono i concetti delle cose, o degli esseri viventi, e poi questi ultimi. Platone, cui era ovviamente sconosciuto il concetto di evoluzione, non ragionava male: per creare il cavallo, o l’albero, o qualsiasi essere vivente, il Demiurgo doveva averne un’idea, un piano.

V’era un mondo misterioso, l’iperuranio, dove esistevano i concetti, le idee, i piani per edificare la realtà. Anche i Neoplatonici di ogni epoca proclamarono il primato delle idee sulla materia. Plotino, Porfirio, Ammonio Sacca, Giamblico e altri collocarono la materia sull’ultimo gradino della realtà.

Lo spiritualismo dei Neoplatonici fu assimilato dagli Gnostici, sia pagani che cristiani. Anche i primi filosofi del cristianesimo furono in sostanza su analoghe posizioni. Contava lo spirito, l’anima, il pensiero, l’etica. La carne era mortificata, avvilita, combattuta. I santi e gli asceti si ritiravano nel deserto della Tebaide, per vivere soltanto nella dimensione spirituale, in modi contemplativi, come se la materia e la carne non esistessero.

Il materialismo illuminista

II dualismo di materia e di spirito era insanabile. Durò per tutto il Medioevo. Fu accettato dai maggiori filosofi, come Agostino, Scoto Eriugena, Anselmo, i Vittorini, Bonaventura, Abelardo, Alberto Magno, Tommaso. Ma la materia cominciava a prendersi le sue rivincite. Per san Tommaso essa avrebbe potuto essere anche eterna, increata. San Francesco è ammiratore entusiasta della natura e di tutte le cose esistenti. Ma è soprattutto con i nominalisti che la dimensione spirituale entrò in crisi evidente. I nominalisti più notevoli furono il francese Roscellino, lo scozzese Duns Scoto e l’inglese Occam.

La loro tesi centrale fu che i concetti, le idee, ossia gli elementi che formavano la dimensione dello spirito, non avevano un carattere ontologico, ossia sostanziale. Non esistevano realmente. L’iperuranio di Platone non era che una fantasia suggestiva. I concetti, che Ì filosofi di allora chiamavano «universali», non erano che puri nomi, dedotti dalla realtà.

Persistevano ancora i platonici, che sintetizzavano il problema con la formula: «universalia ante rem» (i concetti vengono prima della realtà materiale). V’erano poi gli aristotelici, che affermavano: «universalia in re», ossia i concetti sono incorporati con le cose, sono la loro anima, che Aristotele chiama «entelechia». Ma san Tommaso, aristotelico, aveva affermato: «Nihil est in intellectu quod prius non fuerit in sensu». Ossia nella mente nulla esiste che prima non sia stato nei sensi, che rivelano la realtà.

Il nominalismo demoliva l’esistenza autonoma, ontologica dei fatti spirituali, dei concetti, tutti derivati dalla realtà e dall’esperienza dei sensi. Ma i filosofi medioevali, dell’Umanesimo, del Rinascimento, del Barocco e dell’Arcadia, non ebbero quasi coscienza di questa realtà. Il dualismo filosofico contìnua nei massimi pensatori dell’epoca, ad esempio in Cartesio e Leibniz. Però il materialismo si riaffaccia in Hobbes e forse in Pomponazzi, filosofo ambiguo che ammette la doppia verità.

Ma il vero materialismo, quello classico, globale, metafisico, nasce con l’Illuminismo, che elimina con la forza e l’autorità della ragione anche i residui della cultura medievale. Accanto al deismo, che ammetteva l’esistenza di un Dio architetto dell’universo, come in quello dei massoni, nasce il materialismo assoluto di Helvetius, di La Mettrie, del tedesco von Holbach,

Per costoro non esisteva se non la materia. Ogni cosa, anche le infinite forme della vita, non erano che un prodotto delle trasformazioni della materia, delle affinità e delle capacità combinatorie dei suoi elementi. Tutto ciò che esiste, anche l’uomo, non è che un meccanismo della materia. Il francese La Mettrie scrisse un saggio intitolato L’homme machine, l’uomo macchina.

Lo spirito non era che una metafora, un’ingenua invenzione medievale, per puntellare la convinzione che esistevano entità prive di massa, come l’anima, gli angeli, gli esseri infernali, Dio medesimo. Nel Settecento il materialismo è molto diffuso e accettato anche da grandi scrittori come Foscolo o Leopardi.

