Il bluff delle riviste scientifiche

Abstract:  il bluff delle riviste scientifiche. Escono migliaia di studi finti al giorno e anche se le maggiori testate stanno cominciando a prendere qualche precauzione il fenomeno sarà difficilmente arginabile perchè la carriera degli scienziati dipende dal numero degli articoli che riescono a pubblicare. Il boom delle bufale durante la pandemia, quando “studi” sono stati pubblicati per confutare teorie che potevano nuocere al business delle case farmaceutiche o sono stati presi per buoni da “virostar” che hanno fatto da cassa da risonanza a stupidaggini come l’uso delle mascherine perchè uno studio ne aveva testato l’efficacia, ma per “mitigare il razzismo”

La Verità 8 Maggio 2024

Il bluff delle riviste scientifiche «Escono 1.000 studi finti al giorno»

 Indagine di «Science» sui paper farlocchi. «I rimedi? I truffatori sono avvantaggiati»

di Maddalena Loy

Comincia così, con quelle notizie surreali che a volte leggiamo sui quotidiani come «la pizza fa venire l’infarto» o «le miocarditi dipendono dai cambiamenti climatici: lo dice la scienza». Poi si viene a sapere che ogni giorno nel mondo vengono pubblicate ricerche scientifiche false: l’integrità dell’editoria accademica è sempre più minacciata dalla falsa scienza, secondo la rivista Science, che in un articolo uscito ieri quantifica in un terzo di quelli pubblicati gli studi «inventati o plagiati».

In totale dal 2020 in poi sono circa 380.000 le false pubblicazioni scientifiche pubblicate ogni anno -1041 al giorno – che alimentano un’industria globale da miliardi di dollari. Il 55,8% di questa pattumiera pseudoscientifica viene dalla Cina, il resto dall’Occidente.

La ricerca che ha esaminato circa 5.000 paper, ha rivelato che alcune riviste di alto prestigio, tra cui la stessa Science, «pubblicano ricerche significativamente inferiori allo standard». Una notizia sconvolgente, se non fosse che è nota da almeno vent’anni: fu l’epidemiologo di fama mondiale John Ioannidis, nel 2005, a denunciare per primo il fenomeno nell’articolo «perché la maggior parte delle ricerche pubblicate sono false» e, nel 2011, nel paper «Un’epidemia di false evidenze».

Il fenomeno si è gonfiato, com’era prevedibile, negli anni pandemici: da allora anche la mitologica casalinga di Voghera ha potuto costatare che «la scienza è in declino», come ha scritto la rivista Nature nel 2023.

La pandemia, insomma, ha dato la stura agli studi falsi o fuorvianti, con la complicità della stampa cosiddetta mainstream, come dimostra il caso della idrossiclorochina (Icq), montato dopo che Donald Trump aveva rivelato di aver iniziato una profilassi preventiva: appena due giorni dopo le sue dichiarazioni la rivista The Lancet la stroncava con uno studio fresco di stampa.

Dieci giorni dopo, però, Lancet pubblicava una nota di scuse e lo ritirava, nel silenzio dei media.

Il televirologo Roberto Burioni ha pescato a man bassa nella categoria, prima promuovendo l’uso delle mascherine sulla base di uno studio di Nejm non randomizzato che ne sosteneva l’utilità «per mitigare il razzismo», poi minimizzando le miocarditi post vaccino sulla base di un report del suo mentore Eric Topol poi smontato dalla comunità scientifica. L’esempio più clamoroso di falsa scienza è l’articolo «The proximal origin of Sars Covid-2» pubblicato il 17 marzo 2020 su Nature, in cui gli scienziati legati ad Antony Fauci hanno sostenuto la tesi dell’ «origine naturale» del virus.

effetti avversi da vaccino, uno studio scientificoCi sono volute diverse richieste di accesso agli atti per scoprire che in privato i Fauci boys dicevano il contrario.

La microbiologa Elisabeth Bik, esperta di integrità scientifica, ha dichiarato a nature che anche cinque anni dopo aver denunciato i falsi ai giornali, la maggior parte dei casi non è finito sotto verifica, ed è facile intuire perché: le carriere degli scienziati dipendono dalle pubblicazioni.

«Le riviste stanno iniziando a prendere precauzioni ma è tardi», ha dichiarato Bik, «è una corsa ai topi in cui i truffatori vinceranno sempre».

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