Osservatore Romano domenica 23 luglio 2006
Anche in campo liturgico l’indelebile impronta pastorale dell’indimenticato arcivescovo di Genova
di Emidio Papinutti
Allora il Cardinale aveva 67 anni: si vantava di essere «il più giovane dei vecchi». Era stato il più giovane Vescovo a 38 anni, il più giovane Cardinale a 47 anni, il più giovane «papabile» a 52 anni: mai rinunciò ad essere giovane, neppure negli ultimi anni della sua vita. Per quanto si riferisce alla musica sacra aveva idee molto chiare.
Aveva soprattutto il carisma di convincere clero e fedeli della bontà di quelle idee. In una lettera pastorale si esprimeva in questi termini: «Noi siamo ben decisi a impedire in ogni modo che gli strumenti, il ritmo, il canto delle sale da ballo entrino in chiesa… Sappiamo bene che ci sono i cattivi esempi, ma esortiamo tutti a non seguirli, a non prenderli come metro per la propria indisciplina, a sfogo della propria stravaganza».
II Santo Padre Paolo VI, a mezzo del Card. Segretario di Stato Giovanni Villot, aveva inviato al Congresso nazionale di musica sacra una lettera per salutare i congressisti ed esprimere il suo compiacimento ed incoraggiamento per l’impegno da essi posto nella difesa e promozione della musica sacra in genere e del canto liturgico in specie.
Il Papa riaffermava alcuni principi: la musica sacra deve esprimere il mistero di Cristo, bisogna preservare i fedeli dalla desacralizzazione; mentre si sta aprendo una nuova epoca per la musica sacra, bisogna conservare e valorizzare il canto gregoriano. II venerato documento del Santo Padre è stato oggetto di studio da parte dei congressisti, insieme col discorso di prolusione del Cardinale Siri.
Il tema del Congresso era specifico: La musica nella pastorale diocesana. Il Cardinale, proponendo le direttive del Santo Padre, le ha doverosamente applicate al «contesto» della pastorale: diocesana. La chiesa del Gesù di Genova, la sera del 27 settembre 1973 per l’apertura del Congresso, era affollata di cultori di musica giunti da ogni regione d’Italia.
Presenti le autorità cittadine, molti sacerdoti e tanti fedeli. Nel suo discorso di prolusione il Cardinale è stato preciso. «Il mio compito di proludere, non è quello di anticipare quanto il Congresso dirà, ma solo di mettere chiari i punti coi quali esso potrà condurre i suoi lavori».
Il primo «punto chiaro» è che la musica sacra, considerata su principi universali, si può qualificare diversamente da diocesi a diocesi. «Nessuna diocesi può agire fuori della Tradizione Cattolica, della obbedienza al Romano Pontefice, del Diritto Canonico, e, comunque, delle disposizioni ecclesiastiche di valore universale e particolare. E tutto questo costituisce senza dubbio, un contesto comune.
Così dovrebbe almeno essere. Ma ogni Diocesi ha un contesto legittimo, che non offende il suo essere «cattolico» e che è costituito da una tradizione storica, da usi antichi o moderni onestamente recepiti, da l’indirizzo dei suoi seminari, dai governi episcopali che ha avuto, da sue particolari esigenze, dal tipo stesso della sua popolazione, dalla mentalità propria che tutto questo finisce col formare».
I «chiari punti» posti dal Cardinale Siri all’inizio del Congresso di musica sacra, sono sempre di viva attualità. Passando alle applicazioni concrete, il Cardinale esponeva la necessità di rafforzare — o dove non fosse, creare — una chiara conoscenza del valore pastorale della musica sacra.
Pur ammettendo che il «sacro» può accettare espressioni di qualche diversità secondo le diverse culture, mai può essere spinto al punto di produrre effetti ben diversi dall’azione e sentimenti religiosi, istillando solo divertimento, movimento di danza, sensualità ed istinti bestiali. Bisogna inoltre convincersi che la monotonia non giova. Occorre ravvivare le composizioni, le esecuzioni di canto figurato, di canto polifonico, di canto gregoriano. Tutto questo sarà difficilmente attuabile se non si ritorna all’uso dignitoso, largo, sostenuto dell’organo.
Per mantenere, o rifare, questa coscienza basilare è necessario che in ogni diocesi ci sia un centro che insista, costruisca, propaghi e vivifichi la musica sacra: l’Ufficio diocesano, la Scuola diocesana di musica, i Pueri Cantores, le Scholae Cantorum e altro. Il centro principale di animazione diocesana della musica sacra, però, dev’essere il Seminario. «Nel Seminario la musica sacra ha tutto il suo domani».
Tre intense giornate fitte di appuntamenti: incontri di studio, concerti, celebrazioni liturgiche. La conclusione del congresso si svolse nella cattedrale di San Lorenzo con una concelebrazipne eucaristica animata dalle voci di migliala di cantori convenuti da tutta Italia. Il Cardinale Siri espresse allora la sua soddisfazione: «Sono pieno di immensa gioia per la gloria che voi oggi date al Signore in questa nostra cattedrale. A voi cantori, il nostro grazie».