Le nuove complessità della materia

II dualismo naturalmente non sparisce del tutto. Nell’epoca sentimentale e appassionata del Romanticismo ci sono non soltanto filosofie e scrittori spiritualisti, ma anche intellettuali cristiani e cattolici come Chateaubriand, De Maistre, Manzoni, Rosmini, Gioberti, alcuni apertamente reazionari, altri cultori di sentimenti patriottici e di atteggiamenti romantici. Gli idealisti, come Fichte e Hegel, credevano in uno spirito del tutto immanente, frutto della mente umana e del suo evolversi nella storia. Per Fichte il pensiero umano, che egli chiamava l’Io, creava il mondo, definito «non Io». Per lui dunque lo spirito umano era il prìmum della realtà, che esso creava.

Ma ormai da secoli hanno cominciato a mettersi in rilievo le spie rivelatrici della crisi del materialismo. Esse si possono indicare a partire da Isacco Newton, che qualcuno considera il più grande fisico di tutti i tempi. Newton, scienziato cristiano, e dunque anche spiritualista, si avvide presto che nella materia v’erano territori in cui, per così dire, i conti non tornavano. In essi la materia diventava inafferrabile, indefinibile, come se si divertisse a farsi ambigua, e a negare se stessa. Per esempio nel fenomeno della luce e in quello della gravita. Cos’era la luce? Un flusso di corpuscoli infinitamente piccoli, o la vibrazione di una sostanza misteriosa? Era un ondeggiare velocissimo di qualcosa? E la gravita, che ti faceva cadere le mele sulla testa, cos’era?

Proprio su questi fenomeni Newton concentrò le sue ricerche. Scoprì alcune cose, ma rendendosi conto che non riusciva a capirle fino in fondo. Capì ad esempio che la luce bianca era una mescolanza di vibrazioni diverse, ognuna delle quali produceva l’impressione di un colore differente. Intuì che essa poteva venire scomposta nella gamma dell’iride, e che poteva essere ricomposta con il famoso disco di sua invenzione, facendolo girare a forte velocità.

Oggi un po’ tutti sappiamo che la realtà non è quella compatta, liquida o gassosa, percepita dai nostri sensi. La realtà consistente, colorata, che si vede e si tocca non è che l’apparenza, il velo di Maya, dea indiana dell’illusione.

Già queste conoscenze provocano incrinature nel materialismo settecentesco e ottocentesco di Moleschott, di Marx, di Engels e di tutti i loro seguaci socialisti, che hanno costruito le loro dottrine economiche ed egalitarie sulla base del materialismo storico e dialettico. Mi sto avvicinando ai fenomeni che ci consentono di ipotizzare un nuovo spiritualismo.

Per cominciare a scorgerne le tracce all’orizzonte dobbiamo arrivare alla fisica atomica e particellare, a pensare alla struttura dell’atomo, alle concezioni di Einstein e in particolare a quella che riguarda il rapporto tra energia, massa-materia e la velocità della luce. Ma anche, in modi trasversali, la relativizzazione delle dimensioni universali della realtà, il tempo, lo spazio, la sua curvatura.

Ciò che gli antichi filosofi, come Eraclito, Democrito ed Epicuro avevano vagamente intuito, ossia che la materia era costituita da atomi, è stato provato dai fisici dei nostri tempi, da circa un secolo a questa parte. Non sono un fisico, non ho un’idea precisa di come i fisici siano riusciti a dimostrare l’esistenza degli atomi e a raccontare la loro struttura, dato che questi non si possono vedere neppure con il microscopio elettronico. Pare che un atomo abbia un diametro cento milioni di volte più piccolo di un millimetro. Ma, come accennavo, la trasformazione degli atomi in energia è una prova macroscopica che convince anche l’uomo della strada.

Se l’atomo è piccolissimo, gli elettroni che vi girano intorno lo sono infinitamente di più. In un libro lessi che se un atomo avesse le dimensioni della cupola di San Pietro, un elettrone potrebbe essere pensato delle dimensioni di una mela. Questo esempio ci apre un’altra prospettiva per avvicinarci alla concezione della crisi del materialismo: la materia non è qualcosa di pieno e di continuo, come riteneva il materialismo classico, ma è infinitamente più vuota che piena.

Se la materia fosse un insieme, poniamo, di protoni, stipati uno addosso all’altro senza alcuno spazio interposto, ti nostro pianeta sarebbe grande forse come una mongolfiera, o, afferma qualcuno, come un pallone di calcio. La cosa più stupefacente è che questo pallone avrebbe lo stesso peso del nostro pianeta e la stessa potenza gravitazionale.

Il fenomeno della concentrazione della materia si verifica talvolta nell’universo, e da origine ai famosi buchi neri, la cui forza di gravita è così potente che trattiene in sé persino la luce. Ma il fatto che mi preme soprattutto mettere in rilievo è che la materia, lungi dall’essere piena e continua, è quasi vuota e quasi inesistente. Solo le particelle sono vera materia, ossia hanno massa e spazialità. Certo le particelle sono una parte importante del reale.

Va ricordato, ad esempio, che gli elementi della materia si differenziano tra loro per il numero degli elettroni. L’idrogeno, l’elio, in genere i gas rari e leggeri ne hanno uno soltanto. Gli elementi pesanti, come ad esempio il piombo, il ferro, l’oro, il platino, ne hanno parecchi. Il plutonio arricchito, usato nelle centrali atomiche, ne ha più di duecento.

Nel cosmo esiste la cosiddetta “antimateria”, in cui gli elettroni hanno carica positiva e i protoni negativa. Si è riusciti a produrre l’antimateria anche in laboratorio. Se un atomo di materia si unisce a uno di antimateria, il risultato non è la somma di due atomi, ma il nulla.

È vero che nell’incontro si sviluppa energia, come nelle esplosioni atomiche. Ma l’energia non è materia, perché non ha né massa né spaziante. È forza, che produce un lavoro. Così la si definisce in fisica. L’energia esiste, agisce, è misurabile dagli effetti che produce, ma non è materiale. E del resto, come si è visto, secondo la celeberrima formula di Einstein, l’energia è uguale alla massa, moltiplicata per il quadrato della velocità della luce.

Verso una rivincita dello spirituale?

Ma se l’energia esiste e non ha massa, somiglia maledettamente a quello che le filosofie antiche chiamavano Spirito. L’energia non solo esiste ma è fondamentale nell’economia del cosmo. Infatti se non ci fosse questa entità misteriosa (ma veramente nell’universo tutto è misterioso) gli atomi non esisterebbero neppure.

Ci sarebbe soltanto un ammasso caotico di particelle non organizzate, così come pare siano le nebulose. Sarebbe il caos primitivo, che gli antichi ipotizzavano nelle loro leggende cosmogoniche. Gli atomi sono strutturati dalle energie. Subito ci si ricorda delle concezioni e delle filosofie antiche, che ritenevano essere le idee dell’iperuranio, o gli Eoni dei Neoplatonici, o il Demiurgo ossia il Creatore, a dare forma alla materia e agli organismi viventi.

A questo punto è lecito concludere che il materialismo, almeno potenzialmente, è in crisi, perché il principio fondamentale su cui si regge, ossia, come si è visto, che esiste soltanto ciò che ha massa e spazialità, si è rivelato inesatto. Esistono anche entità prive di dimensione spaziale. Possono dunque esistere anche cose non materiali, le quali, proprio per questo, richiamano lo spirito, così come gli antichi lo concepivano.

E queste entità sono oggi concepibili, e anche constatate, non per via di dogmi e di fedi, ma di scienza. Dalle conoscenze della fìsica moderna si può risalire a entità incorporee. Se ciò non è conclamato dagli scienziati è probabilmente perché costoro sono molto restii a ricavare concezioni metafisiche dalle loro sperimentazioni. Vale anche per loro il famoso detto di Newton: «Hypotheses non fìngo», non costruisco ipotesi (ricavandole dalle mie sperimentazioni).

Ma ci sono anche fisici, come Antonino Zichichi, o alcuni della scuola dì Pasadena, che deducono dai loro studi che si può parlare dì una dimensione spirituale; di entità che esistono pur non avendo massa né spazialità. Ci vuole molta cautela quando si parla di queste cose. Mentre prima materia e spirito erano due categorie ben distinte, oggi sappiamo che esistono tra le due dimensioni incredibili, inconcepibili rapporti.

Alcuni filosofi si ponevano un tempo con molta serietà il problema di come la mente umana, entità spirituale, potesse agire sulla materia, dato che ogni rapporto era impossibile tra le due dimensioni. Leibniz, per spiegare la cosa, inventò la teoria dell’«armonia prestabilita». Quando la mente decideva un movimento, il corpo l’assecondava, perché tra essi v’erano degli schemi prestabiliti ab aeterno da Dio.

Ma oggi i rapporti tra materia e spirito vengono concepiti in modi molto diversi. Qualche esempio. Ci sono particelle, i neutrini, di cui non sappiamo nemmeno se appartengano alla sfera della energia o della materia. Il fisico Bruno Pontecorvo, fuggito in Russia perché comunista, studiò i neutrini per trent’anni, e non giunse a una conclusione definitiva.

I neutrini provocano tempeste magnetiche, aurore boreali, disturbano le comunicazioni, ma non sappiamo se sono energia o materia. Quando c’è una tempesta magnetica causata dal Sole i neutrini investono la Terra, e immediatamente dopo li troviamo dall’altra parte del pianeta. Passano quindi attraverso la terra.

Per essi gli spazi interatomici o atomici sono comodi come per noi le autostrade. Altro esempio, la gravita. Come tutti sanno, le masse si attirano a vicenda, ma nessuno sa come e perché. L’effetto gravitazionale non è determinato dalla luce, né dai raggi cosmici, né dai flussi di neutroni o di neutrini. I fisici materialisti ipotizzano un flusso di particelle che chiamano gravitoni. Ma nessun apparecchio è mai riuscito a segnalarli. Probabilmente non esistono.

Ma la gravita è l’energia più estesa e universale del cosmo. È un’energia di fonte ignota, che non ha alcun supporto materiale. Ma se non ci sono masse cosmiche essa non esiste. Emana dagli astri, ma non è materia. È un esempio clamoroso del rapporto misterioso che esiste tra materia ed energia, di quella relazione arcana che sembra legare ogni cosa dell’universo, anche noi stessi. Un legame non solo mistico, come lo concepivano gli antichi, per esempio Nicola Cusano. Tutto è in relazione con tutto, affermava costui.

Si tratta di un legame reale, che produce degli effetti, diceva Einstein da vecchio, nei momenti di euforia religiosa. Oggi i fisici sono inclini ad affermare che un’infinità di fatti che ci riguardano da vicino (simpatie, antipatie, attrazioni e repulsioni, sentimenti di ogni genere, pensieri, mutamenti psichici, il sonno, il risveglio) siano legati a infiniti influssi generati dall’uomo, con le sue sofisticate tecnologie, o dal cosmo, al livello della fisica quantistica, ossia ai “quanti” di energia di cui parla Max Planck.

È un altro importantissimo legame che ci unisce all’universo, al Tutto, e che rivela aspetti misteriosi della parte sconosciuta della realtà, quella oltre il velo di Maya, dentro il quale per fortuna viviamo.

Una volta si parlava di immanenza e trascendenza, io preferisco pensare alla trascendenza come alla parte sconosciuta e misteriosa della realtà, cui dovremmo pensare molto di più, per ricostruire in noi sentimenti che abbiamo perduto. Per esempio quello del mistero e della sacralità, che sarebbero per noi di grande aiuto per sentire con maggiore intensità, concretamente e senza riserve, i valori etici. Se un giorno il materialismo entrerà davvero in una crisi diffusa, lo Spirito, l’Energia dell’universo, i valori etici, oggi quasi scomparsi, acquisteranno per noi un’importanza e un prestigio che sembrano perduti.

Il materialismo produce sentimenti e concetti negativi, come il nichilismo, la crudeltà, il sadismo, l’indifferenza, l’egoismo, la superficialità, il vuoto spirituale che cerchiamo di riempire con interessi di natura pratica, come la produzione, i soldi, il possesso delle cose, le modificazioni della coscienza prodotte dalle sostanze allucinatene. Lo spirito può agire anche sulla materia.

Per me e per molti, anche se non sanno bene perché, è già cominciata quella che un frate medievale, che Dante definì «di spirito profetico dotato», Gioacchino da Fiore, chiamava l’età dello Spirito, dopo quella del Padre e del Figlio

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Carlo Sgorlon è nato a Casacco, in Frìuli, e ha studiato alla Normale di Pisa. Narratore epico e controcorrente, ha scritto romanzi e volumi di racconti con i quali ha ottenuto numerosi riconoscimenti, tra cui il premio Supercampiello (due volte, con II trono di legno e La conchiglia di Anataj), lo Strega (con L’armata dei fiumi perduti) e il Napoli (con Caldèras).